Il castello di Acquaviva d’Isernia,
collocato nel centro storico del paese, domina su tutta la piazza grazie al suo
signorile loggiato. Alle spalle della struttura si scorge la facciata della
chiesa di S. Nicola di Bari risalente al XI secolo. Il palazzo ha la forma
quadrangolare molto simile a quella delle fortezze medioevali ed è sviluppato
su tre livelli.
Nel corso degli anni l' edificio è stato
sottoposto a interventi di ristrutturazione come testimoniano le finestre
sfalsate lungo la facciata nonché l' uso variopinto di tecniche e materiali
costruttivi.
Queste trasformazioni sono state utili
al fine di trasformare il castello da fortezza a palazzo signorile. La prima
metamorfosi si è avuta durante il periodo Angioino con lo scopo di adattare la
struttura a fortezza difensiva. Con l'avvento della polvere da sparo il
castello venne preparato per affrontare le guerre rinforzando non solo l'
interno ma anche l' esterno.
Sul piazzale è possibile osservare il
portale della facciata principale al quale si accede tramite una scalinata a
due rampe, caratterizzato da un arco a tutto sesto che permette di accedere ad
una scalinata che conduce al secondo piano.
Sul
lato opposto della facciata si scorge un secondo ingresso che in passato era
quello principale perché sito sul lato meno espugnabile. Attualmente il
castello è di proprietà di diverse famiglie.
BAGNOLI
DEL TRIGNO: CASTELLO LONGOBARDO
I
resti del Castello Longobardo sono collocati su un enorme masso calcareo con
pareti a picco. La fortezza San Felice in epoca normanna fu abitata dai conti
di Isernia, la struttura ha una pianta rettangolare con massicce mura
perimetrali prive di aperture. Il sito viene denominato nel catalogo dei baroni
come "bagnolum", con la riforma del 1799 il castello passò al
dipartimento del sagro e ai primi del '900 il paese contava 4800 abitanti,
scesi agli attuali mille.
BARANELLO:
CASTELLO RUFFO
Il castello fu posseduto dalla famiglia
Ruffo fino al XIX secolo. Fu costruito nel punto più alto del borgo antico
svolgendo la sua funzione di difesa e di controllo dell'intero territorio, esso
è inserito all'interno di un complesso edilizio che lo mette in comunicazione
con la torre che rappresenta la parte più alta dell'edificio. Essendo stato
sottoposto a continue modifiche a livello strutturale è difficile ripristinare
le fasi storiche, la presenza di diversi stili relativi ad epoche diverse rende
faticoso analizzare il complesso architettonico.
BOJANO:
CASTELLO NORMANNO
Il castello, le cui rovine si trovano
nel Borgo di Civita Superiore, faceva parte delle fortezze demaniali
dell'imperatore Federico II e veniva amministrato da suoi castellani di
fiducia. Secondo documenti dell'epoca è probabile che i castellani lo tennero
in affidamento fino al terremoto del 1456. Scarse sono poi le notizie di un
riutilizzo del castello dopo questo disastroso evento, anche se non sono da
escludere lavori di restauro voluti forse dal vescovo Silvio Pandone nel 1513.
Dal punto di vista architettonico il
castello presentava una pianta allungata e due recinti: uno a nord e l'altro a
sud di un corpo di fabbrica centrale nel quale era la residenza del conte o
palatium; il primo recinto o ricetto era separato dall'altro da un fossato
artificiale scavato nella roccia. Il ricetto era poi collegato al resto della
fortezza da un ponte levatoio che immetteva in un ampio corridoio delimitato da
massicce mura in cui erano praticate tre aperture che controllavano il fossato
e svolgevano un' importante funzione difensiva. Un'ulteriore cinta muraria, che
fortificava il castello, si univa alla cinta merlata che racchiudeva l'intera
cittadella; un insieme di mura quindi di cui ancora oggi si conserva la parte
occidentale, parte importante perché al proprio interno erano sorte delle
piccole abitazioni riservate ad una colonia di ebrei, giunti al seguito di
Federico II.
BUSSO:
CASTELLO DI MONTEVAIRANO
Situato
sul monte omonimo, tra Busso e Baranello, l'abitato sannitico era circondato da
mura che si estendevano per una lunghezza di circa 3 km, ottenute con blocchi
di pietra locale, con un'area interna di circa 50 ettari. Il circuito murario
include le cime più alte di Monte Vairano (m. 968 e m. 997) mantenendo una
quota abbastanza costante, senza pendii troppo ripidi. Le porte visibili sono
tre, di cui due evidenziate con gli scavi; sono del tipo cosiddetto a corridoio
obliquo, non si aprono cioè perpendicolarmente al muro ma in senso ad esso
obliquo. È possibile ipotizzare l'esistenza di un terrapieno che ricopriva
interamente la faccia interna delle mura, sul quale si presuppone la presenza
di torri di guardia; il terrapieno permetteva di camminare sopra le mura e di
difenderle. All'interno gli scavi, sia pure limitati, hanno evidenziato la
presenza di strutture abitative e l'esistenza di attività connesse con la vita
urbana. Un’abitazione è stata esplorata nella sua interezza presso la porta
meridionale, sul lato della strada che dalla porta si dirigeva verso la zona
centrale dell'abitato. Si tratta di un locale a pianta quadrata, con pavimento
in cocciopisto (un battuto di calce e frammenti di terracotta sminuzzati) e con
tracce di intonaco rosso con zoccolatura nera sulle pareti. La casa, per la
presenza di due lettere (LN) graffite sui frammenti di ceramica in essa
rinvenuti, è stata chiamata "La casa di LN". Si sono rinvenuti, anche
se allo stato frammentario, gli arredi: tazze, piatti, tegami, lucerne, pesi di
telaio, vasi per la conservazione, in uno dei quali c'erano farro e legumi.
Oltre ad altri edifici, di cui uno rettangolare molto grande (m. 8,25 x 16,50,
corrispondenti a 130 x 60 piedi oschi; il piede osco, è di cm. 0,33; il
rapporto tra i due lati è perciò esattamente 2 a 1), all'interno è stata
esplorata una cisterna a pianta circolare con muri ottenuti con frammenti di
tegole.
BONEFRO:
CASTELLO
Tra i colli Verzelli e Totaro sulla
destra del torrente Toma lungo il tratturo Celano-Foggia sorge il paese di
Bonefro. L'edificio da visitare se ci si trova in questo paese è il castello
che si erige sulla sommità del colle su cui sorge la parte antica del paese. Dal
popolo spagnolo che lo occuparono nel '500 fu definito il "bel castel
fuerte". Il castello di Bonefro risale al 1049 nel periodo in cui fu
conquistata dai normanni, la storia circa la costruzione del feudo e del
castello è stata oggetto di studio da parte di molti studiosi fino a quando è
stato stabilito che intorno al secolo XIV questi assunsero la conformazione definita
visibile ancora oggi in alcune parti dell'edificio.
Dopo circa 150 anni il castello divenne
residenza baronale, stando a quanto scritto in un documento spagnolo del 1531
il feudo di Bonefro apparteneva "de sancto vito" con annesso il
castello costituito da quattro torri angolari e nel mezzo una torre maestra. La
quinta torre si presume sia stata eretta nel periodo svevo in un luogo distante
da quello in cui sorgeva il castello, con molta probabilità questa torre aveva
funzioni diverse dalle altre inserite nella sezione della fortezza, cioè nacque
come torre di vendetta. Questa però cadde in rovina nel 1888; con il passare
dei secoli fu aggregato al nucleo urbano così che un edificio di recente
costruzione copre interamente la facciata.
Del periodo Normanno il castello riporta
solo la pianta quadrata e su ogni angolo sorge una torre cilindrica, delle
quattro, tre sono impiantate su muri a scarpa mentre una collocata a sud è
posta in un posizione tale che guarda la chiesa madre. Se si osservano le torri
si vede che esse poggiano su basi a forma di cono anche se queste
originariamente erano molto probabilmente angolari. Le pareti del castello sono
fatte da pietre tagliate e pietrisco unite tra loro con la malta; avendo subito
diversi restauri e modifiche presentano delle irregolarità. Dall'esterno è
possibile osservare una serie di finestre alternate con dei balconi mentre
l'ingresso è definito da un arco a sesto acuto in pietra sostenuto da due mensole
con colonne laterali in pietra. Dall'ingresso è visibile un cortile sul quale
si apre una scalinata che permette l'accesso al piano residenziale, sul cortile
affacciano le camere del castello. Non solo l'esterno ma anche l'interno ha
subito delle modifiche infatti perdendo la sua funzione di fortezza e residenza
signorile è stato diviso in appartamenti abitati da privati.
CAMPOBASSO:
CASTELLO MONFORTE
Colui
che nel 1458 restaurò il castello, Nicolò Monforte, diede poi il nome alla
fortezza. Osservandol'attualestruttura e stando a quanto scritto in una
pergamena del 1375, si noti come l'edificio sia molto antico ovvero di epoca
medioevale. Il castello ha una struttura molto complessa rinforzata ed ampliata
dallo stesso Monforte fino ad occupare le pendici del monte.
Collocato a circa 750 mt. s.l.m sulla cima del monte, ha una pianta rettangolare; sui due lati è presente solo la cortina muraria priva di torri angolari. Sugli altri due lati è possibile osservare delle torri angolari con basamento a scarpa e all'interno il mastio quadrato sopraelevato;
all'interno del castello vi si poteva accedere dall'ingresso posto sul lato verso la valle dotato di un ponte elevatoio; ora invece l'ingresso è stato spostato sul lato opposto; i merli invece fanno da coronamento.
Sull'ingresso dell'edificio è visibile lo stemma della famiglia Monforte che è identico sia a quello collocato su una delle porte urbiche dedicata a Sant'Antonio Abate e sia sul municipio.
Sullo stemma vi è rappresentata una cornice quadrilobota, uno scudo e quattro fiori
Collocato a circa 750 mt. s.l.m sulla cima del monte, ha una pianta rettangolare; sui due lati è presente solo la cortina muraria priva di torri angolari. Sugli altri due lati è possibile osservare delle torri angolari con basamento a scarpa e all'interno il mastio quadrato sopraelevato;
all'interno del castello vi si poteva accedere dall'ingresso posto sul lato verso la valle dotato di un ponte elevatoio; ora invece l'ingresso è stato spostato sul lato opposto; i merli invece fanno da coronamento.
Sull'ingresso dell'edificio è visibile lo stemma della famiglia Monforte che è identico sia a quello collocato su una delle porte urbiche dedicata a Sant'Antonio Abate e sia sul municipio.
Sullo stemma vi è rappresentata una cornice quadrilobota, uno scudo e quattro fiori
CANTALUPO
NEL SANNIO: CASTELLO
Di
questo castello non vi è quasi più alcuna traccia, se non gli avanzi delle
cortine perimetrali che oggi accolgono un gradevole giardino dai maestosi e
pluricentenari cedri. Sicuramente, come si riferisce nel Registrum di Pietro
Diacono e nel Chronicon cassinense, Cantalupo era già fortificato con un
castello nell’anno 1019 ed i suoi abitanti veneravano S. Andrea Apostolo nella
chiesa a lui dedicata: abitatores infra
finibus de Bulano in castello qui Cantalupo vocatur … et ecclesia S. Andreae de
Cantalupo, territorio bovianense. Anzi, forse, un insediamento consistente
doveva esserci già da qualche decennio prima se questo è il Cantalupo di cui si
parla in un documento longobardo della fine del X secolo insieme a Caccavone e
Agnone. Dai documenti normanni con l’elenco dei baroni sappiamo che nel XII
secolo Guglielmo de Pesclo teneva in feudo Pesclum
et Cantalupum per conto di
Guidone de Guasto, e quindi dobbiamo presumere che una qualche struttura
castellana dovesse essere ancora esistente. Poco si capisce dall’attuale
impianto urbano quale sia stata la motivazione del suo nascere, ma sicuramente
quel luogo ebbe una importanza strategica rilevante fin dall’epoca della
riorganizzazione territoriale romana dopo la conquista del Sannio.
CARPINONE:
CASTELLO CALDORA
Il
paese è dominato dal trecentesco castello Caldora, di pianta rettangolare con
torri cilindriche, fu costruito su un’impressionante burrone a picco sul fiume
Carpino, tanto che risulta inaccessibile da ben tre lati, e ristrutturato più volte,
tra cui nel XIII secolo e dopo il terremoto del 1456. La storia del castello è
onorata dalla permanenza in esso di Alfonso d’Aragona, il quale fu ospitato dal
capitano Antonio Caldora, proprietario del castello.
CAROVILLI:
CASTELLO
I resti del Castello di Castiglione di
Carovilli si trovano su un dosso collinare dell’alta valle del Trigno nei
pressi del vallone Pantano. Chiuso ad est della Selva di Castiglione e ad ovest
del massiccio del monte Ingotta, la visuale è aperta a sud ovest verso Carovilli
e il tratturo Castel di Sangro-Lucera.
