venerdì 23 settembre 2016

MAPPATURA DEI CASTELLI DEL MOLISE









ACQUAVIVA D’ISERNIA: CASTELLO DEI CARMIGNANO

Il castello di Acquaviva d’Isernia, collocato nel centro storico del paese, domina su tutta la piazza grazie al suo signorile loggiato. Alle spalle della struttura si scorge la facciata della chiesa di S. Nicola di Bari risalente al XI secolo. Il palazzo ha la forma quadrangolare molto simile a quella delle fortezze medioevali ed è sviluppato su tre livelli.
Nel corso degli anni l' edificio è stato sottoposto a interventi di ristrutturazione come testimoniano le finestre sfalsate lungo la facciata nonché l' uso variopinto di tecniche e materiali costruttivi.
Queste trasformazioni sono state utili al fine di trasformare il castello da fortezza a palazzo signorile. La prima metamorfosi si è avuta durante il periodo Angioino con lo scopo di adattare la struttura a fortezza difensiva. Con l'avvento della polvere da sparo il castello venne preparato per affrontare le guerre rinforzando non solo l' interno ma anche l' esterno.
Sul piazzale è possibile osservare il portale della facciata principale al quale si accede tramite una scalinata a due rampe, caratterizzato da un arco a tutto sesto che permette di accedere ad una scalinata che conduce al secondo piano.
Sul lato opposto della facciata si scorge un secondo ingresso che in passato era quello principale perché sito sul lato meno espugnabile. Attualmente il castello è di proprietà di diverse famiglie.



BAGNOLI DEL TRIGNO: CASTELLO LONGOBARDO

I resti del Castello Longobardo sono collocati su un enorme masso calcareo con pareti a picco. La fortezza San Felice in epoca normanna fu abitata dai conti di Isernia, la struttura ha una pianta rettangolare con massicce mura perimetrali prive di aperture. Il sito viene denominato nel catalogo dei baroni come "bagnolum", con la riforma del 1799 il castello passò al dipartimento del sagro e ai primi del '900 il paese contava 4800 abitanti, scesi agli attuali mille.


BARANELLO: CASTELLO RUFFO

Il castello fu posseduto dalla famiglia Ruffo fino al XIX secolo. Fu costruito nel punto più alto del borgo antico svolgendo la sua funzione di difesa e di controllo dell'intero territorio, esso è inserito all'interno di un complesso edilizio che lo mette in comunicazione con la torre che rappresenta la parte più alta dell'edificio. Essendo stato sottoposto a continue modifiche a livello strutturale è difficile ripristinare le fasi storiche, la presenza di diversi stili relativi ad epoche diverse rende faticoso analizzare il complesso architettonico.



BOJANO: CASTELLO NORMANNO

Il castello, le cui rovine si trovano nel Borgo di Civita Superiore, faceva parte delle fortezze demaniali dell'imperatore Federico II e veniva amministrato da suoi castellani di fiducia. Secondo documenti dell'epoca è probabile che i castellani lo tennero in affidamento fino al terremoto del 1456. Scarse sono poi le notizie di un riutilizzo del castello dopo questo disastroso evento, anche se non sono da escludere lavori di restauro voluti forse dal vescovo Silvio Pandone nel 1513.
Dal punto di vista architettonico il castello presentava una pianta allungata e due recinti: uno a nord e l'altro a sud di un corpo di fabbrica centrale nel quale era la residenza del conte o palatium; il primo recinto o ricetto era separato dall'altro da un fossato artificiale scavato nella roccia. Il ricetto era poi collegato al resto della fortezza da un ponte levatoio che immetteva in un ampio corridoio delimitato da massicce mura in cui erano praticate tre aperture che controllavano il fossato e svolgevano un' importante funzione difensiva. Un'ulteriore cinta muraria, che fortificava il castello, si univa alla cinta merlata che racchiudeva l'intera cittadella; un insieme di mura quindi di cui ancora oggi si conserva la parte occidentale, parte importante perché al proprio interno erano sorte delle piccole abitazioni riservate ad una colonia di ebrei, giunti al seguito di Federico II.


BUSSO: CASTELLO DI MONTEVAIRANO

Situato sul monte omonimo, tra Busso e Baranello, l'abitato sannitico era circondato da mura che si estendevano per una lunghezza di circa 3 km, ottenute con blocchi di pietra locale, con un'area interna di circa 50 ettari. Il circuito murario include le cime più alte di Monte Vairano (m. 968 e m. 997) mantenendo una quota abbastanza costante, senza pendii troppo ripidi. Le porte visibili sono tre, di cui due evidenziate con gli scavi; sono del tipo cosiddetto a corridoio obliquo, non si aprono cioè perpendicolarmente al muro ma in senso ad esso obliquo. È possibile ipotizzare l'esistenza di un terrapieno che ricopriva interamente la faccia interna delle mura, sul quale si presuppone la presenza di torri di guardia; il terrapieno permetteva di camminare sopra le mura e di difenderle. All'interno gli scavi, sia pure limitati, hanno evidenziato la presenza di strutture abitative e l'esistenza di attività connesse con la vita urbana. Un’abitazione è stata esplorata nella sua interezza presso la porta meridionale, sul lato della strada che dalla porta si dirigeva verso la zona centrale dell'abitato. Si tratta di un locale a pianta quadrata, con pavimento in cocciopisto (un battuto di calce e frammenti di terracotta sminuzzati) e con tracce di intonaco rosso con zoccolatura nera sulle pareti. La casa, per la presenza di due lettere (LN) graffite sui frammenti di ceramica in essa rinvenuti, è stata chiamata "La casa di LN". Si sono rinvenuti, anche se allo stato frammentario, gli arredi: tazze, piatti, tegami, lucerne, pesi di telaio, vasi per la conservazione, in uno dei quali c'erano farro e legumi. Oltre ad altri edifici, di cui uno rettangolare molto grande (m. 8,25 x 16,50, corrispondenti a 130 x 60 piedi oschi; il piede osco, è di cm. 0,33; il rapporto tra i due lati è perciò esattamente 2 a 1), all'interno è stata esplorata una cisterna a pianta circolare con muri ottenuti con frammenti di tegole.


BONEFRO: CASTELLO

Tra i colli Verzelli e Totaro sulla destra del torrente Toma lungo il tratturo Celano-Foggia sorge il paese di Bonefro. L'edificio da visitare se ci si trova in questo paese è il castello che si erige sulla sommità del colle su cui sorge la parte antica del paese. Dal popolo spagnolo che lo occuparono nel '500 fu definito il "bel castel fuerte". Il castello di Bonefro risale al 1049 nel periodo in cui fu conquistata dai normanni, la storia circa la costruzione del feudo e del castello è stata oggetto di studio da parte di molti studiosi fino a quando è stato stabilito che intorno al secolo XIV questi assunsero la conformazione definita visibile ancora oggi in alcune parti dell'edificio.
Dopo circa 150 anni il castello divenne residenza baronale, stando a quanto scritto in un documento spagnolo del 1531 il feudo di Bonefro apparteneva "de sancto vito" con annesso il castello costituito da quattro torri angolari e nel mezzo una torre maestra. La quinta torre si presume sia stata eretta nel periodo svevo in un luogo distante da quello in cui sorgeva il castello, con molta probabilità questa torre aveva funzioni diverse dalle altre inserite nella sezione della fortezza, cioè nacque come torre di vendetta. Questa però cadde in rovina nel 1888; con il passare dei secoli fu aggregato al nucleo urbano così che un edificio di recente costruzione copre interamente la facciata.
Del periodo Normanno il castello riporta solo la pianta quadrata e su ogni angolo sorge una torre cilindrica, delle quattro, tre sono impiantate su muri a scarpa mentre una collocata a sud è posta in un posizione tale che guarda la chiesa madre. Se si osservano le torri si vede che esse poggiano su basi a forma di cono anche se queste originariamente erano molto probabilmente angolari. Le pareti del castello sono fatte da pietre tagliate e pietrisco unite tra loro con la malta; avendo subito diversi restauri e modifiche presentano delle irregolarità. Dall'esterno è possibile osservare una serie di finestre alternate con dei balconi mentre l'ingresso è definito da un arco a sesto acuto in pietra sostenuto da due mensole con colonne laterali in pietra. Dall'ingresso è visibile un cortile sul quale si apre una scalinata che permette l'accesso al piano residenziale, sul cortile affacciano le camere del castello. Non solo l'esterno ma anche l'interno ha subito delle modifiche infatti perdendo la sua funzione di fortezza e residenza signorile è stato diviso in appartamenti abitati da privati.


CAMPOBASSO: CASTELLO MONFORTE

Colui che nel 1458 restaurò il castello, Nicolò Monforte, diede poi il nome alla fortezza. Osservandol'attualestruttura e stando a quanto scritto in una pergamena del 1375, si noti come l'edificio sia molto antico ovvero di epoca medioevale. Il castello ha una struttura molto complessa rinforzata ed ampliata dallo stesso Monforte fino ad occupare le pendici del monte.
Collocato a circa 750 mt. s.l.m sulla cima del monte, ha una pianta rettangolare; sui due lati è presente solo la cortina muraria priva di torri angolari.  Sugli altri due lati è possibile osservare delle torri angolari con basamento a scarpa e all'interno il mastio quadrato sopraelevato;
all'interno del castello vi si poteva accedere dall'ingresso posto sul lato verso la valle dotato di un ponte elevatoio; ora invece l'ingresso è stato spostato sul lato opposto; i merli invece fanno da coronamento.
Sull'ingresso dell'edificio è visibile lo stemma della famiglia Monforte che è identico sia a quello collocato su una delle porte urbiche dedicata a Sant'Antonio Abate e sia sul municipio.
Sullo stemma vi è rappresentata una cornice quadrilobota, uno scudo e quattro fiori

CANTALUPO NEL SANNIO: CASTELLO

Di questo castello non vi è quasi più alcuna traccia, se non gli avanzi delle cortine perimetrali che oggi accolgono un gradevole giardino dai maestosi e pluricentenari cedri. Sicuramente, come si riferisce nel Registrum di Pietro Diacono e nel Chronicon cassinense, Cantalupo era già fortificato con un castello nell’anno 1019 ed i suoi abitanti veneravano S. Andrea Apostolo nella chiesa a lui dedicata: abitatores infra finibus de Bulano in castello qui Cantalupo vocatur … et ecclesia S. Andreae de Cantalupo, territorio bovianense. Anzi, forse, un insediamento consistente doveva esserci già da qualche decennio prima se questo è il Cantalupo di cui si parla in un documento longobardo della fine del X secolo insieme a Caccavone e Agnone. Dai documenti normanni con l’elenco dei baroni sappiamo che nel XII secolo Guglielmo de Pesclo teneva in feudo Pesclum et Cantalupum per conto di Guidone de Guasto, e quindi dobbiamo presumere che una qualche struttura castellana dovesse essere ancora esistente. Poco si capisce dall’attuale impianto urbano quale sia stata la motivazione del suo nascere, ma sicuramente quel luogo ebbe una importanza strategica rilevante fin dall’epoca della riorganizzazione territoriale romana dopo la conquista del Sannio.



CARPINONE: CASTELLO CALDORA

Il paese è dominato dal trecentesco castello Caldora, di pianta rettangolare con torri cilindriche, fu costruito su un’impressionante burrone a picco sul fiume Carpino, tanto che risulta inaccessibile da ben tre lati, e ristrutturato più volte, tra cui nel XIII secolo e dopo il terremoto del 1456. La storia del castello è onorata dalla permanenza in esso di Alfonso d’Aragona, il quale fu ospitato dal capitano Antonio Caldora, proprietario del castello.


CAROVILLI: CASTELLO 

I resti del Castello di Castiglione di Carovilli si trovano su un dosso collinare dell’alta valle del Trigno nei pressi del vallone Pantano. Chiuso ad est della Selva di Castiglione e ad ovest del massiccio del monte Ingotta, la visuale è aperta a sud ovest verso Carovilli e il tratturo Castel di Sangro-Lucera.
Al vertice del colle si conservano resti delle mura perimetrali a scarpa di un piccolo fortilizio allungato in direzione nord-sud, direttamente impostato sul banco di roccia sottostante. All’interno, nella prima metà del XVIII secolo viene impiantata una Chiesa, come indica la data del 1720 riportata in un’iscrizione murata sul lato occidentale del campanile dell’edificio religioso.
Le strutture murarie del castello sono costituite da blocchi di calcare locale di dimensioni variabili, messi in opera con abbondante malta in filari piuttosto regolari. I metalli lapidei della fortificazione sono stati reimpiegati per la costruzione del successivo edificio religioso.

CASACALENDA: CASTELLO DI GERIONE

L’antica Gereonium era un abitato del popolo dei Frentani, a 200 stadi da Lucera (circa 42 km), ricordato da Livio e da Polibio durante le drammatiche vicende della guerra annibalica: il generale cartaginese riuscì a conquistarla nel 217 a.C., trucidandone gli abitanti e adibendola al magazzinaggio per il rifornimento delle truppe. Il sito è tuttora oggetto di discussione e dibattito.
L’identificazione e la denominazione risalgono agli inizi del Settecento, a seguito del rinvenimento di un sigillo di rame con la legenda «GERON †», nei pressi del castello. Le rovine  si pongono del tutto isolate e suggestive sulla cima di una collina a 616 m di quota, a lato della valle del Cigno, confluente nel Biferno, a metà strada in linea d’aria tra Casacalenda e Montorio. Si tratta di  un piccolo insediamento fortificato di aspetto medievale, menzionato da più documenti storici, compresi tra il 1172, quando viene citato per la prima volta, e il 1450, quando viene segnalato come deserto. Gli abitanti dei paesi limitrofi (Casacalenda, Morrone, Bonefro, Provvidenti, Montorio) riconoscono la loro origine dalla distruzione di questo castello, dovuta a un terremoto, e dalla diaspora dei suoi abitanti: Gerione si configura pertanto come un mito in questa regione.
L’interesse per il sito è stato rivitalizzato da M.T. Occhionero di Montorio, con la pubblicazione di un approfondito volumetto, Parco del Paesaggio Storico e Naturale “Castello di Gerione”, edito dal Comune di Casacalenda nel 2002. Il Comune acquisì allora l’area, proiettandovi il programma di un futuro parco archeologico e naturalistico, e in questo contesto opera il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna, conducendo campagne di ricerca che si svolgono regolarmente dal 2003 grazie al sostegno dello stesso Comune e, in particolare, della Comunità Montana “Cigno – Valle del Biferno”. L’esplorazione dell’insediamento è partita dalle fasi più recenti, quelle medievali, per poi man mano approfondirsi nelle stratificazioni più antiche.


CASTELPETROSO: CASTELLO

Il centro storico di Castelpetroso è un chiaro esempio di borgo medioevale composto dal castello, dalla Chiesa parrocchiale e dalle piazze che si snodano al suo interno. Un tempo per accedere al borgo si oltrepassavano tre porte: la porta del Parco, la porta Pipistrello e la porta Macchietelle.
Il castello veniva utilizzato come punto di osservazione militare dai Sanniti proprio per la sua posizione strategica; infatti si trova su una vera fortezza naturale. Dalla forma quadrata il castello si direbbe di origine normanna anche se fu edificato dai longobardi tra la fine del X secolo e gli inizi dell'XI. Oggi è possibile osservare solo alcuni degli elementi della fortezza ancora intatti come ad esempio l'antica forma quadrata, il mastio e al piano terra ci sono ancora due stanzoni che non hanno subito alterazioni nel corso del tempo.


CASTELPIZZUTO: CASTELLO BARONALE

Il paese ha il primato di comune più piccolo della provincia d'Isernia. Nell'antichità il borgo era denominato "rocca di pizzuto" ed era collocato nel mezzo delle montagne. Questo elemento ha portato sia a conseguenze positive che negative infatti per le prime si è assistito ad una conservazione del borgo medioevale con tutte le sue caratteristiche, mentre per il secondo si è avuto un fenomeno di esodo verso il capoluogo.
L’antica denominazione del borgo risale al periodo in cui il territorio era sotto il comando degli angioini, più precisamente quando Carlo Primo D'Angiò concesse il feudo al signore di Monteroduni, Tommaso D'Evoli.
Prima della riunificazione sotto Alferio d'Isernia, il feudo fu diviso fra tre proprietari. Quest’ultima durò fino al 1400 quando passò a Giacomo Gaetani. In seguito il possedimento passò nelle mani della famiglia Pandone e poi alla famiglia D’Agostino. Un membro di quest’ultima famiglia, vendette il feudo, nel 1575 compreso anche il castello, ai conti Terzi.
Fino al 1700 il feudo ebbe diversi proprietari, l’ultimo dei quali fu il conte Pasquale Terzi , il cui nucleo familiare oggigiorno risiede a Napoli. La collocazione degli elementi del castello fa pensare che si trattasse di una fortezza militare medioevale; infatti nell’edificio e’ presente una torre angolare la cui sagoma è cilindrica nel periodo rinascimentale fu trasformata in abitazione residenziale. Dall’edificio frontalmente e’ possibile osservare la chiesa del paese che si estende sulla piazza. La facciata originale non esiste più, infatti ha subito delle trasformazioni e sono state anche create delle nuove aperture. Il cambiamento è presente ovunque: al primo piano si apre il portone principale in pietra con un arco a tutto sesto; nella parte destra vi e’ un portone di dimensione più piccole che oggi rappresenta l’ingresso ad un’altra abitazione; al secondo piano, invece, sono visibili tre finestre che non hanno valore artistico.
Il palazzo oggi non è visitabile perché è un’abitazione privata. Purtroppo il paese è quasi disabitato e l’unica strada percorribile e’ quella che collega il paese a Sant’Agapito. Una forma di modernizzazione e’ data dalla presenza di uno stabilimento che si occupa dell’imbottigliamento dell’acqua minerale, realizzato grazie ai fondi della comunità dei pizzutesi residente in Canada.







CASTROPIGNANO: CASTELLO D’EVOLI   

Castropignano dovrebbe corrispondere per la sua ubicazione strategica all’antica “palombinum” che nel lingua sannitica significa fortezza. L’edificio fu costruito durante la dominazione longobarda invece nell’XI secolo fu fortificato e trasformato dai normanni.
Dal 1345 fino alla fine del XIX secolo la famiglia d’Evoli si impadronì di tutto il territorio di Castropignano compreso il castello e lo mantennero fino alla fine del XIX secolo cioè fino alla fine della feudalità. Furono proprio loro a progettare i primi lavori di trasformazione nel 1362 su proposta di Giovanni d’Evoli che riedificò il castello sulle strutture già esistenti. Successore di Giovanni fu Andrea che nel 1396 perse il feudo poiché considerato un ribelle dalle autorità di quel tempo, grazie ad Antonio d’Evoli la famiglia riuscì ad avere di nuovo la proprietà del castello.
Il personaggio senza dubbio più noto è Vincenzo d’Evoli a cui si deve la costruzione della Chiesa di Santa Maria delle Grazie ubicata a Castropignano.
L’ultimo intervento risale al 1683 ad opera del duca Domenico d'Evoli, ultimo erede della famiglia, verso la fine del XIX secolo la famiglia si estinse e il castello fu lasciato incustodito. Sul portone dell’edificio è ancora presente lo stemma della famiglia d’Evoli, circa la disposizione degli elementi dell’edificio stesso, sappiamo che oggi non gode dello stesso prestigio di un tempo al contrario a causa dei numerosi interventi è stata trasformata la struttura originaria.
Il castello è a pianta quadrangolare ed era caratterizzato oltre che da un cortile interno anche da numerose stanze che erano a disposizione per riporre gli alimenti oppure erano delle stalle per il bestame sulle quali si affacciavano degli appartamenti.
Stando ai documenti rinvenuti, un tempo il castello era dotato di una bellissima scalinata a due rampe corredata di una balaustra con colonnine in pietra. Il castello d’Evoli un tempo era anche delimitato da un fossato molto profondo, all’interno del quale vi furono costruite mura di cinta e due torrioni, dei quali uno serviva a difendere l’ingresso principale mentre l’altro era collocato nella zona dello strapiombo precisamente nella parte posteriore. In epoca attuale, del castello é rimasta solo l’imponente struttura esteriore ed di proprietà del comune di Castropignano.
Tra le numerose leggende legate al castello, la più nota é quella che assegnava alla fortezza 365 stanza da letto: in questo modo ogni notte i proprietari dormivano in una stanza differente.
Un altro aneddoto fa riferimento alla storia di una pastorella di nome Fata, che per fuggire alle avance del duca d’Evoli prese la decisione di gettarsi dal dirupo. La cosa misteriosa è che il corpo di Fata non fu mai recuperato.




CERCEMAGGIORE: CASTELLO

La fortezza è ubicata nella parte più alta del paese, nelle vicinanze della vetta della collina di Santa Maria a Monte. Questo castello baronale con molta probabilità risale al periodo in cui il territorio era controllato dalla popolazione normanna ossia tra il XI-XII secolo.
A questo periodo risalgono anche molte altre strutture fortificate in particolare situate nei centri abitati del Molise.
Il primo documento all’interno del quale viene citato il castello di Cercemaggiore è un atto amministrativo del 1309 appartenente alla famiglia Ferriero, vale a dire dei feudatari del castello. Grazie al ritrovamento di una lapide datata del 1332 è stato possibile venire al conoscenza del fatto che in quell’anno la fortezza fu sottoposta a delle fasi di restauro.
Due furono i motivi per il quale fu costruito il castello: il primo era per rifugiarsi nel caso di attacchi dei saraceni e in secondo per proteggere la strada che portava a sepinium.
Il castello non fu solo utilizzata per usi abitativi ma anche come sede per consentire lo svolgimento delle attività amministrative del feudo. Alcune delle stanze del feudo furono adibite dagli ufficiali della polizia a celle. Con il tempo però la fortezza cadde in rovina a causa dei numerosi passaggi di proprietà: la soluzione giunse con l’intervento di Padre Antonio Rocco che iniziò i lavori di ristrutturazione dell’interna struttura che terminarono nel 1954.
Il castello esternamente si presenta composto da un’ala collocata a nord-ovest e un prolungamento sistemato ad est che include le sale baronali e dei fabbricati secondari. Le prime sono ubicate al primo piano e conservano tuttora il caminetto, il baldacchino con quattro colonne in pietra e capitelli dalla copertura dorata, al secondo piano mentre vi erano le stanze destinate all’alloggio del personale di servizio. Nonostante le numerose trasformazioni il castello mantiene la propria forma irregolare comprese le mura al pianterreno, una torre tonda posta sull’angolo nord-ovest e sul lato orientale parte della cinta muraria.
Il cambiamento in palazzo signorile, ha comportato delle modifiche riscontrabili particolarmente nella facciata che si presenta composta da finestre che si susseguono con regolarità. Dell’impianto medioevale si conserva ancora il cortile interno ornato da un’ampia scala, la struttura è composta da un pianterreno e due piani superiori.
Per quanto riguardo il  pianterreno possiamo dire che esso è costituito da alcuni ambienti che presentano delle coperture con volte a botte in pietra, ed era adoperato come scuderia e deposito. Circa la scuderia al momento sappiamo che è stata trasformata in salone e conserva ancora la mangiatoia. Alla fortezza vi si accede dalla parte destra per mezzo di un portale molto ampio che conserva ancora lo stemma dei Doria sul quale vi è raffigurata un’aquila stilizzata. Al ponte lavatoio è possibile arrivare attraversando il cortile, grazie al ritrovamento di un documento è stato possibile ricostruire la storia medioevale del castello infatti in questo attestato vi erano elencati tutti i feudatari proprietari nel periodo normanno. La famiglia Carafa nel corso degli anni non ebbe più le forze per gestire e governare i loro feudi: il castello di Cercemaggiore fu donato da Carlo V d’Asburgo al generale Gonzaga precisamente nel 1532, solo nel 1566 i Carafa riuscirono a riconquistare questo feudo. Dai lavori di restauro sono venute alla luce all’interno della torre delle ossa relative a persone di età diverse che con molta probabilità furono vittime della polizia feudale. Attualmente sappiamo che il castello è stato riportato alla luce e inoltre è stato edificato un istituto per orfani dedicato alla “mater ophanorum” proprio all’interno del feudo mentre una parte del castello è stata comprata da privati.