Al vertice del colle si conservano resti
delle mura perimetrali a scarpa di un piccolo fortilizio allungato in direzione
nord-sud, direttamente impostato sul banco di roccia sottostante. All’interno,
nella prima metà del XVIII secolo viene impiantata una Chiesa, come indica la
data del 1720 riportata in un’iscrizione murata sul lato occidentale del
campanile dell’edificio religioso.
Le
strutture murarie del castello sono costituite da blocchi di calcare locale di dimensioni
variabili, messi in opera con abbondante malta in filari piuttosto regolari. I
metalli lapidei della fortificazione sono stati reimpiegati per la costruzione
del successivo edificio religioso.
CASACALENDA:
CASTELLO DI GERIONE
L’antica Gereonium era un abitato del popolo dei Frentani, a 200 stadi da
Lucera (circa 42 km), ricordato da Livio e da Polibio durante le drammatiche
vicende della guerra annibalica: il generale cartaginese riuscì a conquistarla
nel 217 a.C., trucidandone gli abitanti e adibendola al magazzinaggio per il
rifornimento delle truppe. Il sito è tuttora oggetto di discussione e
dibattito.
L’identificazione e la denominazione
risalgono agli inizi del Settecento, a seguito del rinvenimento di un sigillo
di rame con la legenda «GERON †», nei pressi del castello. Le rovine si pongono del tutto isolate e suggestive
sulla cima di una collina a 616 m di quota, a lato della valle del Cigno,
confluente nel Biferno, a metà strada in linea d’aria tra Casacalenda e
Montorio. Si tratta di un piccolo
insediamento fortificato di aspetto medievale, menzionato da più documenti
storici, compresi tra il 1172, quando viene citato per la prima volta, e il
1450, quando viene segnalato come deserto. Gli abitanti dei paesi limitrofi
(Casacalenda, Morrone, Bonefro, Provvidenti, Montorio) riconoscono la loro
origine dalla distruzione di questo castello, dovuta a un terremoto, e dalla
diaspora dei suoi abitanti: Gerione si configura pertanto come un mito in
questa regione.
L’interesse
per il sito è stato rivitalizzato da M.T. Occhionero di Montorio, con la
pubblicazione di un approfondito volumetto, Parco del Paesaggio Storico e
Naturale “Castello di Gerione”, edito dal Comune di Casacalenda nel 2002. Il
Comune acquisì allora l’area, proiettandovi il programma di un futuro parco
archeologico e naturalistico, e in questo contesto opera il Dipartimento di
Archeologia dell’Università di Bologna, conducendo campagne di ricerca che si
svolgono regolarmente dal 2003 grazie al sostegno dello stesso Comune e, in particolare,
della Comunità Montana “Cigno – Valle del Biferno”. L’esplorazione
dell’insediamento è partita dalle fasi più recenti, quelle medievali, per poi
man mano approfondirsi nelle stratificazioni più antiche.
CASTELPETROSO:
CASTELLO
Il centro storico di Castelpetroso è un
chiaro esempio di borgo medioevale composto dal castello, dalla Chiesa
parrocchiale e dalle piazze che si snodano al suo interno. Un tempo per
accedere al borgo si oltrepassavano tre porte: la porta del Parco, la porta
Pipistrello e la porta Macchietelle.
Il castello veniva utilizzato come punto
di osservazione militare dai Sanniti proprio per la sua posizione strategica;
infatti si trova su una vera fortezza naturale. Dalla forma quadrata il
castello si direbbe di origine normanna anche se fu edificato dai longobardi
tra la fine del X secolo e gli inizi dell'XI. Oggi è possibile osservare solo
alcuni degli elementi della fortezza ancora intatti come ad esempio l'antica
forma quadrata, il mastio e al piano terra ci sono ancora due stanzoni che non
hanno subito alterazioni nel corso del tempo.
CASTELPIZZUTO:
CASTELLO BARONALE
Il paese ha il primato di comune più piccolo
della provincia d'Isernia. Nell'antichità il borgo era denominato "rocca
di pizzuto" ed era collocato nel mezzo delle montagne. Questo elemento ha portato
sia a conseguenze positive che negative infatti per le prime si è assistito ad
una conservazione del borgo medioevale con tutte le sue caratteristiche, mentre
per il secondo si è avuto un fenomeno di esodo verso il capoluogo.
L’antica denominazione del borgo risale
al periodo in cui il territorio era sotto il comando degli angioini, più
precisamente quando Carlo Primo D'Angiò concesse il feudo al signore di
Monteroduni, Tommaso D'Evoli.
Prima della riunificazione sotto Alferio
d'Isernia, il feudo fu diviso fra tre proprietari. Quest’ultima durò fino al
1400 quando passò a Giacomo Gaetani. In seguito il possedimento passò nelle
mani della famiglia Pandone e poi alla famiglia D’Agostino. Un membro di
quest’ultima famiglia, vendette il feudo, nel 1575 compreso anche il castello,
ai conti Terzi.
Fino al 1700 il feudo ebbe diversi
proprietari, l’ultimo dei quali fu il conte Pasquale Terzi , il cui nucleo
familiare oggigiorno risiede a Napoli. La collocazione degli elementi del
castello fa pensare che si trattasse di una fortezza militare medioevale;
infatti nell’edificio e’ presente una torre angolare la cui sagoma è cilindrica
nel periodo rinascimentale fu trasformata in abitazione residenziale.
Dall’edificio frontalmente e’ possibile osservare la chiesa del paese che si
estende sulla piazza. La facciata originale non esiste più, infatti ha subito
delle trasformazioni e sono state anche create delle nuove aperture. Il
cambiamento è presente ovunque: al primo piano si apre il portone principale in
pietra con un arco a tutto sesto; nella parte destra vi e’ un portone di
dimensione più piccole che oggi rappresenta l’ingresso ad un’altra abitazione;
al secondo piano, invece, sono visibili tre finestre che non hanno valore artistico.
Il
palazzo oggi non è visitabile perché è un’abitazione privata. Purtroppo il
paese è quasi disabitato e l’unica strada percorribile e’ quella che collega il
paese a Sant’Agapito. Una forma di modernizzazione e’ data dalla presenza di
uno stabilimento che si occupa dell’imbottigliamento dell’acqua minerale,
realizzato grazie ai fondi della comunità dei pizzutesi residente in Canada.
CASTROPIGNANO:
CASTELLO D’EVOLI
Castropignano dovrebbe corrispondere per
la sua ubicazione strategica all’antica “palombinum” che nel lingua sannitica
significa fortezza. L’edificio fu costruito durante la dominazione longobarda
invece nell’XI secolo fu fortificato e trasformato dai normanni.
Dal 1345 fino alla fine del XIX secolo la
famiglia d’Evoli si impadronì di tutto il territorio di Castropignano compreso
il castello e lo mantennero fino alla fine del XIX secolo cioè fino alla fine
della feudalità. Furono proprio loro a progettare i primi lavori di
trasformazione nel 1362 su proposta di Giovanni d’Evoli che riedificò il
castello sulle strutture già esistenti. Successore di Giovanni fu Andrea che
nel 1396 perse il feudo poiché considerato un ribelle dalle autorità di quel
tempo, grazie ad Antonio d’Evoli la famiglia riuscì ad avere di nuovo la
proprietà del castello.
Il personaggio senza dubbio più noto è Vincenzo
d’Evoli a cui si deve la costruzione della Chiesa di Santa Maria delle Grazie
ubicata a Castropignano.
L’ultimo intervento risale al 1683 ad
opera del duca Domenico d'Evoli, ultimo erede della famiglia, verso la fine del
XIX secolo la famiglia si estinse e il castello fu lasciato incustodito. Sul
portone dell’edificio è ancora presente lo stemma della famiglia d’Evoli, circa
la disposizione degli elementi dell’edificio stesso, sappiamo che oggi non gode
dello stesso prestigio di un tempo al contrario a causa dei numerosi interventi
è stata trasformata la struttura originaria.
Il castello è a pianta quadrangolare ed
era caratterizzato oltre che da un cortile interno anche da numerose stanze che
erano a disposizione per riporre gli alimenti oppure erano delle stalle per il
bestame sulle quali si affacciavano degli appartamenti.
Stando ai documenti rinvenuti, un tempo
il castello era dotato di una bellissima scalinata a due rampe corredata di una
balaustra con colonnine in pietra. Il castello d’Evoli un tempo era anche
delimitato da un fossato molto profondo, all’interno del quale vi furono
costruite mura di cinta e due torrioni, dei quali uno serviva a difendere
l’ingresso principale mentre l’altro era collocato nella zona dello strapiombo
precisamente nella parte posteriore. In epoca attuale, del castello é rimasta
solo l’imponente struttura esteriore ed di proprietà del comune di
Castropignano.
Tra le numerose leggende legate al
castello, la più nota é quella che assegnava alla fortezza 365 stanza da letto:
in questo modo ogni notte i proprietari dormivano in una stanza differente.
Un altro aneddoto fa riferimento alla
storia di una pastorella di nome Fata, che per fuggire alle avance del duca
d’Evoli prese la decisione di gettarsi dal dirupo. La cosa misteriosa è che il
corpo di Fata non fu mai recuperato.
CERCEMAGGIORE:
CASTELLO
La fortezza è ubicata nella parte più
alta del paese, nelle vicinanze della vetta della collina di Santa Maria a
Monte. Questo castello baronale con molta probabilità risale al periodo in cui
il territorio era controllato dalla popolazione normanna ossia tra il XI-XII
secolo.
A questo periodo risalgono anche molte
altre strutture fortificate in particolare situate nei centri abitati del Molise.
Il primo documento all’interno del quale
viene citato il castello di Cercemaggiore è un atto amministrativo del 1309
appartenente alla famiglia Ferriero, vale a dire dei feudatari del castello. Grazie
al ritrovamento di una lapide datata del 1332 è stato possibile venire al conoscenza
del fatto che in quell’anno la fortezza fu sottoposta a delle fasi di restauro.
Due furono i motivi per il quale fu
costruito il castello: il primo era per rifugiarsi nel caso di attacchi dei
saraceni e in secondo per proteggere la strada che portava a sepinium.
Il castello non fu solo utilizzata per
usi abitativi ma anche come sede per consentire lo svolgimento delle attività
amministrative del feudo. Alcune delle stanze del feudo furono adibite dagli ufficiali
della polizia a celle. Con il tempo però la fortezza cadde in rovina a causa
dei numerosi passaggi di proprietà: la soluzione giunse con l’intervento di
Padre Antonio Rocco che iniziò i lavori di ristrutturazione dell’interna
struttura che terminarono nel 1954.
Il castello esternamente si presenta
composto da un’ala collocata a nord-ovest e un prolungamento sistemato ad est
che include le sale baronali e dei fabbricati secondari. Le prime sono ubicate
al primo piano e conservano tuttora il caminetto, il baldacchino con quattro
colonne in pietra e capitelli dalla copertura dorata, al secondo piano mentre
vi erano le stanze destinate all’alloggio del personale di servizio. Nonostante
le numerose trasformazioni il castello mantiene la propria forma irregolare
comprese le mura al pianterreno, una torre tonda posta sull’angolo nord-ovest e
sul lato orientale parte della cinta muraria.
Il cambiamento in palazzo signorile, ha
comportato delle modifiche riscontrabili particolarmente nella facciata che si
presenta composta da finestre che si susseguono con regolarità. Dell’impianto
medioevale si conserva ancora il cortile interno ornato da un’ampia scala, la
struttura è composta da un pianterreno e due piani superiori.
Per
quanto riguardo il pianterreno possiamo
dire che esso è costituito da alcuni ambienti che presentano delle coperture
con volte a botte in pietra, ed era adoperato come scuderia e deposito. Circa
la scuderia al momento sappiamo che è stata trasformata in salone e conserva
ancora la mangiatoia. Alla fortezza vi si accede dalla parte destra per mezzo
di un portale molto ampio che conserva ancora lo stemma dei Doria sul quale vi
è raffigurata un’aquila stilizzata. Al ponte lavatoio è possibile arrivare
attraversando il cortile, grazie al ritrovamento di un documento è stato
possibile ricostruire la storia medioevale del castello infatti in questo
attestato vi erano elencati tutti i feudatari proprietari nel periodo normanno.
La famiglia Carafa nel corso degli anni non ebbe più le forze per gestire e
governare i loro feudi: il castello di Cercemaggiore fu donato da Carlo V
d’Asburgo al generale Gonzaga precisamente nel 1532, solo nel 1566 i Carafa
riuscirono a riconquistare questo feudo. Dai lavori di restauro sono venute
alla luce all’interno della torre delle ossa relative a persone di età diverse
che con molta probabilità furono vittime della polizia feudale. Attualmente
sappiamo che il castello è stato riportato alla luce e inoltre è stato
edificato un istituto per orfani dedicato alla “mater ophanorum” proprio all’interno del feudo mentre una parte del
castello è stata comprata da privati.