CERRO AL VOLTURNO: CASTELLO PANDONE

Il Castello di Cerro al Volturno è situato sulla sommità di uno sperone di roccia, molto particolare, le cui mura sembrano ora emergere o affondare nella stessa roccia. Il complesso si trova non molto distante dalla più conosciuta Abbazia di San Vincenzo al Volturno, lo ricordiamo, distrutta dai saraceni nell'881 e poi ricostruita dai monaci benedettini circa quaranta anni dopo, quando tornarono anche a ripopolare il circondario. Le prime origini del castello risalgono alla fine del X secolo, durante la dominazione dei longobardi, ma l'assetto attuale è il frutto della volontà della famiglia Pandone, che attorno al Quattrocento ampliarono in maniera considerevole tutto il complesso.
Alcune modifiche furono apportate per meglio difendere il castello, come ad esempio la costruzione postuma delle bombardiere cosiddette alla francese, costituite da aperture di forma rettangolare che attraversano lo spessore delle mura nelle torri, sulle quali venivano posizionati i cannoni.
L'interno invece è stato più volte riadattato dai vari proprietari che si sono succeduti nel corso dei secoli, tanto da rendere ancor oggi difficile una ricostruzione seppur immaginaria e parziale di questi spazi; molto suggestiva è la stradina, fatta a gradini, che collega il castello con la parte antica del paese.
Ricordiamo infine, che agli inizi del 1700 il complesso feudale divenne proprietà della famiglia Carafa, mentre, gli ultimi proprietari del castello sono la famiglia Lombardi, i quali lo acquisirono nel secondo decennio del 1800.





CIVITACAMPOMARANO: CASTELLO ANGIOINO

Edificato su una massa di arenaria che si erge prorompente tra i torrenti Mordale e Vallone Grande, il castello di Civitacampomarano rappresenta un pregevole monumento dal grande valore storico. Probabilmente il castello fu costruito intorno al XIV secolo d.c., sotto la dominazione angioina (Carlo d'Angiò), anche se le caratteristiche architettoniche rimandano a una sua costruzione databile alla seconda metà del XIII secolo. E' a pianta quadrangolare, sul lato occidentale vi sono due torri angolari di forma cilindrica, sulla facciata principale c’è lo stemma della famiglia dei di Sangro.




CIVITANOVA DEL SANNIO: CASTELLO

Il castrum di Sprondasino compare in un documento del 1077, nella seconda metà del XII secolo un certo Matteo tiene il feudo di Sprondasino. Nel 1270 Carlo I d’Angiò concede Sprondasino a Guglielmo di Raifoso di Avignone e, nel 1272, a Guglielmo di Savors. Nel 1415 Sprondasino è feudo è feudo di Antonio d’Evoli, signore di Castropignano. Tra il XVI e XVII il castrum di Sprondasino viene abbandonato.
I resti sorgono sulla sommità di un piccolo dosso collinare alla confluenza del Trigno con il Verrino. La localizzazione del sito ha carattere essenzialmente strategico, in collegamento visivo con Bagnoli del Trigno e Pietrabbondante. Si tratta di una fortificazione a pianta trapezoidale completamente obliterata dalla vegetazione. Si conservano i lati settentrionale e orientale per un’altezza di circa 4 metri, così come l’apparato delle feritoie.
Nell’interno del castrum si distinguono diversi ambienti interrati. A mezza costa del colle rimangono anche i resti di un muro per circa 15 metri di altezza e circa 4 di lunghezza, ben visibile dalla statale fondo valle del fiume Trigno. Allo stato attuale delle indagini è possibile affermare che il grosso muro di mezza costa sia ciò che resta di una torre in difesa del castello ubicato al vertice.
Alle pendici del colle, sul versante meridionale, corrono il tratturo Celano-Foggia e due bracci tratturali, Castel del Giudice-Sprondasino e Pescolanciano-Sprondasino.



COLLE D’ANCHISE: CASTELLO

Al vertice del borgo attuale, restano le mura a scarpa del castello che copriva un’area trapezioidale. Il lato settentrionale e occidentale delle mura dell’edificio si conservano per circa 5 metri in alzato, il lato orientale è solo parzialmente riconoscibile nella fitta vegetazione boschiva che ricopre ciò che resta dell’intero edificio, mentre il lato meridionale è stato obliterato dalle abitazioni moderne. Inglobata nel lato occidentale invece, a circa metà della sua larghezza, è una torre semicircolare fortemente rastremata verso l’alto; la torre appare caratterizzata da una cortina di piccoli e medi blocchi calcarei posti in opera accuratamente. Il muro settentrionale, essendo in parte in fase di crollo, permette di leggere la tecnica edilizia: blocchetti ben lavorati di dimensioni variabili posti in filari piuttosto regolari foderano il nucleo cementizio, realizzato con frammenti e scarti lapidei di piccole e medie dimensioni legati con abbondante malta chiara. 



DURONIA: CASTELLO

La fortificazione di Duronia, che si trova sulla sommità di Civita a quota 925 s.l.m., presenta mura di circa 2 m. di spessore, con una cortina esterna di grossi blocchi di forma poligonale poco lavorati e una interna di blocchi più piccoli. Le mura, conservate per lunghi tratti nella parte occidentale, si vanno a collegare a tratti fortificati naturalmente da dirupi rocciosi o da pendii molto ripidi. Il perimetro è poco meno di 1 Km, con una superficie interna di 70.000 mq. È possibile scorgere, lungo il percorso, la presenza di una piccola porta che si apre frontalmente, larga circa 1 m. L'altura fortificata domina la valle del fiume Trigno e più da vicino quella del torrente Fiumarello, suo affluente, ai piedi settentrionali dell'altura corre il tratturo Castel di Sangro-Lucera.




FERRAZZANO: CASTELLO CARAFA

Sul lato sud-occidentale del paese è ubicato il castello Carafa, da questa area si aveva un controllo su tutto il territorio. Il castello si trova su di una piazza che collega tre strade principali che dirigono al borgo antico, il castello è stato testimone di vicissitudini personali e private che hanno nutrito leggende e racconti serbati con cura nella memoria popolare. Il castello fu edificato su una precedente fortezza, distrutta dal terremoto del 1456, alcuni resti di elementi architettonici del muro sono stati esaminati e si è ipotizzato che sulla stessa zona sorgesse una residenza feudale del periodo normanno, costruita nell’anno Mille.
Non essendoci documenti anteriori al 1400, non si hanno nemmeno notizie sul castello medioevale.
Le fonti datano la nascita del castello tra il 1494 e il 1505. Queste due date segnano il passaggio da fortezza medioevale a residenza signorile, la trasformazione fu opera di Gerolamo Carafa, il cui nome è inciso anche su una lapide collocata all’ingresso del castello. Scipione De Curtis nel 1619 si impegnò per realizzare delle opere di potenziamento dei torrioni nonché finanziò le ristrutturazioni successive alle rivolte popolari del 1646 e del 1713. La struttura attuale del castello è il risultato dei lavori eseguiti dopo il terremoto del 1805, tra le trasformazioni apportate al castello ricordiamo quella relativa al ponte levatoio. La piazza sulla quale è ubicato il castello, nel periodo medioevale ricopriva il ruolo di snodo per gli scambi commerciali, per le riunioni ed ogni altra attività specifica del luogo.
Il castello è a pianta poligonale irregolare e le sue mura sono state erette per essere coordinate alle peculiarità morfologiche del territorio, il portale d’ingresso presenta un balconcino ai cui lati si trovano due finestre di disuguali dimensioni.
Su due lati il castello ha due torrioni di forma circolare di diversa grandezza in riferimento all’architettura medioevale militare. In entrambi ci sono delle finestre e uno solo ha ancora la porta per accedervi, sul lato sud-ovest sono presenti anche due piccole torri squadrate, il castello all’esterno si presenta ancora come fortezza medioevale mentre all’interno ha le fattezze di una residenza signorile. Il cortile rappresentava un luogo di raccordo per le stanze del piano terra, destinate a magazzini e scuderie e conteneva la vasca per la raccolta delle acque, il pianoterra era adibito ai servizi mentre il piano superiore era riservato al Signore del palazzo. Il castello oggi è nelle mani dei privati, con un decreto del ministero dei beni culturali ed ambientali del 21 marzo del 1981 il castello Carafa è stato dichiarato di interesse particolarmente rilevante ai sensi della legge 1089 dell1/06/1939.



FORLI’ DEL SANNIO: CASTELLO

Nella seconda metà del XII secolo Forolum è feudo dei fratelli Oderisio e Trasmondo, il castrum Forunli è menzionato tra le terre cedute da Lucio III al Vescovo di Isernia Rainaldo e comprese tra il fiume volturno e il fiume Sesto e la terra di San Vincenzo. Dalla metà del XIV secolo il feudo appartiene a varie famiglie feudali, quali i Carafa, i Pandone, i Muscetta.
Il castello doveva sorgere sulla vetta del colle, dove un’area libera è definita da Via del Castello a nord e ad ovest e da Via Chiaia a sud. Ne resta il muro di contenimento, ristrutturato ed ampliato in epoche recenti. Il borgo, originariamente cinto da mura e di forma circolare, si estende sulla pendice settentrionale del colle.
 



FORNELLI: CASTELLO VECCHIO

Il nuovo paese è diviso dal borgo medioevale da spesse mura proprie del castello composto da centri abitativi eretti nelle zone limitrofe al palazzo Marchesale. Nel 1943 il castello fu incendiato dalle armate tedesche ed ha causato la perdita di molti documenti.
La porta di accesso al castello era raggiungibile per mezzo di un ponte levatoio al di sotto del quale si trovava un fossato che serviva per tutelare il castello dagli attacchi dei nemici.
La cinta muraria si presenta più articolata, dotata di torri con la funzione di vendetta con forma cilindrica e la base a scarpa. Il castello di Fornelli non presenta le medesime caratteristiche del maniero medioevale; è un semplice borgo medioevale composto case e Chiese delimitate dalle mura di cinta. All’interno di queste mura vi sono anche le sette torri risalenti al periodo normanno, due delle sei torri sono congiunte al palazzo marchesale ed altre connesse alle abitazioni invece nel torrione principale si apre la porta di ingresso al borgo. Il palazzo marchesale è importante perché rappresenta il nucleo intorno al quale si è sviluppata la fortezza, il palazzo è composta da una molteplicità di edificio, esso si sviluppa su due livelli: un pianterreno adibito a fornaci e il piano superiore riservato alla nobiltà.
Una parte di esso risulta più alta perché segue le linee della collina su cui è ubicata e quindi in quel determinato punto è più alta.
Esternamente vi è un’altra ala che fu utilizzata per molto tempo come ufficio del Comune nonché è denominata “alcova di Carlo III” per ricordare che qui vi dimorò Carlo III di Borbone nel 1744.




FOSSALTO: CASTELLO CASA BAGNOLI

Casa Bagnoli fu edificata nel 1809, come testimonia la data incisa su una lapide. L’edificio però sembra costruito su una struttura molta antica. Questo è confermato dal fatto che il magazzino della legna è composto da una serie di ambienti con archi a volte: la zona più vicina alle fondamenta è più antica con elementi di chiaro stampo medioevale.
Durante il periodo del colera il Cavalier Bagnoli che era sindaco del paese, accolse nella sua casa molti medici al fine di trovare una cura alla malattia e aiutare la popolazione ad affrontare il periodo di crisi. A questi medici fu concessa, nel 1893 la cittadinanza onoraria di Fossalto, per accedere in casa Bagnoli si attraversava un giardino, dopo aver oltrepassato la porta di ingresso, sulla sinistra si trovava il ripostiglio che fu successivamente trasformato in discoteca da un giovane della famiglia.
La ristrutturazione del pianoterra ha cancellato quanto rimaneva di antico, sono rimaste intatte solo le volte a botte, un mobile del fine ‘800, boccali e candelieri rustici e un letto intarsiato in madreperla. Il pavimento del secondo piano è in stile liberty con piastrelle dipinte, mentre lo studio presenta ancora degli oggetti preziosi. Due delle camere da letto affacciano sul giardino ed hanno le pareti del soffitto interamente affrescate, la camera da letto appartenente al Cavalier Bagnoli, ha un letto in ferro battuto ed ottone con lenzuola lavorate con la tecnica del tombolo molisano. Sul soffitto vi è un affresco che rappresenta una luna attorniata da stelle e sullo sfondo un panorama immaginario. Anche la seconda stanza ha le pareti dipinte ma questa volta il tema é il paesaggio del periodo invernale, nella casa sono inoltre conservate due lettere scritte da Garibaldi, donate ai Bagnoli da un loro amico giornalista.



GAMBATESA: CASTELLO

La fortezza è collocata sull'altura del colle Serrone, ai lati del centro storico e domina l’intera valle del torrente Tappino. Sullo sperone roccioso si erge la parte settentrionale del castello con le due torri angolari a base quadrata e la cinta muraria con un basamento a scarpa. La facciata è l’esito di lunghi lavori di rifacimento, tali da trasformarla da fortezza a palazzo residenziale, la facciata fu strutturata con un loggiato in pietra. Su questo lato ci sono due portoni di ingresso: uno che conduce al piano terra seguito da un corridoio mentre l’altro preceduto da una scalinata ci permette di accedere al piano riservato alla nobiltà. Il portale é in pietra e si presume sia stato realizzato intorno al XVIII secolo. Il primo piano è completamente decorato da un ciclo di affreschi del 1550, opera di Donato Decubertino (italianizzato in Donato da Copertino, proponendo di riconoscervi un riferimento ai suoi natali pugliesi) su commissione del feudatario Vincenzo I di Capua, duca di Termoli e conte di Gambatesa, con l’intenzione di voler celebrare la propria casata. Nella sala principale gli affreschi raffigurano le allegorie delle virtù del buon governatore quali la prudenza, la fortezza, la carità, la pace, la fede e la giustizia. Nelle due stanze laterali, invece, ci sono gli stemmi nobiliari, alcune pareti recano anche i dipinti di alcune vedute romane, con edifici romani di notevole importanza architettonica come il Foro Romano, il Colosseo e la Chiesa di San Pietro in Vaticano, la porta lignea che conduce nel salone è del cinquecento.



LIMOSANO: CASTELLO

Anche Limosano aveva un castello che sicuramente esisteva in epoca normanna, ma che molto probabilmente ripeteva una fondazione longobarda riferibile all’epoca in cui il nucleo ancora si chiamava Musanum. Un edificio fortificato che corrisponde all’attuale palazzo baronale il cui impianto quadrangolare, come nota Luigi Marino, aderisce nei caratteri generali ai modelli di residenza fortificata che sovente si è innestata, in tarda epoca, su preesistenti impianti fortificati.



LUCITO: CASTELLO

Il castello, costruito nel punto più elevato dell’abitato, ha perduto nei secoli l’aspetto di fortezza medioevale per assumere quello di palazzo residenziale, a pianta irregolare, oggi malamente conservato. E’ ancora ben visibile sul lato occidentale, la massiccia muratura a scarpa dell’edificio, al di sopra della quale si alzano tre livelli abitativi. Lungo questo lato un edificio centrale più alto si distingue dalle due ali laterali, aggiunte probabilmente in tempi successivi.




LUPARA: CASTELLO NORMANNO

Il castello domina la parte alta dell’abitato di Lupara, formatosi secondo un impianto urbanistico spontaneo definito ad avvolgimento, poiché segue le curve di livello della collina. La struttura fortificata si articola attraverso muratura scarpata, cantonali rinforzati e bertesca angolare.
Un portale a tutto sesto immette in un piccolo giardino pensile dal quale si accede agli ambienti più antichi della fortificazione, attualmente in rovina e privi di copertura.
I resti del castello si legano al complesso religioso adiacente e, particolarmente, alla torre campanaria.
La struttura castellana è stata molto trasformata attraverso le stratificazioni succedutesi nei secoli. In parte riutilizzate ad abitazioni, le stanze del castello sono ancora riconoscibili dalla muratura esterna, apparentemente povera, ma curata negli elementi caratterizzanti l’architettura. Tra le differenti tecniche costruttive, prevale la muratura costituita da forme diversificate di materiale lapideo, apparecchiate su ordinati filari paralleli, interrotti da numerose buche pontaie.



LONGANO: CASTELLO

Il castello di Longano attualmente si trova in uno stato di rovina, ubicato sulla sommità di una roccia, da alcune fonti é stato possibile apprendere che Longano esisteva già nel X secolo ed era appartenete alla contea di Bojano.
Il castello si ipotizza che facesse parte del sistema di “castrum” realizzato in epoca longobarda,  nel XIII secolo il castello acquisì le caratteristiche tipiche dell’architettura militare angioina.
La fortezza é collocata nella parte più alta del borgo medioevale, della sua originaria struttura difensiva ne rimangono alcuni ruderi resta visibile tra le due torri cilindriche la base del muro a scarpa. La parte più importante è quella relativa alla scoperta dei sottorranei, anche se non é possibile accedervi dato che la vegetazione ha chiuso l’entrata, al di sotto del castello si sviluppa il borgo caratterizzato da stradine e case, accostate l’una all’altra, che originariamente rappresentavano le “residenze” nonché le botteghe della gente che concedeva servizio ai feudatari.
E’ presente una strada maggiore che permette di raggiungere il castello lungo la quale si incontrano le parrocchia, lungo questa strada le case sono ormai in un pessimo stato.





MACCHIAGODENA: CASTELLO ANGIOINO

La fortezza è ubicata su un blocco roccioso di natura calcarea all’apice del colle così da non essere assoggettato ad attacchi esterni. La fortezza nel periodo longobardo aveva la funzione di controllo dei confini tra la contea di Isernia e quella di Bojano nonché del tratturo Pescasseroli-Candela.
A seguito degli eventi sismici, il castello ha subito ingenti danni per cui è stato sottoposto a continui lavori di ristrutturazione. Attualmente il blocco centrale si presenta irregolare ed è caratterizzato da torrioni circolari che danno ancora l'idea della fortezza. Alcune fonti attestano che proprio intorno al IX-X secolo al fine di controllare la piana di Bojano venne edificata una fortezza nei pressi dei valichi di Castelpetroso e Indiprete intorno alla quale si stava dando origine al primo centro abitativo. Dopo il terremoto del 1805, il castello fu migliorato con l’aggiunta di due torri snelle, esposte a sud nonché un grosse torrione volto a nord.
I due lati del castello collocati a strapiombo sulla roccia sono inaccessibili, in passato il castello era protetto anche dai merli, da un ponte levatoio e da un passaggio segreto; ora invece è una residenza fortificata, confermata anche dalla presenza di due serie di balconi, internamente vi sono ancora elementi architettonici del periodo rinascimentale e delle epoche successive.
Vi sono ampi saloni coperti con volte a botte affrescate, è presente una pinacoteca con lavori di Marcello Scarano ed una biblioteca nella quale sono custoditi dei testi risalenti al ‘500 ed è possibile consultare opere al completo di Giustiniano nonché la “Divina Commedia” commentata dal Vellutello. Il castello dato il suo valore storico-architettonica, è tutelata ai sensi della legge 1/6/1939 n°1089.
 



MACCHIA D’ISERNIA: CASTELLO

Il Castello di Macchia d'Isernia sorge proprio nel cuore dell'antico borgo medievale, con il suo visibile loggiato che affaccia sulla piazza principale del piccolo centro.
Anche tale castello, come la maggior parte di quelli molisani, costituiva una vera e propria fortezza del periodo normanno, sorta per difendere il territorio.
Il presidio medievale passò nelle mani di diverse famiglie, dai Normanni agli Angiò, dai d'Afflitto ai baroni Rotondi. Data importante però è il 1480, anno in cui il complesso fu completato fino ad assumere l'aspetto attuale.
Il castello presenta le tipiche pareti massicce delle fortezze medievali, anche se nel tempo ha perso il suo ruolo principale per trasformarsi gradualmente in una dimora residenziale.
Come già ricordato, il prospetto dell'edificio che domina la piazza è stato abbellito dalla loggia con archi a tutto sesto, in tutto sette arcate. La prima di queste fu ornata in periodo aragonese da una piccola loggia la cui copertura poggia rispettivamente su cinque piccoli archi.
All'ingresso principale si giunge attraverso un imponente portale che conserva i sostegni in legno sui quali in passato si reggeva il meccanismo del ponte levatoio.
Molto apprezzato è il cortile interno, di forma trapezoidale e lastricato con pietra di fiume, dal quale si accede agli ambienti del primo piano, con uno scalone rinascimentale che immette al piano nobile, riservato alla baronessa. Lo scalone presenta, nella copertura, il decoro della romanella, un tipico elemento architettonico composta a scacchiera.
Da visitare, infine, la cappella patronale, nella quale vengono ancora conservate reliquie di santi e documenti di notevole valore storico.
Alle spalle del castello si trova la Chiesa di San Nicola di Bari, dell'XI secolo. La chiesa conserva un bel portale di origine settecentesca, il campanile in pietra e una torre con feritoie, l'esterno è in pietra a vista con cantonali in pietra scalpellata.

MIRANDA: CASTELLO

Miranda sorge nella sella tra i due picchi montuosi: La Fratta ad ovest e Guardia ad est, in posizione di vedetta sulla valle dei fiumi Rava e Sordo, che scendevano verso Isernia. Del preesistente castello non rimane traccia, poiché i recenti restauri ne hanno stravolto l’impianto originario. Il borgo murato di tipo allungato reca i significativi toponimi di Portanova a su-ovest e Portella a nord-est.



MOLISE: CASTELLO

Le origini del castello non sono esatte, si pensa che la sua costruzione sia avvenuta in epoca longobarda per volere del bulgaro Altzeco. Probabilmente l'edificio originario aveva una forma pentagonale e vi si accedeva  tramite la Porta Grande, collocata sul lato est e, sul lato opposto, attraverso la cosiddetta Porta Piccola. Attualmente si accede solo attraverso un unico portale in pietra, che conduce al cortile, alla destra del passaggio c'è l'ingresso ad alcune stanze coperte. Dopo aver oltrepassato l'ingresso, troverete una scala che conduce ad una terrazza. Esternamente sono ancora visibili alcuni resti del muro di cinta e i resti di due torri angolari, il castello è stato restaurato tra il 1982 e il 1983 ed i lavori hanno interessato non solo il consolidamento della cinta muraria ma l'intero aspetto della fortezza che oggi è di proprietà dello Stato.



MONTAGANO: CASTELLO RURALE COLLEROTONDO

Quasi a cinque chilometri da Montagano, in aperta campagna e su una collina, è il castello romanico-normanno fatto, forse, edificare da Roberto Avalerio, signore di Matrice e di Collerotondo, secondo quanto risulta dal Catalogo dei Baroni del Regno di Napoli.Fino al '500, il castello rappresentava il cuore di cui un feudo appartenente ai Signori di Montagano e abitato da Slavi che ebbero le case distrutte dalle popolazioni vicine. L'edificio si erge su una roccia la quale strapiomba da un'altezza di una trentina di metri per tre lati, cioè a mezzogiorno, a ponente e a settentrione. Al lato di levante, che pianeggia dolcemente, si eleva la porta d'ingresso che si apriva sulla facciata del Castello e guardava il bosco del Barone, il quale faceva parte del feudo di Collerotondo. Davanti alla facciata ed alla porta c'era il fossato su cui si stendeva il ponte levatoio. Il castello, oggi, è stato riadattato in complesso rurale. La struttura, che consta di due piani, s'innalza circa metri quindici di altezza nei tre lati che poggiano sulla roccia e circa metri dodici sul quarto lato. Originariamente fortificazione è attualmente adibito a casa rurale.