CERRO
AL VOLTURNO: CASTELLO PANDONE
Il Castello di Cerro al Volturno è situato sulla sommità di uno
sperone di roccia, molto particolare, le cui mura sembrano ora emergere o
affondare nella stessa roccia. Il complesso si trova non molto distante dalla
più conosciuta Abbazia di San Vincenzo al Volturno, lo ricordiamo, distrutta
dai saraceni nell'881 e poi ricostruita dai monaci benedettini circa quaranta anni
dopo, quando tornarono anche a ripopolare il circondario. Le prime origini del
castello risalgono alla fine del X secolo, durante la dominazione dei
longobardi, ma l'assetto attuale è il frutto della volontà della famiglia
Pandone, che attorno al Quattrocento ampliarono in maniera considerevole tutto
il complesso.
Alcune modifiche furono apportate per meglio difendere il castello, come ad esempio la costruzione postuma delle bombardiere cosiddette alla francese, costituite da aperture di forma rettangolare che attraversano lo spessore delle mura nelle torri, sulle quali venivano posizionati i cannoni.
L'interno invece è stato più volte riadattato dai vari proprietari che si sono succeduti nel corso dei secoli, tanto da rendere ancor oggi difficile una ricostruzione seppur immaginaria e parziale di questi spazi; molto suggestiva è la stradina, fatta a gradini, che collega il castello con la parte antica del paese.
Alcune modifiche furono apportate per meglio difendere il castello, come ad esempio la costruzione postuma delle bombardiere cosiddette alla francese, costituite da aperture di forma rettangolare che attraversano lo spessore delle mura nelle torri, sulle quali venivano posizionati i cannoni.
L'interno invece è stato più volte riadattato dai vari proprietari che si sono succeduti nel corso dei secoli, tanto da rendere ancor oggi difficile una ricostruzione seppur immaginaria e parziale di questi spazi; molto suggestiva è la stradina, fatta a gradini, che collega il castello con la parte antica del paese.
Ricordiamo infine, che agli inizi del
1700 il complesso feudale divenne proprietà della famiglia Carafa, mentre, gli
ultimi proprietari del castello sono la famiglia Lombardi, i quali lo
acquisirono nel secondo decennio del 1800.
CIVITACAMPOMARANO:
CASTELLO ANGIOINO
Edificato su una
massa di arenaria che si erge prorompente tra i torrenti Mordale e Vallone
Grande, il castello di Civitacampomarano rappresenta un pregevole monumento dal
grande valore storico. Probabilmente il castello fu costruito intorno al XIV
secolo d.c., sotto la dominazione angioina (Carlo d'Angiò), anche se le
caratteristiche architettoniche rimandano a una sua costruzione databile alla
seconda metà del XIII secolo. E' a pianta quadrangolare, sul lato occidentale
vi sono due torri angolari di forma cilindrica, sulla facciata principale c’è
lo stemma della famiglia dei di Sangro.
CIVITANOVA
DEL SANNIO: CASTELLO
Il castrum
di Sprondasino compare in un documento del 1077, nella seconda metà del XII
secolo un certo Matteo tiene il feudo di Sprondasino. Nel 1270 Carlo I d’Angiò
concede Sprondasino a Guglielmo di Raifoso di Avignone e, nel 1272, a Guglielmo
di Savors. Nel 1415 Sprondasino è feudo è feudo di Antonio d’Evoli, signore di
Castropignano. Tra il XVI e XVII il castrum
di Sprondasino viene abbandonato.
I resti sorgono sulla sommità di un
piccolo dosso collinare alla confluenza del Trigno con il Verrino. La
localizzazione del sito ha carattere essenzialmente strategico, in collegamento
visivo con Bagnoli del Trigno e Pietrabbondante. Si tratta di una
fortificazione a pianta trapezoidale completamente obliterata dalla
vegetazione. Si conservano i lati settentrionale e orientale per un’altezza di
circa 4 metri, così come l’apparato delle feritoie.
Nell’interno del castrum si distinguono diversi ambienti interrati. A mezza costa
del colle rimangono anche i resti di un muro per circa 15 metri di altezza e
circa 4 di lunghezza, ben visibile dalla statale fondo valle del fiume Trigno.
Allo stato attuale delle indagini è possibile affermare che il grosso muro di
mezza costa sia ciò che resta di una torre in difesa del castello ubicato al
vertice.
Alle pendici del colle, sul versante
meridionale, corrono il tratturo Celano-Foggia e due bracci tratturali, Castel
del Giudice-Sprondasino e Pescolanciano-Sprondasino.
COLLE
D’ANCHISE: CASTELLO
Al vertice del borgo attuale, restano le
mura a scarpa del castello che copriva un’area trapezioidale. Il lato
settentrionale e occidentale delle mura dell’edificio si conservano per circa 5
metri in alzato, il lato orientale è solo parzialmente riconoscibile nella
fitta vegetazione boschiva che ricopre ciò che resta dell’intero edificio,
mentre il lato meridionale è stato obliterato dalle abitazioni moderne.
Inglobata nel lato occidentale invece, a circa metà della sua larghezza, è una
torre semicircolare fortemente rastremata verso l’alto; la torre appare
caratterizzata da una cortina di piccoli e medi blocchi calcarei posti in opera
accuratamente. Il muro settentrionale, essendo in parte in fase di crollo,
permette di leggere la tecnica edilizia: blocchetti ben lavorati di dimensioni
variabili posti in filari piuttosto regolari foderano il nucleo cementizio,
realizzato con frammenti e scarti lapidei di piccole e medie dimensioni legati
con abbondante malta chiara.
DURONIA:
CASTELLO
La fortificazione di Duronia, che si
trova sulla sommità di Civita a quota 925 s.l.m., presenta mura di circa 2 m.
di spessore, con una cortina esterna di grossi blocchi di forma poligonale poco
lavorati e una interna di blocchi più piccoli. Le mura, conservate per lunghi
tratti nella parte occidentale, si vanno a collegare a tratti fortificati
naturalmente da dirupi rocciosi o da pendii molto ripidi. Il perimetro è poco
meno di 1 Km, con una superficie interna di 70.000 mq. È possibile scorgere,
lungo il percorso, la presenza di una piccola porta che si apre frontalmente,
larga circa 1 m. L'altura fortificata domina la valle del fiume Trigno e più da
vicino quella del torrente Fiumarello, suo affluente, ai piedi settentrionali
dell'altura corre il tratturo Castel di Sangro-Lucera.
FERRAZZANO:
CASTELLO CARAFA
Sul lato sud-occidentale del paese è ubicato
il castello Carafa, da questa area si aveva un controllo su tutto il
territorio. Il castello si trova su di una piazza che collega tre strade
principali che dirigono al borgo antico, il castello è stato testimone di
vicissitudini personali e private che hanno nutrito leggende e racconti serbati
con cura nella memoria popolare. Il castello fu edificato su una precedente
fortezza, distrutta dal terremoto del 1456, alcuni resti di elementi architettonici
del muro sono stati esaminati e si è ipotizzato che sulla stessa zona sorgesse
una residenza feudale del periodo normanno, costruita nell’anno Mille.
Non essendoci documenti anteriori al
1400, non si hanno nemmeno notizie sul castello medioevale.
Le fonti datano la nascita del castello
tra il 1494 e il 1505. Queste due date segnano il passaggio da fortezza medioevale
a residenza signorile, la trasformazione fu opera di Gerolamo Carafa, il cui
nome è inciso anche su una lapide collocata all’ingresso del castello. Scipione
De Curtis nel 1619 si impegnò per realizzare delle opere di potenziamento dei
torrioni nonché finanziò le ristrutturazioni successive alle rivolte popolari
del 1646 e del 1713. La struttura attuale del castello è il risultato dei
lavori eseguiti dopo il terremoto del 1805, tra le trasformazioni apportate al
castello ricordiamo quella relativa al ponte levatoio. La piazza sulla quale è
ubicato il castello, nel periodo medioevale ricopriva il ruolo di snodo per gli
scambi commerciali, per le riunioni ed ogni altra attività specifica del luogo.
Il castello è a pianta poligonale
irregolare e le sue mura sono state erette per essere coordinate alle peculiarità
morfologiche del territorio, il portale d’ingresso presenta un balconcino ai
cui lati si trovano due finestre di disuguali dimensioni.
Su due lati il castello ha due torrioni
di forma circolare di diversa grandezza in riferimento all’architettura
medioevale militare. In entrambi ci sono delle finestre e uno solo ha ancora la
porta per accedervi, sul lato sud-ovest sono presenti anche due piccole torri
squadrate, il castello all’esterno si presenta ancora come fortezza medioevale
mentre all’interno ha le fattezze di una residenza signorile. Il cortile
rappresentava un luogo di raccordo per le stanze del piano terra, destinate a
magazzini e scuderie e conteneva la vasca per la raccolta delle acque, il
pianoterra era adibito ai servizi mentre il piano superiore era riservato al
Signore del palazzo. Il castello oggi è nelle mani dei privati, con un decreto
del ministero dei beni culturali ed ambientali del 21 marzo del 1981 il
castello Carafa è stato dichiarato di interesse particolarmente rilevante ai
sensi della legge 1089 dell1/06/1939.
FORLI’
DEL SANNIO: CASTELLO
Nella seconda metà del XII secolo Forolum è feudo dei fratelli Oderisio e
Trasmondo, il castrum Forunli è
menzionato tra le terre cedute da Lucio III al Vescovo di Isernia Rainaldo e
comprese tra il fiume volturno e il fiume Sesto e la terra di San Vincenzo.
Dalla metà del XIV secolo il feudo appartiene a varie famiglie feudali, quali i
Carafa, i Pandone, i Muscetta.
Il castello doveva sorgere sulla vetta
del colle, dove un’area libera è definita da Via del Castello a nord e ad ovest
e da Via Chiaia a sud. Ne resta il muro di contenimento, ristrutturato ed
ampliato in epoche recenti. Il borgo, originariamente cinto da mura e di forma
circolare, si estende sulla pendice settentrionale del colle.
FORNELLI:
CASTELLO VECCHIO
Il nuovo paese è diviso dal borgo
medioevale da spesse mura proprie del castello composto da centri abitativi
eretti nelle zone limitrofe al palazzo Marchesale. Nel 1943 il castello fu
incendiato dalle armate tedesche ed ha causato la perdita di molti documenti.
La porta di accesso al castello era raggiungibile
per mezzo di un ponte levatoio al di sotto del quale si trovava un fossato che
serviva per tutelare il castello dagli attacchi dei nemici.
La cinta muraria si presenta più
articolata, dotata di torri con la funzione di vendetta con forma cilindrica e
la base a scarpa. Il castello di Fornelli non presenta le medesime caratteristiche
del maniero medioevale; è un semplice borgo medioevale composto case e Chiese
delimitate dalle mura di cinta. All’interno di queste mura vi sono anche le
sette torri risalenti al periodo normanno, due delle sei torri sono congiunte
al palazzo marchesale ed altre connesse alle abitazioni invece nel torrione
principale si apre la porta di ingresso al borgo. Il palazzo marchesale è
importante perché rappresenta il nucleo intorno al quale si è sviluppata la
fortezza, il palazzo è composta da una molteplicità di edificio, esso si
sviluppa su due livelli: un pianterreno adibito a fornaci e il piano superiore
riservato alla nobiltà.
Una parte di esso risulta più alta
perché segue le linee della collina su cui è ubicata e quindi in quel
determinato punto è più alta.
Esternamente vi è un’altra ala che fu
utilizzata per molto tempo come ufficio del Comune nonché è denominata “alcova
di Carlo III” per ricordare che qui vi dimorò Carlo III di Borbone nel 1744.
FOSSALTO:
CASTELLO CASA BAGNOLI
Casa Bagnoli fu edificata nel 1809, come
testimonia la data incisa su una lapide. L’edificio però sembra costruito su
una struttura molta antica. Questo è confermato dal fatto che il magazzino
della legna è composto da una serie di ambienti con archi a volte: la zona più
vicina alle fondamenta è più antica con elementi di chiaro stampo medioevale.
Durante il periodo del colera il
Cavalier Bagnoli che era sindaco del paese, accolse nella sua casa molti medici
al fine di trovare una cura alla malattia e aiutare la popolazione ad
affrontare il periodo di crisi. A questi medici fu concessa, nel 1893 la cittadinanza
onoraria di Fossalto, per accedere in casa Bagnoli si attraversava un giardino,
dopo aver oltrepassato la porta di ingresso, sulla sinistra si trovava il
ripostiglio che fu successivamente trasformato in discoteca da un giovane della
famiglia.
La ristrutturazione del pianoterra ha
cancellato quanto rimaneva di antico, sono rimaste intatte solo le volte a
botte, un mobile del fine ‘800, boccali e candelieri rustici e un letto
intarsiato in madreperla. Il pavimento del secondo piano è in stile liberty con
piastrelle dipinte, mentre lo studio presenta ancora degli oggetti preziosi. Due
delle camere da letto affacciano sul giardino ed hanno le pareti del soffitto
interamente affrescate, la camera da letto appartenente al Cavalier Bagnoli, ha
un letto in ferro battuto ed ottone con lenzuola lavorate con la tecnica del
tombolo molisano. Sul soffitto vi è un affresco che rappresenta una luna
attorniata da stelle e sullo sfondo un panorama immaginario. Anche la seconda
stanza ha le pareti dipinte ma questa volta il tema é il paesaggio del periodo
invernale, nella casa sono inoltre conservate due lettere scritte da Garibaldi,
donate ai Bagnoli da un loro amico giornalista.