MONTEFALCONE NEL SANNIO: CASTELLO

I documenti rinvenuti non forniscono notizie circa la data di edificazione della struttura né i suoi committenti, a seguito di un’analisi del palazzo, è stato possibile supporre che sia stato edificato intorno ai secoli XII-XIII.
Resta difficile stabilire con precisione quali furono i committenti della struttura, dato che le notizie che ci sono giunte sul paese in età feudale hanno inizio dalla dominazione normanna. Il castello è ubicato sulla cima del centro storico del paese, nel mezzo delle abitazioni, la facciata presenta il portale sormontato da una lavorazione in ferro battuto a raggiera nonché dei pesanti stipiti. La parte superiore della facciata accoglie una serie di finestre che conducono ad un ballatoio, delle quali una presenta uno stemma appartenente ad una delle tante famiglie che successero nella proprietà del palazzo. Dopo aver oltrepassato il portale, una galleria con copertura a botte dirige in un atrio, preceduto da un secondo portale dal quale si accede al palazzo.
L’ambiente interno non conserva alcunché di antico, poiché le molte stanze che lo componevano sono state abbattute per accogliere una casa di riposo per anziani. Della struttura originaria attualmente si conservano solo le mura a scarpa, una torretta e un giardino.


MONTENERO VAL COCCHIARA: CASTELLO

Del castello si conservano alcuni lacerti murari al vertice del colle del paese il quale, di forma allungata, è compreso tra via Portanova a sud e Via Corte a nord. Sul versante orientale è riconoscibile una torre semicircolare inglobata in abitazioni moderne.


MONTERODUNI: CASTELLO PIGNATELLI

Il castello, di origine longobarda, ha bellissime torri merlate che dominano la piana del Volturno.
Un tempo la struttura aveva un ruolo importante nel “contado del Molise” come luogo di controllo sulla via Latina. All’epoca sannita, nella zona ove oggi sorge il castello, vi era un nucleo abitativo. Le origini del castello, invece, risalgono al periodo longobardo, vale a dire quando la popolazione fu costretta ad arroccarsi per sottrarsi agli attacchi dei saraceni. La fortezza venne ampliata durante il periodo normanno, nonché consolidata con l’innalzamento di mura di cinta. Il castello è caratterizzato da quattro torrioni cilindrici sormontati, ai quattro angoli, da merli guelfi. L’intera struttura è difesa da una cinta muraria esterna, sul lato meridionale è collocata la porta d’ingresso che non corrisponde a quella originaria, da essa si può raggiungere il “viale Rampa” che dirige ad un piazzale sul quale affaccia un secondo portone che conduce all’interno.
Inizialmente la struttura era delimitata da un fossato e l’ingresso dal giardino all’interno era possibile solo dopo aver oltrepassato il ponte levatoio, all’interno del piazzale è presente la casa del fattore, che era adibita a stalla. Al di sopra del portone d’ingresso è collocata una balconata in stile rinascimentale, da questo portone è possibile raggiungere, mediante una scalinata, all’elegante loggiato del primo piano. Il primo piano destinato alla servitù era caratterizzato da ampie cucine, stanze fornite di forni e altri strumenti da lavoro nonché vi sono stanze che in passato erano delle cantine dove oggi è possibile ammirare grosse botti in legno. Dal loggiato si giunge alle sale del primo piano, in cui è presente la sala di rappresentanza, essa conserva sul lato lungo un camino in marmo, nonché ha una pavimentazione in cotto nel quale è stampato lo stemma della famiglia Pignatelli; il soffitto è interamente in legno affrescato da dipinti a tempera dai motivi cavallereschi.
All’interno di una delle torri è stata ottenuta una stanza da letto rivestita da maioliche decorate con lo stemma della famiglia Pignatelli. Le stanze ubicate al secondo piano sono collegate tra loro dal cammino di ronda che un tempo venivano utilizzate dagli abitanti del castello per gettare i liquidi bollenti sui nemici.



PESCOLANCIANO: CASTELLO D’ALESSANDRO

La fortezza si eleva su un colle sito a nord del paese a controllo della fondovalle Trignina, l’edificio fu costruito in tempi molto antichi si pensa addirittura al X secolo. La struttura originaria venne mantenuta sino al XIII secolo, vale a dire quando il feudo divenne di proprietà della famiglia Carafa, quando il regno passò a Francesco di Montagano il castello fu impreziosito con la costruzione di una cappella baronale. Il castello si presentava come un insieme di strutture non omogenee all’interno di un unico complesso, a nord-est vi erano collocati la torre-mastio, la torre cilindrica e una Chiesa, invece a sud-est vi era la struttura fortilizia.
La famiglia d’Alessandro che successe al potere del feudo iniziò lavori di ristrutturazione al fine di convogliare le diverse strutture in un unico blocco, Il mastio fu annesso alla struttura per mezzo di una scala; la Chiesa fu aggregata alla torre cilindrica per essere poi trasformata, nel 1628 in una cappella gentilizia. In origine alla fortezza si accedeva passando all’interno del borgo antico però nel 1691 fu deciso di edificare un ponte levatoio, tuttora esistente. Con l’avvento delle armi, la guerra non era più come una volta per cui la fortezza fu trasformata da castello a dimora signorile.
Il primo piano del mastio fu adibito come deposito della legna, nonché come cucina, invece, i due piani più alti furono diventarono stanze di abitazione dei nobili. Verso la fine del 1700, il duca Pasquale, fece affrescare l’appartamento ducale e rivestire in marmo i percorsi di ronda. La cappella gentilizia fu decorata con altari in marmo, ornamenti sacri e infine al suo interno fu collocata l’urna di S. Alessandro, l’edificio, a seguito di un forte terremoto, fu ricostruito e arricchito con la costruzione di un loggiato realizzato sul vecchio percorso di ronda. Il castello, a pianta esagonale, si eleva sul lato sud in quattro piani mentre sul lato nord-ovest in tre piani. L'unico ingresso attualmente esistente, é quello della guardiola, al di sopra della quale è collocato un balcone caratterizzato da cinque pannelli in pietra scolpita. Attraversando il cortile, si giunge al ponte levatoio che permette di accedere al mastio, unico elemento originario della fortezza.



PETRELLA TIFERNINA: CASTEL DI ROCCA

Le prime notizie sulla Rocca di Petrella risalgono alla metà del XII secolo quando era feudo in capite di Gentile Vetulo, che morì prima del 1170. Le tappe del successivo frammentarsi dei possessi di Gentile Vetulo e del subentrante Mareri, che divenne la più potente famiglia della nobiltà rurale dell’area, non sono molto chiare.
Nella seconda meta del XIII secolo Petrella, la cui Rocca fu presidiata a lungo da una guarnigione regia, fu tolta ai Mareri e concessa in feudo al provenzale Guillaume Accrochemoure, al quale subentrò Pietro Colonna. Nel 1295 Carlo II d’Angiò fece restituire il castello a Tommaso Mareri ed ai suoi fratelli e da quel momento Petrella tornò nella loro baronia, divenendone il centro principale.
Nella 1511 la Rocca fu protagonista di un grave fatto di sangue che riguardò la famiglia Mareri.
Il conte Gianfrancesco Mareri non aveva rispettato la promessa di dare in dote il castello di Staffoli a Giacomo Facchini che aveva sposato la figlia naturale del conte. Per questo motivo il genero si vendicò con l’aiuto di un servitore a cui Gianfrancesco aveva fatto uccidere il fratello perché sospettato di essere l’amante della contessa e nottetempo, entrato nella Rocca con più di duecento armati, il Facchini strangolò nel letto il conte e la contessa e fece uccidere tutti i suoi figli ed i suoi ospiti.
Dalla strage si salvò la sola figlia Maria Costanza, di pochi anni, che gettata dalla Rocca rimase fortunosamente impigliata con le vesti ad un ferro sporgente dalla stessa e recuperata successivamente dagli abitanti di Petrella. La signoria dei Mareri finì nel 1532, la Rocca di Petrella è anche legata indissolubilmente ad un altro tragico avvenimento, nel 1598, l’uccisione di Francesco Cenci ad opera di Olimpio Calvetti, castellano della Rocca, e di Marzio Catalano su istigazione della figlia Beatrice, amante del Calvetti. Il processo, celebrato a Roma sotto il Pontificato di Clemente VIII, vide la condanna a morte di Beatrice, di Lucrezia e di Giacomo Cenci che furono crudelmente giustiziati a Roma, presso Castel Sant’Angelo, nel settembre 1599.



PETTORANELLO DEL MOLISE: CASTELLO DI RIPORSO

D’altura e a controllo di un vasto territorio, si erge il castello di Riporso nel comune di Pettoranello di Molise. Il Catalogus ci riferisce che il castrum Erivorzam è tenuto da Bartholomeus filius Giroldi insieme a Santa Giusta, San Vito e Sant’Agapito.
In merito a questo sito va subito chiarita la sua posizione altamente strategica rispetto al territorio sottostante ed in particolare al controllo dei tratturelli di congiungimento al tratturo Pescasseroli-Candela. Situato ad una quota altimetrica di 550 m.s.l.m., l’insediamento si presenta in parte distrutto nell’alzato, tranne che nella parte sud-est  dove si conserva una cinta muraria turrita, in cui si notano almeno due fasi edilizie.
In effetti il primo impianto difensivo costruito da una torre circolare, poggia direttamente sulla roccia, compresa la prima cinta muraria in fase con la stessa torre. Unico esempio finora rilevato durante lo studio dei castra della provincia di Isernia è il fossato costruito a sud-est dell’insediamento, ottenuto scavando direttamente nel banco roccioso. Per quanto riguarda i materiali da costruzione, l’utilizzo esclusivo della pietra calcarea rende la struttura molto solida ed imponente. Pochi frammenti di tegole in terracotta sono state rinvenute durante la ricognizione topografica, inoltre va considerato che nella realizzazione delle coperture dei tetti spesso e volentieri venivano anche utilizzate le scandule in pietra calcarea, tradizione edilizia conservata ancora oggi nel Molise. All’interno del castrum recenti lavori per la realizzazione di una strada hanno messo in luce una grossa cisterna per la raccolta dell’acqua.
Il Castello Riporso per tipologia insediativa rispecchia molto la tecnica edilizia normanna e la sua funzione militare. Nel caso del feudo di Erivorzam lo storico canonico Vincenzo Ciarlanti sostiene che il nome del castello deriva dalla famiglia Ribursa, fedele a Corradino, coinvolto nella guerra contro Carlo I d’Angiò e che dopo la sua  sconfitta perse ogni suo possedimento, tra cui il castello Riporso. Il canonico riferisce che ai suoi tempi  l’insediamento era ormai diruto. Nell’ambito delle competenze territoriali difensive dei milites normanni è importante sottolineare come il sistema di fortificazioni del versante sud-est molisano era costituito dall’altro feudo di Pectorano, tenuto in demanio da Raul de Mulisio  insieme a castello Petroso. Non è un caso che un dei conti più in vista della nobiltà normanna detenga un feudo importante come quello di Pettoranello di Molise, centro a continuità di vita, cerniera di accesso al versante matesino attraverso la piana di Boiano,  e sito di importanza strategica per la Contea del  Molise.
Pettoranello di Molise riveste un ruolo primario nel controllo della viabilità d’accesso verso la Campania e la Puglia, costituita ad ovest dal tratturo Pescasseroli-Candela che attraversa interamente il suo territorio, e ad est dalla via romana proveniente da Isernia e diretta a Benevento.
La parte più alta del sito è occupata da ciò che resta di un castello, che ha subito nel tempo numerosi interventi edilizi. Non esistono elementi di valutazione archeologica tali da poter attribuire una fase normanna al castello, ma il dato certo è che un insediamento fortificato continui a vivere nel tempo fino ai nostri giorni, trasformandosi continuamente, mentre nel caso di Riporso nello stesso comune di Pettoranello di Molise il castrum viene abbandonato e termina la sua funzione difensiva ed abitativa. I sistemi fortificati normanni che rientrano nel territorio della provincia d’Isernia costituiscono un esempio di capillarità di torri e castelli che si collocano nella maggior parte ai confini della contea.
In effetti partendo dal limite occidentale della catena appenninica delle Mainarde, le fortificazioni si dispongono lungo una dorsale montuosa che costeggia i limiti regionali, formando quasi un cerchio difensivo dell’area. Il limite meridionale del sistema difensivo è costituito dal castello di Le Pentime, mentre già con il castello Riporso e Pectoranum si passa al controllo diretto della viabilità interna e di accesso all’area campana attraverso Bojano ed il Matese.