GAMBATESA:
CASTELLO
La fortezza è collocata sull'altura del
colle Serrone, ai lati del centro storico e domina l’intera valle del torrente
Tappino. Sullo sperone roccioso si erge la parte settentrionale del castello
con le due torri angolari a base quadrata e la cinta muraria con un basamento a
scarpa. La facciata è l’esito di lunghi lavori di rifacimento, tali da
trasformarla da fortezza a palazzo residenziale, la facciata fu
strutturata con un loggiato in pietra. Su questo lato ci sono due portoni di
ingresso: uno che conduce al piano terra seguito da un corridoio mentre l’altro
preceduto da una scalinata ci permette di accedere al piano riservato alla
nobiltà. Il portale é in pietra e si presume sia stato realizzato intorno al
XVIII secolo. Il primo piano è completamente decorato da un ciclo di affreschi
del 1550, opera di Donato Decubertino (italianizzato in Donato da Copertino,
proponendo di riconoscervi un riferimento ai suoi natali pugliesi) su
commissione del feudatario Vincenzo I di Capua, duca di Termoli e conte di
Gambatesa, con l’intenzione di voler celebrare la propria casata. Nella sala
principale gli affreschi raffigurano le allegorie delle virtù del buon governatore
quali la prudenza, la fortezza, la carità, la pace, la fede e la giustizia.
Nelle due stanze laterali, invece, ci sono gli stemmi nobiliari, alcune pareti
recano anche i dipinti di alcune vedute romane, con edifici romani di
notevole importanza architettonica come il Foro Romano, il Colosseo e la Chiesa
di San Pietro in Vaticano, la porta lignea che conduce nel salone è del
cinquecento.
LIMOSANO:
CASTELLO
Anche Limosano aveva un castello che
sicuramente esisteva in epoca normanna, ma che molto probabilmente ripeteva una
fondazione longobarda riferibile all’epoca in cui il nucleo ancora si chiamava Musanum. Un edificio fortificato che
corrisponde all’attuale palazzo baronale il cui impianto quadrangolare, come
nota Luigi Marino, aderisce nei caratteri generali ai modelli di residenza
fortificata che sovente si è innestata, in tarda epoca, su preesistenti
impianti fortificati.
LUCITO:
CASTELLO
Il castello, costruito nel punto più
elevato dell’abitato, ha perduto nei secoli l’aspetto di fortezza medioevale
per assumere quello di palazzo residenziale, a pianta irregolare, oggi
malamente conservato. E’ ancora ben visibile sul lato occidentale, la massiccia
muratura a scarpa dell’edificio, al di sopra della quale si alzano tre livelli
abitativi. Lungo questo lato un edificio centrale più alto si distingue dalle
due ali laterali, aggiunte probabilmente in tempi successivi.
LUPARA:
CASTELLO NORMANNO
Il castello domina la parte alta
dell’abitato di Lupara, formatosi secondo un impianto urbanistico spontaneo
definito ad avvolgimento, poiché segue le curve di livello della collina. La
struttura fortificata si articola attraverso muratura scarpata, cantonali
rinforzati e bertesca angolare.
Un portale a tutto sesto immette in un
piccolo giardino pensile dal quale si accede agli ambienti più antichi della
fortificazione, attualmente in rovina e privi di copertura.
I resti del castello si legano al
complesso religioso adiacente e, particolarmente, alla torre campanaria.
La struttura castellana è stata molto
trasformata attraverso le stratificazioni succedutesi nei secoli. In parte
riutilizzate ad abitazioni, le stanze del castello sono ancora riconoscibili
dalla muratura esterna, apparentemente povera, ma curata negli elementi
caratterizzanti l’architettura. Tra le differenti tecniche costruttive, prevale
la muratura costituita da forme diversificate di materiale lapideo,
apparecchiate su ordinati filari paralleli, interrotti da numerose buche
pontaie.
LONGANO:
CASTELLO
Il castello di Longano attualmente si
trova in uno stato di rovina, ubicato sulla sommità di una roccia, da alcune
fonti é stato possibile apprendere che Longano esisteva già nel X secolo ed era
appartenete alla contea di Bojano.
Il castello si ipotizza che facesse
parte del sistema di “castrum” realizzato in epoca longobarda, nel XIII secolo il castello acquisì le
caratteristiche tipiche dell’architettura militare angioina.
La fortezza é collocata nella parte più
alta del borgo medioevale, della sua originaria struttura difensiva ne
rimangono alcuni ruderi resta visibile tra le due torri cilindriche la base del
muro a scarpa. La parte più importante è quella relativa alla scoperta dei
sottorranei, anche se non é possibile accedervi dato che la vegetazione ha
chiuso l’entrata, al di sotto del castello si sviluppa il borgo caratterizzato
da stradine e case, accostate l’una all’altra, che originariamente rappresentavano
le “residenze” nonché le botteghe della gente che concedeva servizio ai
feudatari.
E’ presente una strada maggiore che
permette di raggiungere il castello lungo la quale si incontrano le parrocchia,
lungo questa strada le case sono ormai in un pessimo stato.
MACCHIAGODENA:
CASTELLO ANGIOINO
La fortezza è ubicata su un blocco
roccioso di natura calcarea all’apice del colle così da non essere assoggettato
ad attacchi esterni. La fortezza nel periodo longobardo aveva la funzione di
controllo dei confini tra la contea di Isernia e quella di Bojano nonché del
tratturo Pescasseroli-Candela.
A seguito degli eventi sismici, il
castello ha subito ingenti danni per cui è stato sottoposto a continui lavori
di ristrutturazione. Attualmente il blocco centrale si presenta irregolare ed è
caratterizzato da torrioni circolari che danno ancora l'idea della fortezza. Alcune
fonti attestano che proprio intorno al IX-X secolo al fine di controllare la
piana di Bojano venne edificata una fortezza nei pressi dei valichi di
Castelpetroso e Indiprete intorno alla quale si stava dando origine al primo
centro abitativo. Dopo il terremoto del 1805, il castello fu migliorato con l’aggiunta
di due torri snelle, esposte a sud nonché un grosse torrione volto a nord.
I due lati del castello collocati a
strapiombo sulla roccia sono inaccessibili, in passato il castello era protetto
anche dai merli, da un ponte levatoio e da un passaggio segreto; ora invece è
una residenza fortificata, confermata anche dalla presenza di due serie di
balconi, internamente vi sono ancora elementi architettonici del periodo
rinascimentale e delle epoche successive.
Vi sono ampi saloni coperti con volte a
botte affrescate, è presente una pinacoteca con lavori di Marcello Scarano ed
una biblioteca nella quale sono custoditi dei testi risalenti al ‘500 ed è
possibile consultare opere al completo di Giustiniano nonché la “Divina
Commedia” commentata dal Vellutello. Il castello dato il suo valore
storico-architettonica, è tutelata ai sensi della legge 1/6/1939 n°1089.
MACCHIA
D’ISERNIA: CASTELLO
Il Castello di Macchia d'Isernia sorge
proprio nel cuore dell'antico borgo medievale, con il suo visibile loggiato che
affaccia sulla piazza principale del piccolo centro.
Anche tale castello, come la maggior
parte di quelli molisani, costituiva una vera e propria fortezza del periodo
normanno, sorta per difendere il territorio.
Il presidio medievale passò nelle mani
di diverse famiglie, dai Normanni agli Angiò, dai d'Afflitto ai baroni Rotondi.
Data importante però è il 1480, anno in cui il complesso fu completato fino ad
assumere l'aspetto attuale.
Il castello presenta le tipiche pareti
massicce delle fortezze medievali, anche se nel tempo ha perso il suo ruolo
principale per trasformarsi gradualmente in una dimora residenziale.
Come già ricordato, il prospetto
dell'edificio che domina la piazza è stato abbellito dalla loggia con archi a
tutto sesto, in tutto sette arcate. La prima di queste fu ornata in periodo
aragonese da una piccola loggia la cui copertura poggia rispettivamente su
cinque piccoli archi.
All'ingresso principale si giunge
attraverso un imponente portale che conserva i sostegni in legno sui quali in
passato si reggeva il meccanismo del ponte levatoio.
Molto apprezzato è il cortile interno,
di forma trapezoidale e lastricato con pietra di fiume, dal quale si accede
agli ambienti del primo piano, con uno scalone rinascimentale che immette al
piano nobile, riservato alla baronessa. Lo scalone presenta, nella copertura,
il decoro della romanella, un tipico elemento architettonico composta a
scacchiera.
Da visitare, infine, la cappella
patronale, nella quale vengono ancora conservate reliquie di santi e documenti
di notevole valore storico.
Alle spalle del castello si trova la
Chiesa di San Nicola di Bari, dell'XI secolo. La chiesa conserva un bel portale
di origine settecentesca, il campanile in pietra e una torre con feritoie, l'esterno
è in pietra a vista con cantonali in pietra scalpellata.
MIRANDA:
CASTELLO
Miranda sorge nella sella tra i due
picchi montuosi: La Fratta ad ovest e Guardia ad est, in posizione di vedetta
sulla valle dei fiumi Rava e Sordo, che scendevano verso Isernia. Del
preesistente castello non rimane traccia, poiché i recenti restauri ne hanno
stravolto l’impianto originario. Il borgo murato di tipo allungato reca i
significativi toponimi di Portanova a su-ovest e Portella a nord-est.
MOLISE:
CASTELLO
Le origini del castello
non sono esatte, si pensa che la sua costruzione sia avvenuta in epoca
longobarda per volere del bulgaro Altzeco. Probabilmente l'edificio originario
aveva una forma pentagonale e vi si accedeva
tramite la Porta Grande, collocata sul lato est e, sul lato opposto,
attraverso la cosiddetta Porta Piccola. Attualmente si accede solo attraverso
un unico portale in pietra, che conduce al cortile, alla destra del passaggio
c'è l'ingresso ad alcune stanze coperte. Dopo aver oltrepassato l'ingresso,
troverete una scala che conduce ad una terrazza. Esternamente sono ancora
visibili alcuni resti del muro di cinta e i resti di due torri angolari, il
castello è stato restaurato tra il 1982 e il 1983 ed i lavori hanno interessato
non solo il consolidamento della cinta muraria ma l'intero aspetto della
fortezza che oggi è di proprietà dello Stato.
MONTAGANO:
CASTELLO RURALE COLLEROTONDO
Quasi a cinque
chilometri da Montagano, in aperta campagna e su una collina, è il castello
romanico-normanno fatto, forse, edificare da Roberto Avalerio, signore di
Matrice e di Collerotondo, secondo quanto risulta dal Catalogo dei Baroni del
Regno di Napoli.Fino al '500, il castello rappresentava il cuore di cui un
feudo appartenente ai Signori di Montagano e abitato da Slavi che ebbero le
case distrutte dalle popolazioni vicine. L'edificio si erge su una roccia la
quale strapiomba da un'altezza di una trentina di metri per tre lati, cioè a
mezzogiorno, a ponente e a settentrione. Al lato di levante, che pianeggia
dolcemente, si eleva la porta d'ingresso che si apriva sulla facciata del
Castello e guardava il bosco del Barone, il quale faceva parte del feudo di
Collerotondo. Davanti alla facciata ed alla porta c'era il fossato su cui si
stendeva il ponte levatoio. Il castello, oggi, è stato riadattato in complesso
rurale. La struttura, che consta di due piani, s'innalza circa metri quindici
di altezza nei tre lati che poggiano sulla roccia e circa metri dodici sul
quarto lato. Originariamente fortificazione è attualmente adibito a casa
rurale.
MONTEFALCONE
NEL SANNIO: CASTELLO
I documenti
rinvenuti non forniscono notizie circa la data di edificazione della struttura
né i suoi committenti, a seguito di un’analisi del palazzo, è stato possibile
supporre che sia stato edificato intorno ai secoli XII-XIII.
Resta difficile
stabilire con precisione quali furono i committenti della struttura, dato che
le notizie che ci sono giunte sul paese in età feudale hanno inizio dalla
dominazione normanna. Il castello è ubicato sulla cima del centro storico del
paese, nel mezzo delle abitazioni, la facciata presenta il portale sormontato
da una lavorazione in ferro battuto a raggiera nonché dei pesanti stipiti. La
parte superiore della facciata accoglie una serie di finestre che conducono ad
un ballatoio, delle quali una presenta uno stemma appartenente ad una delle
tante famiglie che successero nella proprietà del palazzo. Dopo aver
oltrepassato il portale, una galleria con copertura a botte dirige in un atrio,
preceduto da un secondo portale dal quale si accede al palazzo.
L’ambiente
interno non conserva alcunché di antico, poiché le molte stanze che lo
componevano sono state abbattute per accogliere una casa di riposo per anziani.
Della struttura originaria attualmente si conservano solo le mura a scarpa, una
torretta e un giardino.
MONTENERO
VAL COCCHIARA: CASTELLO
Del castello si
conservano alcuni lacerti murari al vertice del colle del paese il quale, di
forma allungata, è compreso tra via Portanova a sud e Via Corte a nord. Sul
versante orientale è riconoscibile una torre semicircolare inglobata in
abitazioni moderne.
MONTERODUNI:
CASTELLO PIGNATELLI
Il castello, di origine longobarda, ha
bellissime torri merlate che dominano la piana del Volturno.
Un tempo la struttura aveva un ruolo
importante nel “contado del Molise” come luogo di controllo sulla via Latina. All’epoca
sannita, nella zona ove oggi sorge il castello, vi era un nucleo abitativo. Le
origini del castello, invece, risalgono al periodo longobardo, vale a dire
quando la popolazione fu costretta ad arroccarsi per sottrarsi agli attacchi
dei saraceni. La fortezza venne ampliata durante il periodo normanno, nonché
consolidata con l’innalzamento di mura di cinta. Il castello è caratterizzato
da quattro torrioni cilindrici sormontati, ai quattro angoli, da merli guelfi.
L’intera struttura è difesa da una cinta muraria esterna, sul lato meridionale
è collocata la porta d’ingresso che non corrisponde a quella originaria, da
essa si può raggiungere il “viale Rampa” che dirige ad un piazzale sul quale
affaccia un secondo portone che conduce all’interno.
Inizialmente la struttura era delimitata
da un fossato e l’ingresso dal giardino all’interno era possibile solo dopo
aver oltrepassato il ponte levatoio, all’interno del piazzale è presente la
casa del fattore, che era adibita a stalla. Al di sopra del portone d’ingresso
è collocata una balconata in stile rinascimentale, da questo portone è
possibile raggiungere, mediante una scalinata, all’elegante loggiato del primo
piano. Il primo piano destinato alla servitù era caratterizzato da ampie
cucine, stanze fornite di forni e altri strumenti da lavoro nonché vi sono
stanze che in passato erano delle cantine dove oggi è possibile ammirare grosse
botti in legno. Dal loggiato si giunge alle sale del primo piano, in cui è presente
la sala di rappresentanza, essa conserva sul lato lungo un camino in marmo,
nonché ha una pavimentazione in cotto nel quale è stampato lo stemma della
famiglia Pignatelli; il soffitto è interamente in legno affrescato da dipinti a
tempera dai motivi cavallereschi.
All’interno di una delle torri è stata
ottenuta una stanza da letto rivestita da maioliche decorate con lo stemma
della famiglia Pignatelli. Le stanze ubicate al secondo piano sono collegate
tra loro dal cammino di ronda che un tempo venivano utilizzate dagli abitanti
del castello per gettare i liquidi bollenti sui nemici.
PESCOLANCIANO:
CASTELLO D’ALESSANDRO
La fortezza si eleva su un colle sito a
nord del paese a controllo della fondovalle Trignina, l’edificio fu costruito
in tempi molto antichi si pensa addirittura al X secolo. La struttura
originaria venne mantenuta sino al XIII secolo, vale a dire quando il feudo
divenne di proprietà della famiglia Carafa, quando il regno passò a Francesco
di Montagano il castello fu impreziosito con la costruzione di una cappella
baronale. Il castello si presentava come un insieme di strutture non omogenee
all’interno di un unico complesso, a nord-est vi erano collocati la torre-mastio,
la torre cilindrica e una Chiesa, invece a sud-est vi era la struttura
fortilizia.
La famiglia d’Alessandro che successe al
potere del feudo iniziò lavori di ristrutturazione al fine di convogliare le
diverse strutture in un unico blocco, Il mastio fu annesso alla struttura per
mezzo di una scala; la Chiesa fu aggregata alla torre cilindrica per essere poi
trasformata, nel 1628 in una cappella gentilizia. In origine alla fortezza si
accedeva passando all’interno del borgo antico però nel 1691 fu deciso di
edificare un ponte levatoio, tuttora esistente. Con l’avvento delle armi, la
guerra non era più come una volta per cui la fortezza fu trasformata da
castello a dimora signorile.
Il primo piano del mastio fu adibito come
deposito della legna, nonché come cucina, invece, i due piani più alti furono
diventarono stanze di abitazione dei nobili. Verso la fine del 1700, il duca
Pasquale, fece affrescare l’appartamento ducale e rivestire in marmo i percorsi
di ronda. La cappella gentilizia fu decorata con altari in marmo, ornamenti
sacri e infine al suo interno fu collocata l’urna di S. Alessandro, l’edificio,
a seguito di un forte terremoto, fu ricostruito e arricchito con la costruzione
di un loggiato realizzato sul vecchio percorso di ronda. Il castello, a pianta
esagonale, si eleva sul lato sud in quattro piani mentre sul lato nord-ovest in
tre piani. L'unico ingresso attualmente esistente, é quello della guardiola, al
di sopra della quale è collocato un balcone caratterizzato da cinque pannelli
in pietra scolpita. Attraversando il cortile, si giunge al ponte levatoio che
permette di accedere al mastio, unico elemento originario della fortezza.
PETRELLA
TIFERNINA: CASTEL DI ROCCA
Le prime notizie sulla Rocca di Petrella
risalgono alla metà del XII secolo quando era feudo in capite di Gentile
Vetulo, che morì prima del 1170. Le tappe del successivo frammentarsi dei
possessi di Gentile Vetulo e del subentrante Mareri, che divenne la più potente
famiglia della nobiltà rurale dell’area, non sono molto chiare.
Nella seconda meta del XIII secolo
Petrella, la cui Rocca fu presidiata a lungo da una guarnigione regia, fu tolta
ai Mareri e concessa in feudo al provenzale Guillaume Accrochemoure, al quale
subentrò Pietro Colonna. Nel 1295 Carlo II d’Angiò fece restituire il castello
a Tommaso Mareri ed ai suoi fratelli e da quel momento Petrella tornò nella
loro baronia, divenendone il centro principale.
Nella 1511 la Rocca fu protagonista di
un grave fatto di sangue che riguardò la famiglia Mareri.
Il conte Gianfrancesco Mareri non aveva
rispettato la promessa di dare in dote il castello di Staffoli a Giacomo
Facchini che aveva sposato la figlia naturale del conte. Per questo motivo il
genero si vendicò con l’aiuto di un servitore a cui Gianfrancesco aveva fatto
uccidere il fratello perché sospettato di essere l’amante della contessa e
nottetempo, entrato nella Rocca con più di duecento armati, il Facchini
strangolò nel letto il conte e la contessa e fece uccidere tutti i suoi figli
ed i suoi ospiti.
Dalla strage si salvò la sola figlia
Maria Costanza, di pochi anni, che gettata dalla Rocca rimase fortunosamente
impigliata con le vesti ad un ferro sporgente dalla stessa e recuperata
successivamente dagli abitanti di Petrella. La signoria dei Mareri finì nel
1532, la Rocca di Petrella è anche legata indissolubilmente ad un altro tragico
avvenimento, nel 1598, l’uccisione di Francesco Cenci ad opera di Olimpio
Calvetti, castellano della Rocca, e di Marzio Catalano su istigazione della
figlia Beatrice, amante del Calvetti. Il processo, celebrato a Roma sotto il
Pontificato di Clemente VIII, vide la condanna a morte di Beatrice, di Lucrezia
e di Giacomo Cenci che furono crudelmente giustiziati a Roma, presso Castel
Sant’Angelo, nel settembre 1599.
PETTORANELLO
DEL MOLISE: CASTELLO DI RIPORSO
D’altura e a controllo di un vasto
territorio, si erge il castello di Riporso nel comune di Pettoranello di
Molise. Il Catalogus ci riferisce che
il castrum Erivorzam è tenuto da Bartholomeus filius Giroldi insieme a
Santa Giusta, San Vito e Sant’Agapito.
In merito a questo sito va subito
chiarita la sua posizione altamente strategica rispetto al territorio
sottostante ed in particolare al controllo dei tratturelli di congiungimento al
tratturo Pescasseroli-Candela. Situato ad una quota altimetrica di 550
m.s.l.m., l’insediamento si presenta in parte distrutto nell’alzato, tranne che
nella parte sud-est dove si conserva una
cinta muraria turrita, in cui si notano almeno due fasi edilizie.
In effetti il primo impianto difensivo
costruito da una torre circolare, poggia direttamente sulla roccia, compresa la
prima cinta muraria in fase con la stessa torre. Unico esempio finora rilevato
durante lo studio dei castra della provincia di Isernia è il fossato costruito
a sud-est dell’insediamento, ottenuto scavando direttamente nel banco roccioso.
Per quanto riguarda i materiali da costruzione, l’utilizzo esclusivo della
pietra calcarea rende la struttura molto solida ed imponente. Pochi frammenti
di tegole in terracotta sono state rinvenute durante la ricognizione
topografica, inoltre va considerato che nella realizzazione delle coperture dei
tetti spesso e volentieri venivano anche utilizzate le scandule in pietra
calcarea, tradizione edilizia conservata ancora oggi nel Molise. All’interno
del castrum recenti lavori per la
realizzazione di una strada hanno messo in luce una grossa cisterna per la
raccolta dell’acqua.
Il Castello Riporso per tipologia
insediativa rispecchia molto la tecnica edilizia normanna e la sua funzione
militare. Nel caso del feudo di Erivorzam lo storico canonico Vincenzo
Ciarlanti sostiene che il nome del castello deriva dalla famiglia Ribursa,
fedele a Corradino, coinvolto nella guerra contro Carlo I d’Angiò e che dopo la
sua sconfitta perse ogni suo
possedimento, tra cui il castello Riporso. Il canonico riferisce che ai suoi
tempi l’insediamento era ormai diruto. Nell’ambito
delle competenze territoriali difensive dei milites normanni è importante
sottolineare come il sistema di fortificazioni del versante sud-est molisano
era costituito dall’altro feudo di Pectorano, tenuto in demanio da Raul de
Mulisio insieme a castello Petroso. Non
è un caso che un dei conti più in vista della nobiltà normanna detenga un feudo
importante come quello di Pettoranello di Molise, centro a continuità di vita,
cerniera di accesso al versante matesino attraverso la piana di Boiano, e sito di importanza strategica per la Contea
del Molise.
Pettoranello di Molise riveste un ruolo
primario nel controllo della viabilità d’accesso verso la Campania e la Puglia,
costituita ad ovest dal tratturo Pescasseroli-Candela che attraversa
interamente il suo territorio, e ad est dalla via romana proveniente da Isernia
e diretta a Benevento.
La parte più alta del sito è occupata da
ciò che resta di un castello, che ha subito nel tempo numerosi interventi
edilizi. Non esistono elementi di valutazione archeologica tali da poter
attribuire una fase normanna al castello, ma il dato certo è che un
insediamento fortificato continui a vivere nel tempo fino ai nostri giorni,
trasformandosi continuamente, mentre nel caso di Riporso nello stesso comune di
Pettoranello di Molise il castrum viene
abbandonato e termina la sua funzione difensiva ed abitativa. I sistemi
fortificati normanni che rientrano nel territorio della provincia d’Isernia
costituiscono un esempio di capillarità di torri e castelli che si collocano
nella maggior parte ai confini della contea.
In effetti partendo dal limite
occidentale della catena appenninica delle Mainarde, le fortificazioni si
dispongono lungo una dorsale montuosa che costeggia i limiti regionali,
formando quasi un cerchio difensivo dell’area. Il limite meridionale del sistema
difensivo è costituito dal castello di Le Pentime, mentre già con il castello Riporso
e Pectoranum si passa al controllo diretto della viabilità interna e di accesso
all’area campana attraverso Bojano ed il Matese.
PIETRABBONDANTE:
CASTELLO
Il castello dei conti Borrello era
ancorato saldamente al più grande dei tre massicci, in posizione inespugnabile
a dominio della valle del Verrino a nord e di quella del Trigno a sud. Di essa
si conservano scarse tracce dei muri di cinta e di quelli relativi ad ambienti
interni. Il toponimo “il Castello” col quale la possente morgia è conosciuta
ancora oggi, offre la conferma dell’ubicazione della roccaforte dei Borrello.
Sul versante nord occidentale del masso calcareo, nei pressi del viottolo che
sale sulla vetta, esiste parte di un muro mancante nella parte centrale; è
ipotizzabile che qui si dovesse trovare la porta principale di accesso alla
fortezza borrelliana.
PIETRACATELLA:
CASTELLO
I ruderi del castello, che un tempo
dominava l’abitato di Pietracatella, emergono dalla viva roccia tufacea sulla
quale è abbarbicato il paese e sono situati sulla quota più alta dell’area
urbana. Si tratta di un insediamento fortificato in posizione strategica
naturale in parte difeso dalla roccia stessa. Una posizione che permetteva il
controllo diretto sulla Valle del Tappino nonché del tratto sottostante del
tratturo Castel di Sangro-Lucera, la via di comunicazione che assicurava i
collegamenti con la Capitanata. Ad un’attenta analisi del tessuto urbano, che
segue l’orografia del luogo e delle persistenze di epoca medioevale il muro
originario posto in cima alla roccia, cinto da mura e difeso da torri, intorno
all’XI-XII secolo doveva essere compreso tra gli attuali vico Leonardo Mastro
Michele e vico Monzillo racchiudendo all’interno vico Portella, vico Antonio
Cardarelli, vico Iorio, vico Morinelli, e vico Forno 1° e 2°, con una fase
intermedia che vide la costruzione della cosiddetta Porta Vecchia ora
scomparsa. Delle mura e delle torri che dovevano costituire il primitivo nucleo
di Petra restano solo alcune tracce ancora visibili. In Via S. Giacomo,
infatti, prima di accedere alla scalinata che immette nell’area dove è
costruita la Chiesa, è possibile notare sul lato di sinistra un avanzo di torre
circolare mentre, alla parte opposta, inglobati alle case, i resti di una
seconda torre, che probabilmente costituivano un primo complesso di difesa del
castello.