PIETRABBONDANTE: CASTELLO

Il castello dei conti Borrello era ancorato saldamente al più grande dei tre massicci, in posizione inespugnabile a dominio della valle del Verrino a nord e di quella del Trigno a sud. Di essa si conservano scarse tracce dei muri di cinta e di quelli relativi ad ambienti interni. Il toponimo “il Castello” col quale la possente morgia è conosciuta ancora oggi, offre la conferma dell’ubicazione della roccaforte dei Borrello. Sul versante nord occidentale del masso calcareo, nei pressi del viottolo che sale sulla vetta, esiste parte di un muro mancante nella parte centrale; è ipotizzabile che qui si dovesse trovare la porta principale di accesso alla fortezza borrelliana.



PIETRACATELLA: CASTELLO

I ruderi del castello, che un tempo dominava l’abitato di Pietracatella, emergono dalla viva roccia tufacea sulla quale è abbarbicato il paese e sono situati sulla quota più alta dell’area urbana. Si tratta di un insediamento fortificato in posizione strategica naturale in parte difeso dalla roccia stessa. Una posizione che permetteva il controllo diretto sulla Valle del Tappino nonché del tratto sottostante del tratturo Castel di Sangro-Lucera, la via di comunicazione che assicurava i collegamenti con la Capitanata. Ad un’attenta analisi del tessuto urbano, che segue l’orografia del luogo e delle persistenze di epoca medioevale il muro originario posto in cima alla roccia, cinto da mura e difeso da torri, intorno all’XI-XII secolo doveva essere compreso tra gli attuali vico Leonardo Mastro Michele e vico Monzillo racchiudendo all’interno vico Portella, vico Antonio Cardarelli, vico Iorio, vico Morinelli, e vico Forno 1° e 2°, con una fase intermedia che vide la costruzione della cosiddetta Porta Vecchia ora scomparsa. Delle mura e delle torri che dovevano costituire il primitivo nucleo di Petra restano solo alcune tracce ancora visibili. In Via S. Giacomo, infatti, prima di accedere alla scalinata che immette nell’area dove è costruita la Chiesa, è possibile notare sul lato di sinistra un avanzo di torre circolare mentre, alla parte opposta, inglobati alle case, i resti di una seconda torre, che probabilmente costituivano un primo complesso di difesa del castello.
In Vico Antonio Cardarelli sono visibili i resti di un torre minore a quella che doveva essere la primitiva porta di accesso al borgo. Non è da escludere che anche la torre, tuttora visibile, detta in gergo torretta, posta all’ingresso nord del paese, fosse parte integrante dell’antica cortina.



RIONERO SANNITICO: CASTELLO

Rionero è un paese che sembra aver perso il disegno del suo impianto urbano per una serie di modificazioni che in qualche modo rendono difficile capire la logica delle sue trasformazioni.
Il Castello evidentemente nasce da una esigenza strategica di controllare uno dei passi fondamentali tra la valle tirrenica del Volturno e quella contigua adriatica del Sangro.
Ha un impianto piuttosto semplice che sembra generato da una originaria torre quadrata che aveva la funzione di mastio di protezione ad una modesta articolazione di ambienti attorno ad una piccola corte interna. Del mastio rimane la struttura originaria che ancora tiene nella sua parte interrata un cisterna che raccoglieva con un sistema di canalizzazioni tutte le acque meteoriche.
I vari livelli sono ancora collegati da una pregevole, per quanto semplice, scala elicoidale tutta in pietra che molto probabilmente fu realizzata quando il maschio fu trasformato in una sorta di ingresso secondario con l’apertura di una porta a diretto contatto con lo spazio pubblico esterno.
L’ingresso principale doveva coincidere con quella gradonata che ancora sopravvive sul lato orientale e che permetteva di raggiungere direttamente il livello superiore del complesso.
Un grande ambiente parzialmente sotterraneo, con una volta a tutto sesto, permette di ipotizzare che al piano superiore si sviluppasse un salone che ebbe bisogno di un intervento di consolidamento mediante l’inserimento di due belle colonne che, essendo fin troppo raffinate per un ambiente sotterraneo, sembrano essere state prelevate da un altro luogo per essere utilizzate semplicemente come provvisorio sostegno della volta pericolante.
Ormai tutto è crollato, ma le parti sopravvissute sono costituite da elementi che comunque dovrebbero sollecitare un intervento di restauro che permetta di recuperare il senso delle sua storia.



RICCIA: TORRE DEL CASTELLO

Il Castello, da poco restaurato nei tratti che sono rimasti oggi visibili e che rappresentavano le parti ad uso militare, sorge sul limite di uno strapiombo roccioso. Alta quasi venti metri, ha pianta cilindrica e conserva sulla cima un coronamento di beccatelli in pietra. Il portale d’ingresso, ben visibile, porta ancora la scritta con il nome di Bartolomeo sulla lastra superiore ed i due stemmi, anche se in parte illeggibili.
All'interno si sovrappongono tre camere, oggi collegate da scale a chiocciola, ognuna con finestra quadrangolare. L'ingresso è invece raggiungibile grazie ad una breve scalinata in ferro. Particolare è il serbatoio per l'acqua, scavato interamente nella roccia sotto la torre, nella parte più profonda della quale sono conservati i resti delle carceri con relative camere di tortura. Accanto alla torre principale resta anche una torretta secondaria, a difesa dell'entrata e del ponte levatoio.
La torre principale aveva come funzione quella di vedetta, data la sua posizione dominante su tutta le valle, e costituiva il mastio principale del castello appartenuto ai di Capua.
Non si hanno date certe sulla costruzione del castello di Riccia, ma quasi sicuramente l'edificio risale, come tanti altri insediamenti difensivi molisani, all'epoca longobarda. I primi lavori eseguiti sulla fortezza risalgono al 1285 e furono voluti da Bartolomeo di Capua, feudatario angioino; nel 1515 invece il castello fu ristrutturato dal Principe Bartolomeo III di Capua.
Gli ambienti residenziali sono stati quelli maggiormente saccheggiati a partire dal XIX secolo, al fine di reimpiegare diversi elementi architettonici nelle vicine abitazioni del centro abitato. La residenza dei principi doveva essere molto confortevole e ampiamente decorata soprattutto dopo il periodo rinascimentale. Una ricca biblioteca, sale affrescate, mobili di pregio e ceramiche d'epoca. Il tutto abbellito da stoffe costose, dipinti di valore e caminetti con lastre in pietra locale scolpita.
Altro elemento che testimonia la grande accuratezza nella definizione dei particolari, tra l’altro inusuale nell’ambito di un edificio finalizzato ad uso militare, è la troniera che si apre verso Piano della Corte, nel torrione meridionale, ingentilita da decorazione presenti nei due conci che ne costituiscono gli stipiti laterali. La ricostruzione degli interni ci viene fornita dallo storico Amorosa, visto che il castello fu oggetto dell'odio distruttivo della popolazione riccese nel 1799, senza venire più ricostruito.




ROCCAPIPIROZZI: CASTELLO ANGIOINO

Nei Regesti Angioini del 1320 viene citata una località chiamata "Rocca Piperocii", da identificare senza dubbio con l'attuale centro fortificato. La rocca sorge al centro del paese e l'impianto perimetrale ha una forma irregolare condizionata dall'adattamento naturale dello sperone di roccia sul quale si sviluppa. La torre cilindrica costituisce l'elemento più appariscente del complesso difensivo e allo stato naturale, presenta alla sommità una corona di beccatelli sui quali poggiava un piano in aggetto per la difesa piombante. Questa prima fase si fa risalire agli inizi del XIV secolo, mentre a qualche decennio successivo risale l'incamiciamento turrito con la braga merlata, che ha la semplice funzione di antemurale della torre cilindrica detta "Maschio". Ciò si desume dall'assenza di pavimentazione e dalla presenza di feritoie e fori circolari per armi da fuoco, che si distribuiscono lungo il perimetro della cinta muraria. Una torre angolare su base scarpata è situata sullo spigolo meridionale della struttura e serviva da protezione laterale ad una porta secondaria. Dal piano di calpestio non era possibile accedere direttamente al Maschio, non essendo esistente alcuna apertura. Il collegamento avveniva con una scala retrattile esterna, che si univa ad un ingresso situato al livello del primo piano della torre. Un tempo la rocca, per la sua posizione geografica a confine del Lazio e della Campania, rappresentava il perno della difesa e del controllo del territorio molisano. Il castello di Roccapipirozzi è di proprietà del Comune che ha elaborato una proposta di restauro per il consolidamento della cinta muraria e la sistemazione dell'area circostante con percorsi pedonali e giardini.



ROCCAMANDOLFI: CASTELLO MEDIEVALE

Attualmente del castello Medioevale di Roccamandolfi sono visibili solo dei ruderi. La fortezza é ubicata sul monte che domina il paese, per cui due dei suoi lati hanno una forte pendenza verso la vallata, mentre, gli altri due si ergono su una parete rocciosa. Le sue mura sono dritte e interrotte da cinque torri per cui i progettisti sono stati costretti a creare delle mura verticali prive di fortificazione, le torri collocate sia a orientale che ad occidentale sono circolari.
Sulle mura vi sono dei fori che con molta probabilità sostenevano delle travi di legno utilizzate per la sua edificazione, La muratura, rivolta al lato dell’ingresso presenta anche delle finestre a feritoia.
L’ingresso del castello, collocato ad oriente, è preceduto da una scalinata e conduce all’interno di un locale rettangolare che si estende per metà dell’intero castello.



ROCCHETTA AL VOLTURNO: CASTELLO BATTILORO

Il castello Battiloro domina il borgo medievale di Rocchetta Alta, le sue origini si collocano intorno al XII secolo. L’abate Marino, dopo l'arrivo per la seconda volta dei saraceni, invitò alcune famiglie provenienti dalla sua città natale, Atina, ad insediarsi nelle terre di proprietà del Monastero, che prese il nome di Rocchetta Alta. Al castello si accede oltrepassando l'ingresso collocato vicino al vecchio Municipio di Rocchetta, le case del borgo erano costruite lungo il pendio della roccia per motivi di difesa. Il castello si restringe nella zona retrostante, per seguire anch'egli il pendio della roccia e termina con una torre circolare, l’ingresso vero e proprio è a sud in prossimità dello strapiombo roccioso inaccessibile al nemico, la porta di ingresso al giardino si trova invece sul lato orientale della fortezza e reca ancora lo stemma nobiliare. Il castello Battiloro si eleva su due piani ed è caratterizzato da stanze molto piccole che testimoniano come l’edificio abbia avuto sempre una funzione difensiva.



ROTELLO: CASTELLO O PALAZZO VECCHIO

Il toponimo di Rotello ( Lauritello, Lorotello, Rocellum) è strettamente legato a quello dei normanni conti di Loritello. Il centro abitato viene fondato da Roberto di Loritello nipote di Roberto il Guiscardo; nel 1060 la contea di Loritello si estende dal Fortore al Tronto. La scelta di Rotello per avviare la formazione della contea sembra avere uno stretto contatto con la contea longobarda di Pantasia della quale, pressappoco dalla metà dell’XI secolo, non si hanno più notizie. La sopravvivenza del toponimo si riduce ai pochi esempi del monastero di S.Elena a Pantasia e il casale Pantasia.
Il palazzo è posto nella parte mediana del paese, sul limite del nucleo abitato più antico. Si presenta come un edificio dai caratteri del palazzo nobiliare che si è sviluppato accorpando parti diverse. Elementi strutturalmente diversi, che pur a fatica sopravvivono, potrebbero essere riferiti ad un edificio più antico, forse, di impianto normanno. L’edificio attuale è caratterizzato da una facciata sulla piazza che presenta una forte scarpa e una torre angolare semicircolare in contrasto con le murature dei lati posteriori e nel cortile interno; su queste si riconoscono interessanti stratigrafie murarie. Tracce murarie significative sono evidenti in molti edifici del centro antico anche se non sembra ancora possibile riferirle ad epoca medievale.