In Vico Antonio Cardarelli sono visibili
i resti di un torre minore a quella che doveva essere la primitiva porta di
accesso al borgo. Non è da escludere che anche la torre, tuttora visibile, detta
in gergo torretta, posta all’ingresso
nord del paese, fosse parte integrante dell’antica cortina.
RIONERO
SANNITICO: CASTELLO
Rionero è un paese che sembra aver perso
il disegno del suo impianto urbano per una serie di modificazioni che in qualche
modo rendono difficile capire la logica delle sue trasformazioni.
Il Castello evidentemente nasce da una
esigenza strategica di controllare uno dei passi fondamentali tra la valle
tirrenica del Volturno e quella contigua adriatica del Sangro.
Ha un impianto piuttosto semplice che
sembra generato da una originaria torre quadrata che aveva la funzione di
mastio di protezione ad una modesta articolazione di ambienti attorno ad una
piccola corte interna. Del mastio rimane la struttura originaria che ancora
tiene nella sua parte interrata un cisterna che raccoglieva con un sistema di
canalizzazioni tutte le acque meteoriche.
I vari livelli sono ancora collegati da
una pregevole, per quanto semplice, scala elicoidale tutta in pietra che molto
probabilmente fu realizzata quando il maschio fu trasformato in una sorta di
ingresso secondario con l’apertura di una porta a diretto contatto con lo
spazio pubblico esterno.
L’ingresso principale doveva coincidere
con quella gradonata che ancora sopravvive sul lato orientale e che permetteva
di raggiungere direttamente il livello superiore del complesso.
Un grande ambiente parzialmente
sotterraneo, con una volta a tutto sesto, permette di ipotizzare che al piano
superiore si sviluppasse un salone che ebbe bisogno di un intervento di
consolidamento mediante l’inserimento di due belle colonne che, essendo fin
troppo raffinate per un ambiente sotterraneo, sembrano essere state prelevate
da un altro luogo per essere utilizzate semplicemente come provvisorio sostegno
della volta pericolante.
Ormai tutto è crollato, ma le parti
sopravvissute sono costituite da elementi che comunque dovrebbero sollecitare
un intervento di restauro che permetta di recuperare il senso delle sua storia.
RICCIA:
TORRE DEL CASTELLO
Il Castello, da poco restaurato nei
tratti che sono rimasti oggi visibili e che rappresentavano le parti ad uso
militare, sorge sul limite di uno strapiombo roccioso. Alta quasi venti metri,
ha pianta cilindrica e conserva sulla cima un coronamento di beccatelli in pietra.
Il portale d’ingresso, ben visibile, porta ancora la scritta con il nome di
Bartolomeo sulla lastra superiore ed i due stemmi, anche se in parte
illeggibili.
All'interno si sovrappongono tre camere,
oggi collegate da scale a chiocciola, ognuna con finestra quadrangolare.
L'ingresso è invece raggiungibile grazie ad una breve scalinata in ferro.
Particolare è il serbatoio per l'acqua, scavato interamente nella roccia sotto
la torre, nella parte più profonda della quale sono conservati i resti delle carceri
con relative camere di tortura. Accanto alla torre principale resta anche una
torretta secondaria, a difesa dell'entrata e del ponte levatoio.
La torre principale aveva come funzione
quella di vedetta, data la sua posizione dominante su tutta le valle, e
costituiva il mastio principale del castello appartenuto ai di Capua.
Non si hanno date certe sulla
costruzione del castello di Riccia, ma quasi sicuramente l'edificio risale,
come tanti altri insediamenti difensivi molisani, all'epoca longobarda. I primi
lavori eseguiti sulla fortezza risalgono al 1285 e furono voluti da Bartolomeo
di Capua, feudatario angioino; nel 1515 invece il castello fu ristrutturato dal
Principe Bartolomeo III di Capua.
Gli ambienti residenziali sono stati
quelli maggiormente saccheggiati a partire dal XIX secolo, al fine di
reimpiegare diversi elementi architettonici nelle vicine abitazioni del centro
abitato. La residenza dei principi doveva essere molto confortevole e
ampiamente decorata soprattutto dopo il periodo rinascimentale. Una ricca
biblioteca, sale affrescate, mobili di pregio e ceramiche d'epoca. Il tutto
abbellito da stoffe costose, dipinti di valore e caminetti con lastre in pietra
locale scolpita.
Altro elemento che testimonia la grande
accuratezza nella definizione dei particolari, tra l’altro inusuale nell’ambito
di un edificio finalizzato ad uso militare, è la troniera che si apre verso
Piano della Corte, nel torrione meridionale, ingentilita da decorazione
presenti nei due conci che ne costituiscono gli stipiti laterali. La
ricostruzione degli interni ci viene fornita dallo storico Amorosa, visto che
il castello fu oggetto dell'odio distruttivo della popolazione riccese nel
1799, senza venire più ricostruito.
ROCCAPIPIROZZI:
CASTELLO ANGIOINO
Nei Regesti Angioini del 1320 viene
citata una località chiamata "Rocca Piperocii", da identificare senza
dubbio con l'attuale centro fortificato. La rocca sorge al centro del paese e
l'impianto perimetrale ha una forma irregolare condizionata dall'adattamento
naturale dello sperone di roccia sul quale si sviluppa. La torre cilindrica
costituisce l'elemento più appariscente del complesso difensivo e allo stato
naturale, presenta alla sommità una corona di beccatelli sui quali poggiava un
piano in aggetto per la difesa piombante. Questa prima fase si fa risalire agli
inizi del XIV secolo, mentre a qualche decennio successivo risale
l'incamiciamento turrito con la braga merlata, che ha la semplice funzione di
antemurale della torre cilindrica detta "Maschio". Ciò si desume
dall'assenza di pavimentazione e dalla presenza di feritoie e fori circolari
per armi da fuoco, che si distribuiscono lungo il perimetro della cinta
muraria. Una torre angolare su base scarpata è situata sullo spigolo
meridionale della struttura e serviva da protezione laterale ad una porta
secondaria. Dal piano di calpestio non era possibile accedere direttamente al
Maschio, non essendo esistente alcuna apertura. Il collegamento avveniva con
una scala retrattile esterna, che si univa ad un ingresso situato al livello
del primo piano della torre. Un tempo la rocca, per la sua posizione geografica
a confine del Lazio e della Campania, rappresentava il perno della difesa e del
controllo del territorio molisano. Il castello di Roccapipirozzi è di proprietà
del Comune che ha elaborato una proposta di restauro per il consolidamento
della cinta muraria e la sistemazione dell'area circostante con percorsi
pedonali e giardini.
ROCCAMANDOLFI:
CASTELLO MEDIEVALE
Attualmente del castello Medioevale di
Roccamandolfi sono visibili solo dei ruderi. La fortezza é ubicata sul monte
che domina il paese, per cui due dei suoi lati hanno una forte pendenza verso
la vallata, mentre, gli altri due si ergono su una parete rocciosa. Le sue mura
sono dritte e interrotte da cinque torri per cui i progettisti sono stati
costretti a creare delle mura verticali prive di fortificazione, le torri
collocate sia a orientale che ad occidentale sono circolari.
Sulle mura vi sono dei fori che con
molta probabilità sostenevano delle travi di legno utilizzate per la sua
edificazione, La muratura, rivolta al lato dell’ingresso presenta anche delle
finestre a feritoia.
L’ingresso del castello, collocato ad
oriente, è preceduto da una scalinata e conduce all’interno di un locale rettangolare
che si estende per metà dell’intero castello.
ROCCHETTA
AL VOLTURNO: CASTELLO BATTILORO
Il castello Battiloro domina il borgo
medievale di Rocchetta Alta, le sue origini si collocano intorno al XII secolo.
L’abate Marino, dopo l'arrivo per la seconda volta dei saraceni, invitò alcune
famiglie provenienti dalla sua città natale, Atina, ad insediarsi nelle terre
di proprietà del Monastero, che prese il nome di Rocchetta Alta. Al castello si
accede oltrepassando l'ingresso collocato vicino al vecchio Municipio di
Rocchetta, le case del borgo erano costruite lungo il pendio della roccia per
motivi di difesa. Il castello si restringe nella zona retrostante, per seguire
anch'egli il pendio della roccia e termina con una torre circolare, l’ingresso
vero e proprio è a sud in prossimità dello strapiombo roccioso inaccessibile al
nemico, la porta di ingresso al giardino si trova invece sul lato orientale
della fortezza e reca ancora lo stemma nobiliare. Il castello Battiloro si
eleva su due piani ed è caratterizzato da stanze molto piccole che testimoniano
come l’edificio abbia avuto sempre una funzione difensiva.
ROTELLO:
CASTELLO O PALAZZO VECCHIO
Il toponimo di Rotello ( Lauritello,
Lorotello, Rocellum) è strettamente legato a quello dei normanni conti di
Loritello. Il centro abitato viene fondato da Roberto di Loritello nipote di
Roberto il Guiscardo; nel 1060 la contea di Loritello si estende dal Fortore al
Tronto. La scelta di Rotello per avviare la formazione della contea sembra
avere uno stretto contatto con la contea longobarda di Pantasia della quale,
pressappoco dalla metà dell’XI secolo, non si hanno più notizie. La
sopravvivenza del toponimo si riduce ai pochi esempi del monastero di S.Elena a
Pantasia e il casale Pantasia.
Il palazzo è posto nella parte mediana
del paese, sul limite del nucleo abitato più antico. Si presenta come un
edificio dai caratteri del palazzo nobiliare che si è sviluppato accorpando
parti diverse. Elementi strutturalmente diversi, che pur a fatica sopravvivono,
potrebbero essere riferiti ad un edificio più antico, forse, di impianto
normanno. L’edificio attuale è caratterizzato da una facciata sulla piazza che
presenta una forte scarpa e una torre angolare semicircolare in contrasto con
le murature dei lati posteriori e nel cortile interno; su queste si riconoscono
interessanti stratigrafie murarie. Tracce murarie significative sono evidenti
in molti edifici del centro antico anche se non sembra ancora possibile
riferirle ad epoca medievale.
SAN
BIASE: CASTELLO SCOMPARSO
Oltre alle due torri laterali alla
facciata anteriore del palazzo, lungo le
mura del borgo a forma di scuso, esistevano altre due torri che guardavano a
nord e a sud, in corrispondenza delle porte d’interno dell’abitato. Il palazzo
dopo la rivoluzione del 1799 fu più volte assalito dai briganti e messo a sacco
e a fuoco. Dopo il rapimento e la fucilazione dell’ultimo Barone Francesco De
Blasiis ad opera dei briganti, l’edificio in buona parte cadente, fu
abbandonato e abitato in qualche vano ancora in piedi dagli ultimi eredi fino
al 1848.
E’ divenuto nel tempo un mucchio di
macerie, le cui pietre sono state utilizzate per la costruzione delle case
circostanti.
SAN
FELICE DEL MOLISE: CASTELLO
Il castello di San Felice del Molise,
ubicato su di una collina, risale al periodo compreso tra il VIII e IX secolo
d.C. Secondo una leggenda il castello fu abitato da una principessa di nome
Cecilia, che morì a Roma. Negli anni successivi la struttura perì e sui suoi
ruderi fu edificata la chiesa dedicata alla Madonna, l'area che delimita
l'edificio è ideale per fare dei pic-nic grazie ad una fontanella e ad un parco
giochi immerso nel verde.
SAN
POLO MATESE: CASTELLO
San Polo, per il suo carattere di
assoggettamento alla cattedrale, ha subito le stesse sorti feudali di Bojano
con l’obbligo dei suoi feudatari di corrispondere annualmente alla mensa
vescovile una sorta di risarcimento disposto da Alfonso d’Aragona a far data
dall’usurpazione fatta da Francesco Pandone. In tal modo il pagamento di un canone
garantiva al vescovo la conservazione dei diritti dominicali e del titolo
baronale. Masciotta riferisce che dai documenti del 1738 risulta che il
Principe di Colledanchise, feudatario di Bojano, pagava al vescovo il canone
annuo di 50 ducati. Oggi del castello di S. Polo rimangono pochi ruderi ormai
inglobati negli edifici che nel tempo si sono impiantati sulle strutture
murarie sopravvissute. Non è facile capire da quel poco che rimane quale fosse
il suo sviluppo planimetrico. Sul lato nord orientale del paese rimane una
torre circolare nella cui base, mediante una breccia di epoca relativamente
recente, è stato ricavato un passaggio. Sembra però che non si tratti di una
torre del castello vero e proprio quanto piuttosto uno degli elementi di
raccordo della cinta muraria urbana realizzata in quella parte del paese che
era più vulnerabile. Ad essa dovevano attaccarsi, da un lato e dall’altro, due
tratti di muro che costituivano parte della difesa che probabilmente conteneva
una delle due porte. Quella che in genere viene definita come porta da capo,
presumibilmente posta nelle adiacenze della chiesa di S. Nicola che, per essere
dedicata al patrono della comunità, certamente è la chiesa più antica del
nucleo.
Una seconda torre, invece, per essere
stata trasformata in campanile della contigua chiesa di S. Pietro in Vincoli,
probabilmente era parte del castello. Ciò che rimane di una base di torre
circolare, sul lato sud occidentale, può in qualche modo farci ritenere che una
delle facce del quadrilatero del castello corrispondesse in linea di massima
all’allineamento dell’attuale facciata della chiesa di S. Pietro in Vincoli
che, ovviamente, nel XIV secolo ancora non esisteva. Non solo le fonti, ma
anche le sopravvivenze murarie sono avare di informazioni, sicché non rimane
che limitarci a congetture per capire cosa sia accaduto al castello di S. Polo.
Fino all’epoca di Enrico Pandone e dei suoi immediati successori, ovvero fino
alla metà del XVI secolo una struttura di una certa consistenza doveva ancora
sopravvivere se è vero che era sede di una capitaneria in cui si esercitava il
mero e misto imperio, ovvero vi si amministrava la giustizia del suo
territorio. All’epoca dei Pandone (fine XV e inizio XVI secolo) non sembra
siano state effettuate trasformazioni particolari. I conti venafrani avevano
trovato una struttura quadrangolare munita di almeno tre torri circolari la cui
epoca di costruzione certamente non è anteriore al XIV secolo. Dunque
l’impianto originario, o comunque la struttura dell’XI secolo, era sicuramente
molto più semplice. Poco più di un quadrilatero privo di torri negli angoli.
SAN
MARTINO IN PENSILIS: CASTELLO-PALAZZO
Il Castello di S. Martino in Pensilis a
seguito di una serie di divisioni ereditarie e di trasformazioni architettoniche
ha perso ormai i caratteri unitari di un edificio destinato a rispondere ad
esigenze difensive, tuttavia il suo impianto ed il suo sviluppo volumetrico
sono sufficienti a farlo individuare in maniera chiara nell’ambito di una
struttura urbana che da tale castello risulta fortemente condizionata.
Nel XVI secolo, come si evince da una
descrizione di cui si è persa la fonte, ma fortunatamente riportata dal
Masciotta, era difeso ancora da un fossato per superare il quale ci si doveva
servire di un ponte levatoio.
La particolare frammentazione della
proprietà all’interno del poderoso volume non ci ha permesso di esaminare se
all’interno dell’orditura strutturale ancora sia possibile individuare le fasi
del suo sviluppo, tuttavia, seguendo la logica secondo cui i palazzi baronali
(o ducali che dir si voglia) pur avendo i caratteri di recenti trasformazioni,
nascono in sovrapposizione a precedenti strutture difensive, anche per il
castello di S. Martino possiamo ritenere che il luogo del palazzo corrisponda a
quello del nucleo fortificato più antico, perlomeno di epoca normanna.
Dell’esistenza di un castello, o
comunque di un sistema adatto alla difesa dell’abitato, abbiamo notizia
indiretta da una serie di documenti cassinesi.
Il primo è un atto riportato nel Registro
di Pietro Diacono (L. IV, cap. 59) con il quale Girardo, abate di Montecassino,
nell’anno 1115, concede una indennità per il vestiario necessario anche per le
cerimonie dei monaci che vivevano in quei monasteri dipendenti da Montecassino
situati nel territori della contea di Termoli. Tali beni che erano appartenuti
al milite Oldiberto ed erano stati donati a Montecassino dal conte Roberto: Ego Giradus Dei gratia Cassinensis
monasterii Abbas …. Concessi etiam ecclesiam S. Nicolai, quae est in castro S.
Martini, cum omnibus, quae ad eam pertinent, cum hominibus, et terris, et
universis rebus mobilibus, et immobilibus, sesque moventibus.
Un privilegio di Innocenzo II confermò
quei beni a Montecassino nell’anno 1137. Tra essi anche ecclesiam S. Nicolai prope portam castri Martini in Pesulo
che chiarisce che la citata chiesa di S. Nicola sia quella situata nel castro
di S. Marino in Pensilis.
Anche in questo caso a noi interessa il
riferimento all’esistenza di un nucleo fortificato munito di una porta pubblica
accanto alla quale era edificata la chiesa di S. Nicola.
L’appartenenza di beni immobili di S.
Martino alla badia cassinese deriva da una precedente donazione di Roberto
conte di Loritello in occasione della sua permanenza a Montecassino nell’anno
1113.
Oggi in S. Martino non esiste alcuna
chiesa dedicata a S. Nicola. E’ improbabile che possa trattarsi di una
precedente intitolazione proprio della chiesa dedicata al santo titolare del
nome del paese (che comunque non è il suo protettore) che si trova nei pressi
della porta principale del nucleo urbano.
Il paese doveva avere almeno altre tre
porte urbiche, di cui una nei pressi del castello, un’altra dalla parte opposta
alla principale ed una quarta nella parte bassa del nucleo, verso la vallata. Proprio
nei pressi di quest’ultima porta è oggi un’altra chiesa il cui titolo attuale
potrebbe essere stato dato in occasione di una sua radicale trasformazione.
Dal Catalogo dei Baroni fatto redigere
dal re normanno tra il 1150 ed il 1168 per una leva generale necessaria per
formare una grande armata reale, sappiamo che un certo Dominus Americ Sancti
Martini tenet Sanctum Martinum quod est
pheudum duorum militum.
Null’altro si conosce di questo Americ,
ma la cronaca cassinese ci riferisce che in quell’epoca S. Martino, situata nel
Ducatus Apuliae, apparteneva alla contea di Loritello che dal 1155 era priva di
conte proprio a seguito della ribellione di Roberto di Bansuvilla. La notizia è
appena sufficiente per dedurre che S. Martino, nell’ambito di una realtà piuttosto
misera, godeva di una certa importanza, se non altro perché la media delle
contribuzioni delle comunità alla leva generale per l’esercito era di un solo
milite, mentre S. Martino ne forniva due.
Sicuramente alla fine dell’epoca
normanna il nucleo urbano conservava ancora una struttura castrense efficiente
perché le cronache non segnalano assalti o episodi distruttivi.
L’8 gennaio 1198, alla morte di
Celestino III fu eletto papa Lotario di Segni che prese il nome di Innocenzo
III mentre da un anno, nel 1197, Errico IV era stato sostituito dal figlio
Federico II di Svevia che, avendo solo tre anni, era affidato alla madre
Costanza. In epoca sveva, come accadde per tutti i centri fortificati, il
castrum normanno di S. Martino in Pensilis aveva perso la sua funzione
difensiva nell’ambito della politica federiciana che prevedeva lo
smantellamento delle difese locali per potenziare solo i castelli imperiali.
Era stato Federico II a dare
realizzazione per primo, e in grande stile, al principio di non concedere in
feudo una buona parte dei più importanti castelli, ma di amministrarli. Questo
tipo di gestione fu continuato anche dagli angioini e Carlo I seguì i criteri
di Federico nell’amministrazione delle fortificazioni che avevano una concreta
importanza. Gli altri castelli, invece, rimasero assegnati in feudo proprio per
la scarsa importanza che avevano sul piano economico e strategico. Alla loro
riparazione dovevano provvedere tutti gli abitanti delle località circostanti
secondo l’elenco riportato nello statuto sulla riparazione dei castelli del
regno, seguendo una consuetudine amministrativa impiantata dai normanni. Già
nel 1231, come riferisce Riccardo di S. Germano, esisteva un mandatum de reparacione castrorum imperialium e quindi, con gli
angioini, si provvide solo alla sua conferma integrando i dati per i necessari
aggiornamenti.
Nello Statuto per la riparazione dei
castelli redatto intorno al 1270 vengono riportate le disposizioni riguardanti
vari castelli della Capitanata e tra questi anche il castrum insule Tremitane (la fortezza delle isole Tremiti) cui
doveva provvedere anche S. Martini impensulis, insieme alle altre comunità dei
centri della costa più vicina: In primis
castrum insule Tremitane reparari potest per homines Vene maioris, Vene de
Causa, Roiari, Utimi, S. Martini impensulis, Campi marini, Porte Candoni,
Loritelli, casalis S. Marie in Sacchono, Alarini, S.Primiani, Mondori, Corneti
de Alareno, Olibuli, S.Iacobi de Silva, Guillonisiio, Pittacii, Montis Miculi,
Bisacie et baronie sue, que est domini Riccardi de Anglona.
L’impianto urbano attuale non rivela
l’esistenza di torri circolari che possano ricondurre all’epoca angioina una
trasformazione muraria per una difesa attiva a mezzo di strutture aggregate
alla linea muraria originaria, ma una sostanziale trasformazione dovette
avvenire nel XV secolo pur se non appare con evidenza che siano stati fatti
particolari adattamenti per resistere alle armi detonanti alla fine di quel
secolo.
Dunque alla fine del ‘500 il castello
ancora era munito da un fossato che lo circondava rendendolo interamente
isolato dal resto del nucleo urbano, sebbene fosse attaccato alla cinta muraria
preesistente.
I recenti interventi lo hanno
completamente modificato e solo un rilevo sistematico potrebbe far capire quali
trasformazioni abbiano preceduto o seguito la presenza dei duchi di Capua che
lo tennero dal 1495 quando Andrea di Capua diviene titolare della contea di
Termoli.
Di sicuro interesse, considerandoli per
il loro carattere di reperto documentario, sono alcuni frammenti dell’antica
struttura che, a causa delle integrazioni e sostituzioni lasciano anche dubbi
sulla loro autenticità. E’ il caso della porta che si apre su Piazza della
Vittoria sul lato occidentale, tutta in mattoni e munita di quattro sovrastanti
caditoie poggianti su beccatelli. Il forte castello quadrato, con contromurali
a scarpa, attaccato alle mura de dicta Terra che corrisponde al corpo di
fabbrica che si affaccia su piazza della Vittoria potrebbe essere il nucleo
originario, o forse semplicemente un torrazzo quadrangolare poggiante
sull’impianto più antico del complesso fortificato, essendo evidente che le
aperture terranee corrispondano a rifacimenti ottocenteschi.
Nulla rimane della cosiddetta sciulia,
ovvero della rampa che permetteva ai carri di raggiungere il ponte levatoio
che, presumibilmente, doveva appoggiarsi ad una spalletta successivamente
sostituita dalla scalinata che si affaccia sul cosiddetto Largo Baronale.
SANT’AGAPITO:
CASTELLO
Il castello, oggi malamente ridotto a
palazzo ducale dopo le trasformazioni seicentesche, si trova all’entrata di S.
Agapito, attaccato alla porta da capo, ed il suo fossato, da quando ha perso
definitivamente la sua funzione difensiva, è stato colmato per farne una
piazza.
Per entrare nella corte basta spingere
un’antica porta foderata di ferro che sta sotto lo stemma barocco che ricorda
che il suo anonimo titolare era un Caracciolo imparentato con i Galluccio. Il
cortile interno ha il fascino dei signori decaduti ma non ancora rassegnati a
perdere anche lo stile. Una torre circolare da una parte ricorda le
trasformazioni angioine, mentre ciò che rimane di una fontana dall’altra
suggerisce di dare una occhiata dietro una malandata porticina di quercia che
era l’affaccio di una grande cisterna ridotta dal moderno acquedotto al ruolo
di deposito di acqua stagnante. Ma il protagonista dello spazio è un possente
leone che, con le sue dimensioni al naturale, sembra ancora pronto a ruggire
nonostante gli acciacchi del tempo che si leggono sulle parti deteriorate del
tenero tufo dal quale uno scalpellino regnicolo estrasse la forma.
SANT’ELENA
SANNITA: CASTELLO
Il castello baronale di Sant'Elena
Sannita è stata la residenza dei Conti e dei Signori del Paese, si erge nella
parte più antica dell’abitato e fu edificato nel XV secolo.
Oggi si affaccia su piazza del tiglio
all’estremità sud dello sperone, su cui si estende il nucleo abitato, frutto di
molteplici modifiche, che trasformano la fortezza medievale in residenza
castellana. A pianta quadrangolare l’edificio che si sviluppa su tre livelli,
conserva le massicce mura perimetrali a scarpa con barbacani di rinforzo e un
ampio cortile interno rettangolare.
SESTO
CAMPANO: CASTELLO DI ROCCAPIPIROZZI
Roccapipirozzi è una frazione di Sesto
Campano e la sua fortezza è ubicata sulla cima di un’altura intorno al quale si
snoda il borgo medievale. Durante la dominazione longobarda il feudo era di
proprietà delle contee del ducato di Benevento per poi passare sotto il dominio
normanno.