SAN BIASE: CASTELLO SCOMPARSO

Oltre alle due torri laterali alla facciata anteriore del palazzo, lungo  le mura del borgo a forma di scuso, esistevano altre due torri che guardavano a nord e a sud, in corrispondenza delle porte d’interno dell’abitato. Il palazzo dopo la rivoluzione del 1799 fu più volte assalito dai briganti e messo a sacco e a fuoco. Dopo il rapimento e la fucilazione dell’ultimo Barone Francesco De Blasiis ad opera dei briganti, l’edificio in buona parte cadente, fu abbandonato e abitato in qualche vano ancora in piedi dagli ultimi eredi fino al 1848.
E’ divenuto nel tempo un mucchio di macerie, le cui pietre sono state utilizzate per la costruzione delle case circostanti.


SAN FELICE DEL MOLISE: CASTELLO

Il castello di San Felice del Molise, ubicato su di una collina, risale al periodo compreso tra il VIII e IX secolo d.C. Secondo una leggenda il castello fu abitato da una principessa di nome Cecilia, che morì a Roma. Negli anni successivi la struttura perì e sui suoi ruderi fu edificata la chiesa dedicata alla Madonna, l'area che delimita l'edificio è ideale per fare dei pic-nic grazie ad una fontanella e ad un parco giochi immerso nel verde.



SAN POLO MATESE: CASTELLO

San Polo, per il suo carattere di assoggettamento alla cattedrale, ha subito le stesse sorti feudali di Bojano con l’obbligo dei suoi feudatari di corrispondere annualmente alla mensa vescovile una sorta di risarcimento disposto da Alfonso d’Aragona a far data dall’usurpazione fatta da Francesco Pandone. In tal modo il pagamento di un canone garantiva al vescovo la conservazione dei diritti dominicali e del titolo baronale. Masciotta riferisce che dai documenti del 1738 risulta che il Principe di Colledanchise, feudatario di Bojano, pagava al vescovo il canone annuo di 50 ducati. Oggi del castello di S. Polo rimangono pochi ruderi ormai inglobati negli edifici che nel tempo si sono impiantati sulle strutture murarie sopravvissute. Non è facile capire da quel poco che rimane quale fosse il suo sviluppo planimetrico. Sul lato nord orientale del paese rimane una torre circolare nella cui base, mediante una breccia di epoca relativamente recente, è stato ricavato un passaggio. Sembra però che non si tratti di una torre del castello vero e proprio quanto piuttosto uno degli elementi di raccordo della cinta muraria urbana realizzata in quella parte del paese che era più vulnerabile. Ad essa dovevano attaccarsi, da un lato e dall’altro, due tratti di muro che costituivano parte della difesa che probabilmente conteneva una delle due porte. Quella che in genere viene definita come porta da capo, presumibilmente posta nelle adiacenze della chiesa di S. Nicola che, per essere dedicata al patrono della comunità, certamente è la chiesa più antica del nucleo.
Una seconda torre, invece, per essere stata trasformata in campanile della contigua chiesa di S. Pietro in Vincoli, probabilmente era parte del castello. Ciò che rimane di una base di torre circolare, sul lato sud occidentale, può in qualche modo farci ritenere che una delle facce del quadrilatero del castello corrispondesse in linea di massima all’allineamento dell’attuale facciata della chiesa di S. Pietro in Vincoli che, ovviamente, nel XIV secolo ancora non esisteva. Non solo le fonti, ma anche le sopravvivenze murarie sono avare di informazioni, sicché non rimane che limitarci a congetture per capire cosa sia accaduto al castello di S. Polo. Fino all’epoca di Enrico Pandone e dei suoi immediati successori, ovvero fino alla metà del XVI secolo una struttura di una certa consistenza doveva ancora sopravvivere se è vero che era sede di una capitaneria in cui si esercitava il mero e misto imperio, ovvero vi si amministrava la giustizia del suo territorio. All’epoca dei Pandone (fine XV e inizio XVI secolo) non sembra siano state effettuate trasformazioni particolari. I conti venafrani avevano trovato una struttura quadrangolare munita di almeno tre torri circolari la cui epoca di costruzione certamente non è anteriore al XIV secolo. Dunque l’impianto originario, o comunque la struttura dell’XI secolo, era sicuramente molto più semplice. Poco più di un quadrilatero privo di torri negli angoli.



SAN MARTINO IN PENSILIS: CASTELLO-PALAZZO

Il Castello di S. Martino in Pensilis a seguito di una serie di divisioni ereditarie e di trasformazioni architettoniche ha perso ormai i caratteri unitari di un edificio destinato a rispondere ad esigenze difensive, tuttavia il suo impianto ed il suo sviluppo volumetrico sono sufficienti a farlo individuare in maniera chiara nell’ambito di una struttura urbana che da tale castello risulta fortemente condizionata.
Nel XVI secolo, come si evince da una descrizione di cui si è persa la fonte, ma fortunatamente riportata dal Masciotta, era difeso ancora da un fossato per superare il quale ci si doveva servire di un ponte levatoio.
La particolare frammentazione della proprietà all’interno del poderoso volume non ci ha permesso di esaminare se all’interno dell’orditura strutturale ancora sia possibile individuare le fasi del suo sviluppo, tuttavia, seguendo la logica secondo cui i palazzi baronali (o ducali che dir si voglia) pur avendo i caratteri di recenti trasformazioni, nascono in sovrapposizione a precedenti strutture difensive, anche per il castello di S. Martino possiamo ritenere che il luogo del palazzo corrisponda a quello del nucleo fortificato più antico, perlomeno di epoca normanna.
Dell’esistenza di un castello, o comunque di un sistema adatto alla difesa dell’abitato, abbiamo notizia indiretta da una serie di documenti cassinesi.
Il primo è un atto riportato nel Registro di Pietro Diacono (L. IV, cap. 59) con il quale Girardo, abate di Montecassino, nell’anno 1115, concede una indennità per il vestiario necessario anche per le cerimonie dei monaci che vivevano in quei monasteri dipendenti da Montecassino situati nel territori della contea di Termoli. Tali beni che erano appartenuti al milite Oldiberto ed erano stati donati a Montecassino dal conte Roberto: Ego Giradus Dei gratia Cassinensis monasterii Abbas …. Concessi etiam ecclesiam S. Nicolai, quae est in castro S. Martini, cum omnibus, quae ad eam pertinent, cum hominibus, et terris, et universis rebus mobilibus, et immobilibus, sesque moventibus.
Un privilegio di Innocenzo II confermò quei beni a Montecassino nell’anno 1137. Tra essi anche ecclesiam S. Nicolai prope portam castri Martini in Pesulo che chiarisce che la citata chiesa di S. Nicola sia quella situata nel castro di S. Marino in Pensilis.
Anche in questo caso a noi interessa il riferimento all’esistenza di un nucleo fortificato munito di una porta pubblica accanto alla quale era edificata la chiesa di S. Nicola.
L’appartenenza di beni immobili di S. Martino alla badia cassinese deriva da una precedente donazione di Roberto conte di Loritello in occasione della sua permanenza a Montecassino nell’anno 1113.
Oggi in S. Martino non esiste alcuna chiesa dedicata a S. Nicola. E’ improbabile che possa trattarsi di una precedente intitolazione proprio della chiesa dedicata al santo titolare del nome del paese (che comunque non è il suo protettore) che si trova nei pressi della porta principale del nucleo urbano.
Il paese doveva avere almeno altre tre porte urbiche, di cui una nei pressi del castello, un’altra dalla parte opposta alla principale ed una quarta nella parte bassa del nucleo, verso la vallata. Proprio nei pressi di quest’ultima porta è oggi un’altra chiesa il cui titolo attuale potrebbe essere stato dato in occasione di una sua radicale trasformazione.
Dal Catalogo dei Baroni fatto redigere dal re normanno tra il 1150 ed il 1168 per una leva generale necessaria per formare una grande armata reale, sappiamo che un certo Dominus Americ Sancti Martini tenet Sanctum Martinum quod est pheudum duorum militum.
Null’altro si conosce di questo Americ, ma la cronaca cassinese ci riferisce che in quell’epoca S. Martino, situata nel Ducatus Apuliae, apparteneva alla contea di Loritello che dal 1155 era priva di conte proprio a seguito della ribellione di Roberto di Bansuvilla. La notizia è appena sufficiente per dedurre che S. Martino, nell’ambito di una realtà piuttosto misera, godeva di una certa importanza, se non altro perché la media delle contribuzioni delle comunità alla leva generale per l’esercito era di un solo milite, mentre S. Martino ne forniva due.
Sicuramente alla fine dell’epoca normanna il nucleo urbano conservava ancora una struttura castrense efficiente perché le cronache non segnalano assalti o episodi distruttivi.
L’8 gennaio 1198, alla morte di Celestino III fu eletto papa Lotario di Segni che prese il nome di Innocenzo III mentre da un anno, nel 1197, Errico IV era stato sostituito dal figlio Federico II di Svevia che, avendo solo tre anni, era affidato alla madre Costanza. In epoca sveva, come accadde per tutti i centri fortificati, il castrum normanno di S. Martino in Pensilis aveva perso la sua funzione difensiva nell’ambito della politica federiciana che prevedeva lo smantellamento delle difese locali per potenziare solo i castelli imperiali.
Era stato Federico II a dare realizzazione per primo, e in grande stile, al principio di non concedere in feudo una buona parte dei più importanti castelli, ma di amministrarli. Questo tipo di gestione fu continuato anche dagli angioini e Carlo I seguì i criteri di Federico nell’amministrazione delle fortificazioni che avevano una concreta importanza. Gli altri castelli, invece, rimasero assegnati in feudo proprio per la scarsa importanza che avevano sul piano economico e strategico. Alla loro riparazione dovevano provvedere tutti gli abitanti delle località circostanti secondo l’elenco riportato nello statuto sulla riparazione dei castelli del regno, seguendo una consuetudine amministrativa impiantata dai normanni. Già nel 1231, come riferisce Riccardo di S. Germano, esisteva un mandatum de reparacione castrorum imperialium e quindi, con gli angioini, si provvide solo alla sua conferma integrando i dati per i necessari aggiornamenti.
Nello Statuto per la riparazione dei castelli redatto intorno al 1270 vengono riportate le disposizioni riguardanti vari castelli della Capitanata e tra questi anche il castrum insule Tremitane (la fortezza delle isole Tremiti) cui doveva provvedere anche S. Martini impensulis, insieme alle altre comunità dei centri della costa più vicina: In primis castrum insule Tremitane reparari potest per homines Vene maioris, Vene de Causa, Roiari, Utimi, S. Martini impensulis, Campi marini, Porte Candoni, Loritelli, casalis S. Marie in Sacchono, Alarini, S.Primiani, Mondori, Corneti de Alareno, Olibuli, S.Iacobi de Silva, Guillonisiio, Pittacii, Montis Miculi, Bisacie et baronie sue, que est domini Riccardi de Anglona.
L’impianto urbano attuale non rivela l’esistenza di torri circolari che possano ricondurre all’epoca angioina una trasformazione muraria per una difesa attiva a mezzo di strutture aggregate alla linea muraria originaria, ma una sostanziale trasformazione dovette avvenire nel XV secolo pur se non appare con evidenza che siano stati fatti particolari adattamenti per resistere alle armi detonanti alla fine di quel secolo.
Dunque alla fine del ‘500 il castello ancora era munito da un fossato che lo circondava rendendolo interamente isolato dal resto del nucleo urbano, sebbene fosse attaccato alla cinta muraria preesistente.
I recenti interventi lo hanno completamente modificato e solo un rilevo sistematico potrebbe far capire quali trasformazioni abbiano preceduto o seguito la presenza dei duchi di Capua che lo tennero dal 1495 quando Andrea di Capua diviene titolare della contea di Termoli.
Di sicuro interesse, considerandoli per il loro carattere di reperto documentario, sono alcuni frammenti dell’antica struttura che, a causa delle integrazioni e sostituzioni lasciano anche dubbi sulla loro autenticità. E’ il caso della porta che si apre su Piazza della Vittoria sul lato occidentale, tutta in mattoni e munita di quattro sovrastanti caditoie poggianti su beccatelli. Il forte castello quadrato, con contromurali a scarpa, attaccato alle mura de dicta Terra che corrisponde al corpo di fabbrica che si affaccia su piazza della Vittoria potrebbe essere il nucleo originario, o forse semplicemente un torrazzo quadrangolare poggiante sull’impianto più antico del complesso fortificato, essendo evidente che le aperture terranee corrispondano a rifacimenti ottocenteschi.
Nulla rimane della cosiddetta sciulia, ovvero della rampa che permetteva ai carri di raggiungere il ponte levatoio che, presumibilmente, doveva appoggiarsi ad una spalletta successivamente sostituita dalla scalinata che si affaccia sul cosiddetto Largo Baronale.