Agli inizi del 1300 il feudo fu
assegnato a Andrea e Nicola Rampini ai quali successe la famiglia della Ratta
di origine spagnola ospitati dalla sposa di Roberto d’Angiò, durante questo
periodo alla fortezza vennero aggiunti elementi che la meglio fortificassero,
si pensi alla torre circolare e l’apertura di ingresso, sopraelevato rispetto
al piano di ingresso esterno. Con l'arrivo di Carlo III di Durazzo la famiglia
Ratta perse il possesso del feudo. Nel 1465 il feudo passò a Diomede Carafa,
conte di Maddaloni, nel 1569 Giambattista Carafa vendette il feudo a Isabella
di Lannoy.
Il figlio di quest'ultima a sua volta lo
vendette a Filippo Spinola alla cui famiglia rimase fino all'abolizione della
feudalità, il castello a differenza delle altre fortezze molisane non venne
trasformato in dimora signorile, al contrario fu lasciato in uno stato di
abbandono. La fortezza nonostante avesse solo la funzione militare nel corso
degli anni accolse anche la popolazione del borgo che vi si rifugiava in caso
di bisogno, la struttura ha la forma di un triangolo isoscele perché durante la
sua edificazione fu adattato allo sperone roccioso sul quale si erge. Le sue
mura a scarpa sono arricchite da merli nonché vi sono profonde feritoie e
piccoli fori per l’utilizzo di armi da fuoco, la torre cilindrica centrale
detta “maschio”, risale al XIV secolo e presenta alla sua sommità una corona di
beccatelli. Dato che non si sono tracce di gradini si pensa che alla fortezza
vi si accedeva da una scala di corda retrattile, altro elemento importante è la
torre angolare che serviva da protezione laterale ad una porta secondaria della
fortezza. Intorno al castello si snoda il borgo medievale caratterizzato da
case serrate tra loro con stradine strette, nella roccia originariamente era
stato ricavato un percorso segreto che permetteva di raggiungere la fortezza
dal borgo.
Il 13 di giugno in occasione della festa
di Sant’Antonio Abate il borgo di Roccapipirozzi si popola di gente come nel
giorno 16 Agosto durante i festeggiamenti di San Rocco.
SPINETE:
CASTELLO O PALAZZO MARCHESALE
Si pensa che l'edificio un tempo era un
fortilizio edificato dai normanni e che solo con il passare del tempo ha perso
la sua funzione difensiva per essere trasformato in una residenza signorile. Nel
1805 a causa del terremoto ha subito ingenti danni per cui la struttura fu
trasformata.
La struttura che ci è pervenuta ai
giorni nostri è di forma quadrangolare caratterizzata da una interessante corte
interna delimitata su un lato da arcate a sostegno di un loggiato. Alla destra
del porticato nella parte alta é visibile un lastrone in pietra sulla quale è
scolpita la figura di una sirena con doppia coda. Il lastrone con molta probabilità
risale al XV-XVI secolo, sfortunatamente l’edificio è stato abbandonato per cui
il suo aspetto è pietoso anche se è uno dei pochi simboli dell’architettura
normanna.
TERMOLI:
CASTELLO SVEVO
La fortezza è ubicata nel borgo antico
ed è parte essenziale del sistema difensivo sia della città di Termoli e sia
dell’intero territorio limitrofe. L’imperatore Federico II di Svevia intervenne
sulle fortificazioni del regno di Sicilia, per evitare possibili attacchi lungo
la costa ionica e adriatica, da parte dei turchi e dei veneziani. La struttura
presenta una pianta quadrata con base a scarpa per tutta la sua altezza,
assumendo quasi un aspetto tronco piramidale, gli angoli del basamento si
ampliano nella parte superiore in quattro torri a pianta circolare. La
piattaforma ha funzioni di scarpata intorno alla torre che si erge nella parte
centrale chiudendo con una rifinitura a mensole triangolari adatte a tenere su
un corridoio.
I muri sono robusti e caratterizzati da
piccole aperture che successivamente vennero ampliate per divenire delle grandi
cavità utilizzate per inserirvi le armi da fuoco, gli angoli della struttura
hanno una peculiarità ovvero sono tutti orientati verso i punti cardinali. L'originaria
parte centrale grazie all’intervento di Federico II venne ampliata e decorata,
a seguito del terremoto del 1456, la fortezza venne restaurata ad opera di
Ferdinando I d’Aragona.
TORELLA
DEL SANNIO: CASTELLO MEDIEVALE
Le poche fonti scritte attestano che già
nel 1266 esisteva un feudo denominato “Turella” di cui faceva parte anche un
castello, raggiungibile mediante tre porte, la data di edificazione della
fortezza non è indicata nei documenti, ma si pensa che risalga al 1150,
indicando la presumibile origine normanna.
Nel 1566, il paese fu colpito da un
terremoto che causò la distruzione della parte ovest del castello.
Nel 1805, il paese fu nuovamente vittima
di un terremoto che provocò questa volta la distruzione totale della fortezza,
ad eccezione delle quattro torri. Durante il periodo rinascimentale, l’edificio
subì delle trasformazioni a livello architettonico, tra cui ricordiamo quella
relativa all’allargamento delle aperture esterne mediante la creazione di
balconate, collocate a sud e ad est della struttura stessa. Il castello
presenta una pianta trapezioidale dai lati irregolari, l’altezza e la forma
circolare delle tre torri ubicate agli angoli del castello, fanno pensare alla
classica architettura del periodo angioino. Le mura perimetrali dell’edificio
sono molto solide tali da raggiungere alla base l’ampiezza di circa due metri,
la struttura della fortezza nonché le torri che la circondano sono interamente
in pietra.
Le quattro torri non hanno la medesima
forma, infatti tre di loro seguono un modello circolare mentre una sola ha la
forma quadrangolare. Attualmente, il castello ha assunto più le sembianze di
una residenza signorile che quelle di una fortificazione medioevale. La
struttura centrale è formata da una base rettangolare e da un corpo superiore:
il piano riservato alla nobiltà presenta esternamente una balconata con
ringhiera, che nella parte finale sfiora la cornice della facciata sottostante.
La facciata principale presenta una porta d’ingresso, delimitata da una cornice
in pietra e lateralmente vi sono due finestre, in corrispondenza di
quest’ultime ci sono altre due aperture a mezzaluna. Allo stesso modo della
struttura centrale, anche le torri presentano delle porte d’accesso e delle
finestre che sono orientate verso l’esterno, internamente il castello si
compone di tre piani; di cui il piano terra è caratterizzato da un atrio che
permette l’accesso a due sale adibite a deposito nonché vi è un’altro corridoio
che conduce ad un ingresso secondario e alla cucina. Il piano superiore è
caratterizzato da un soggiorno, una cucina ed altre sale adibite a differenti
usi.
Infine il terzo piano include numerose
camere, nonché una cucina e un accesso al giardino pensile del castello. Gli
ampi saloni all’interno dell’edificio sono decorati da soffitti con volta a
crociera; vi sono anche arredi pregiati in stile Luigi XIV e un camino, una
parte della fortezza é abitata da Leonardo Cammarano, figlio della pittrice
Ciamarra, all’interno della struttura ricordiamo che é presente anche una
biblioteca composta da 10.000 volumi.
TRIVENTO:
CASTELLO DUCALE
Il palazzo Colaneri é collocato nei
pressi della Cattedrale, data la scarsità dei documenti non sappiamo con
certezza la data di edificazione del palazzo. Analizzando però le sue
caratteristiche architettoniche si pensa che la fortezza sia stata costruita
intorno ai secoli XIII-XIV secolo.
La struttura è in pietra e presenta
delle alte mura di cinta, che un tempo avevano funzione di difesa.
La sua pianta é irregolare e si eleva su
due piani.
La complessità dell’edificio dimostra
che la sua costruzione è avvenuta in più periodi e che le sue parti sono state
aggiunte in più periodi. Il palazzo ha due ingressi: uno a destra collegato ad
una stradina che conduce alla zona posteriore dell’edificio; e una a sinistra,
dal quale si accede all’interno della struttura. Internamente, il palazzo é
stato vittima di molti interventi restaurativi volti a cancellare i suoi
caratteri residenziali, adibendolo a carcere, visibile nella suddivisione dello
stesso in tanti ambienti con inferriate nonché sprovvisto di arredi e saloni
tipici di una residenza.
Il solo ambiente in cui sono presenti
ancora delle tracce del passato, é il salone collocato al piano superiore, il
cui soffitto e affrescato.
TUFARA:
CASTELLO LONGOBARDO
Il castello del Paese fu edificato
nell'XI secolo nella parte più alta del paese, la struttura poggia su una
roccia di tufo per cui assume la forma “a fagiolo”. I lati del castello
presentano cortine murarie a scarpa, invece sulle pareti esterne vi sono delle
piccole fessure la cui funzione è incerta.
Alla struttura si accede mediante un
solo ingresso caratterizzato da un portale con arco a tutto sesto, oltrepassato
l'ingresso, bisogna salire una scalinata. Molto importanti sono le cisterne
scavate nel tufo a pianta quadrangolare che assicuravano l’approvvigionamento
idrico in caso di assedio della fortezza, ben conservata è anche la zona adibita
a deposito e cucina, attualmente è di proprietà comunale.
VASTOGIRARDI:
CASTELLO
Vastogirardi si sviluppa a ridosso di
una collina al cui vertice sorge il castello. Questi doveva presentarsi come
un'autentica cittadella nella quale avevano sede le funzioni di governo, sia
civile (il palazzo del feudatario), sia religioso (la parrocchia),
rappresentando così il centro dell'agglomerato urbano. Il castello non si
riduce però solo all'edificio di culto e alla residenza baronale, ma comprende
anche diverse abitazioni e la piazza centrale. Non va dunque inteso nel
significato di un unico manufatto, come è nell'uso corrente, ma nel senso di
recinto che racchiude un nucleo edilizio (da castrum). È proprio questa la particolarità del castello di Vastogirardi,
borgo all'interno di un borgo più grande.
VENAFRO:
CASTELLO PANDONE
Il castello è collocato nella zona
nord-est della città e venne edificato edificato sui resti di opere murarie
risalenti al periodo pre-romano. Nella seconda metà del IX secolo esisteva già
una struttura difensiva, nella seconda metà del X secolo si verifica un vero e
proprio incastellamento, tra il 961 e il 968 la costruzione originaria è stata
elevata.
La parte più antica della struttura è il
mastio, totalmente diverso per forma e posizione dai torrioni.
Nel 1138 il castello ha subito ingenti
danni causati dall'attacco operato dalle truppe di Ruggero II di Altavilla, nel
1270 Rrubino De Veris trasformò la fortezza in ostello, mettendola a
disposizione della monarchia.
Nel 1288 il castello passò da statale a
feudale, nel 1443 il conte di Venafro, Francesco Pandone, modificò la fortezza
in dimora signorile, intervenendo anche con opere di rinforzo a carattere
militare. Alla morte di Pandone, i successivi feudatari lasciarono in stato di
abbandono la fortezza.
Nel 1600, i sotterranei dell'edificio
furono adoperati come carceri, per coloro che attendevano il giudizio, nel XIX
venne destinato ad uso privato e separato in appartamenti agresti.
Il castello riacquistò splendore durante
la seconda guerra mondiale, recuperando la sua primordiale funzione
difensiva. Il castello é a pianta
quadrangolare, caratterizzata da quattro strutture ubicate intorno ad un
cortile rettangolare, di cui tre sono rotondi, mentre il quarto é quadrato ed ha
la funzione di mastio. La costruzione originaria, doveva essere a pianta
quadrangolare, priva di torri e difese, fornita solo di una cinta muraria, gli
ampliamenti successivi, consistettero anche nella creazione di un ponte levatoio
e di un fossato, nonché di muraglioni larghi con feritoie e merli.
Intorno alla metà del XIV secolo, furono
inserite due torri cilindriche, dalle quali si aprivano due corridoi diretti a
difendere il fossato, all’interno dei percorsi vennero scavate dodici feritoie
al fine di utilizzare le armi a getto. Il mastio si eleva su tre piani
comunicanti tra loro mediante botole e scale levatoie, il pianterreno ospita la
sala d’armi e i locali riservati al corpo di guardia. Il primo piano era abitato dal padrone e dalla sua
corte, l’ultimo piano era utilizzato come base di vedetta e di difesa, molto
importanti dal punto di vista artistico sono gli affreschi e gli stemmi che
adornano il piano nobiliare. La tecnica utilizzata per queste vere e proprie
opere d'arte consisteva in un veloce disegno preparatorio che veniva stuccato
in altorilievo e successivamente dipinto ad affresco.
Ciascun cavalli rappresentato nella maggior
parte degli affreschi é contraddistinto dalla propria sella e contrassegnato
dallo stemma di Enrico Pandone.
Interessante é anche la sala del
teatrino dove nel 1700 venne creato sia un falso palcoscenico che un finto
sipario, ai cui lati vennero rappresentati due putti nell’atto di reggere un
velo gonfiato dal vento.
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