SANT’AGAPITO: CASTELLO

Il castello, oggi malamente ridotto a palazzo ducale dopo le trasformazioni seicentesche, si trova all’entrata di S. Agapito, attaccato alla porta da capo, ed il suo fossato, da quando ha perso definitivamente la sua funzione difensiva, è stato colmato per farne una piazza.
Per entrare nella corte basta spingere un’antica porta foderata di ferro che sta sotto lo stemma barocco che ricorda che il suo anonimo titolare era un Caracciolo imparentato con i Galluccio. Il cortile interno ha il fascino dei signori decaduti ma non ancora rassegnati a perdere anche lo stile. Una torre circolare da una parte ricorda le trasformazioni angioine, mentre ciò che rimane di una fontana dall’altra suggerisce di dare una occhiata dietro una malandata porticina di quercia che era l’affaccio di una grande cisterna ridotta dal moderno acquedotto al ruolo di deposito di acqua stagnante. Ma il protagonista dello spazio è un possente leone che, con le sue dimensioni al naturale, sembra ancora pronto a ruggire nonostante gli acciacchi del tempo che si leggono sulle parti deteriorate del tenero tufo dal quale uno scalpellino regnicolo estrasse la forma.


SANT’ELENA SANNITA: CASTELLO

Il castello baronale di Sant'Elena Sannita è stata la residenza dei Conti e dei Signori del Paese, si erge nella parte più antica dell’abitato e fu edificato nel XV secolo.
Oggi si affaccia su piazza del tiglio all’estremità sud dello sperone, su cui si estende il nucleo abitato, frutto di molteplici modifiche, che trasformano la fortezza medievale in residenza castellana. A pianta quadrangolare l’edificio che si sviluppa su tre livelli, conserva le massicce mura perimetrali a scarpa con barbacani di rinforzo e un ampio cortile interno rettangolare. 



SESTO CAMPANO: CASTELLO DI ROCCAPIPIROZZI

Roccapipirozzi è una frazione di Sesto Campano e la sua fortezza è ubicata sulla cima di un’altura intorno al quale si snoda il borgo medievale. Durante la dominazione longobarda il feudo era di proprietà delle contee del ducato di Benevento per poi passare sotto il dominio normanno.
Agli inizi del 1300 il feudo fu assegnato a Andrea e Nicola Rampini ai quali successe la famiglia della Ratta di origine spagnola ospitati dalla sposa di Roberto d’Angiò, durante questo periodo alla fortezza vennero aggiunti elementi che la meglio fortificassero, si pensi alla torre circolare e l’apertura di ingresso, sopraelevato rispetto al piano di ingresso esterno. Con l'arrivo di Carlo III di Durazzo la famiglia Ratta perse il possesso del feudo. Nel 1465 il feudo passò a Diomede Carafa, conte di Maddaloni, nel 1569 Giambattista Carafa vendette il feudo a Isabella di Lannoy.
Il figlio di quest'ultima a sua volta lo vendette a Filippo Spinola alla cui famiglia rimase fino all'abolizione della feudalità, il castello a differenza delle altre fortezze molisane non venne trasformato in dimora signorile, al contrario fu lasciato in uno stato di abbandono. La fortezza nonostante avesse solo la funzione militare nel corso degli anni accolse anche la popolazione del borgo che vi si rifugiava in caso di bisogno, la struttura ha la forma di un triangolo isoscele perché durante la sua edificazione fu adattato allo sperone roccioso sul quale si erge. Le sue mura a scarpa sono arricchite da merli nonché vi sono profonde feritoie e piccoli fori per l’utilizzo di armi da fuoco, la torre cilindrica centrale detta “maschio”, risale al XIV secolo e presenta alla sua sommità una corona di beccatelli. Dato che non si sono tracce di gradini si pensa che alla fortezza vi si accedeva da una scala di corda retrattile, altro elemento importante è la torre angolare che serviva da protezione laterale ad una porta secondaria della fortezza. Intorno al castello si snoda il borgo medievale caratterizzato da case serrate tra loro con stradine strette, nella roccia originariamente era stato ricavato un percorso segreto che permetteva di raggiungere la fortezza dal borgo.
Il 13 di giugno in occasione della festa di Sant’Antonio Abate il borgo di Roccapipirozzi si popola di gente come nel giorno 16 Agosto durante i festeggiamenti di San Rocco.



SPINETE: CASTELLO O PALAZZO MARCHESALE

Si pensa che l'edificio un tempo era un fortilizio edificato dai normanni e che solo con il passare del tempo ha perso la sua funzione difensiva per essere trasformato in una residenza signorile. Nel 1805 a causa del terremoto ha subito ingenti danni per cui la struttura fu trasformata.
La struttura che ci è pervenuta ai giorni nostri è di forma quadrangolare caratterizzata da una interessante corte interna delimitata su un lato da arcate a sostegno di un loggiato. Alla destra del porticato nella parte alta é visibile un lastrone in pietra sulla quale è scolpita la figura di una sirena con doppia coda. Il lastrone con molta probabilità risale al XV-XVI secolo, sfortunatamente l’edificio è stato abbandonato per cui il suo aspetto è pietoso anche se è uno dei pochi simboli dell’architettura normanna.




TERMOLI: CASTELLO SVEVO

La fortezza è ubicata nel borgo antico ed è parte essenziale del sistema difensivo sia della città di Termoli e sia dell’intero territorio limitrofe. L’imperatore Federico II di Svevia intervenne sulle fortificazioni del regno di Sicilia, per evitare possibili attacchi lungo la costa ionica e adriatica, da parte dei turchi e dei veneziani. La struttura presenta una pianta quadrata con base a scarpa per tutta la sua altezza, assumendo quasi un aspetto tronco piramidale, gli angoli del basamento si ampliano nella parte superiore in quattro torri a pianta circolare. La piattaforma ha funzioni di scarpata intorno alla torre che si erge nella parte centrale chiudendo con una rifinitura a mensole triangolari adatte a tenere su un corridoio.  
I muri sono robusti e caratterizzati da piccole aperture che successivamente vennero ampliate per divenire delle grandi cavità utilizzate per inserirvi le armi da fuoco, gli angoli della struttura hanno una peculiarità ovvero sono tutti orientati verso i punti cardinali. L'originaria parte centrale grazie all’intervento di Federico II venne ampliata e decorata, a seguito del terremoto del 1456, la fortezza venne restaurata ad opera di Ferdinando I d’Aragona.



TORELLA DEL SANNIO: CASTELLO MEDIEVALE

Le poche fonti scritte attestano che già nel 1266 esisteva un feudo denominato “Turella” di cui faceva parte anche un castello, raggiungibile mediante tre porte, la data di edificazione della fortezza non è indicata nei documenti, ma si pensa che risalga al 1150, indicando la presumibile origine normanna.
Nel 1566, il paese fu colpito da un terremoto che causò la distruzione della parte ovest del castello.
Nel 1805, il paese fu nuovamente vittima di un terremoto che provocò questa volta la distruzione totale della fortezza, ad eccezione delle quattro torri. Durante il periodo rinascimentale, l’edificio subì delle trasformazioni a livello architettonico, tra cui ricordiamo quella relativa all’allargamento delle aperture esterne mediante la creazione di balconate, collocate a sud e ad est della struttura stessa. Il castello presenta una pianta trapezioidale dai lati irregolari, l’altezza e la forma circolare delle tre torri ubicate agli angoli del castello, fanno pensare alla classica architettura del periodo angioino. Le mura perimetrali dell’edificio sono molto solide tali da raggiungere alla base l’ampiezza di circa due metri, la struttura della fortezza nonché le torri che la circondano sono interamente in pietra.
Le quattro torri non hanno la medesima forma, infatti tre di loro seguono un modello circolare mentre una sola ha la forma quadrangolare. Attualmente, il castello ha assunto più le sembianze di una residenza signorile che quelle di una fortificazione medioevale. La struttura centrale è formata da una base rettangolare e da un corpo superiore: il piano riservato alla nobiltà presenta esternamente una balconata con ringhiera, che nella parte finale sfiora la cornice della facciata sottostante. La facciata principale presenta una porta d’ingresso, delimitata da una cornice in pietra e lateralmente vi sono due finestre, in corrispondenza di quest’ultime ci sono altre due aperture a mezzaluna. Allo stesso modo della struttura centrale, anche le torri presentano delle porte d’accesso e delle finestre che sono orientate verso l’esterno, internamente il castello si compone di tre piani; di cui il piano terra è caratterizzato da un atrio che permette l’accesso a due sale adibite a deposito nonché vi è un’altro corridoio che conduce ad un ingresso secondario e alla cucina. Il piano superiore è caratterizzato da un soggiorno, una cucina ed altre sale adibite a differenti usi.
Infine il terzo piano include numerose camere, nonché una cucina e un accesso al giardino pensile del castello. Gli ampi saloni all’interno dell’edificio sono decorati da soffitti con volta a crociera; vi sono anche arredi pregiati in stile Luigi XIV e un camino, una parte della fortezza é abitata da Leonardo Cammarano, figlio della pittrice Ciamarra, all’interno della struttura ricordiamo che é presente anche una biblioteca composta da 10.000 volumi.



TRIVENTO: CASTELLO DUCALE

Il palazzo Colaneri é collocato nei pressi della Cattedrale, data la scarsità dei documenti non sappiamo con certezza la data di edificazione del palazzo. Analizzando però le sue caratteristiche architettoniche si pensa che la fortezza sia stata costruita intorno ai secoli XIII-XIV secolo.
La struttura è in pietra e presenta delle alte mura di cinta, che un tempo avevano funzione di difesa.
La sua pianta é irregolare e si eleva su due piani.
La complessità dell’edificio dimostra che la sua costruzione è avvenuta in più periodi e che le sue parti sono state aggiunte in più periodi. Il palazzo ha due ingressi: uno a destra collegato ad una stradina che conduce alla zona posteriore dell’edificio; e una a sinistra, dal quale si accede all’interno della struttura. Internamente, il palazzo é stato vittima di molti interventi restaurativi volti a cancellare i suoi caratteri residenziali, adibendolo a carcere, visibile nella suddivisione dello stesso in tanti ambienti con inferriate nonché sprovvisto di arredi e saloni tipici di una residenza.
Il solo ambiente in cui sono presenti ancora delle tracce del passato, é il salone collocato al piano superiore, il cui soffitto e affrescato.

 

TUFARA: CASTELLO LONGOBARDO

Il castello del Paese fu edificato nell'XI secolo nella parte più alta del paese, la struttura poggia su una roccia di tufo per cui assume la forma “a fagiolo”. I lati del castello presentano cortine murarie a scarpa, invece sulle pareti esterne vi sono delle piccole fessure la cui funzione è incerta.
Alla struttura si accede mediante un solo ingresso caratterizzato da un portale con arco a tutto sesto, oltrepassato l'ingresso, bisogna salire una scalinata. Molto importanti sono le cisterne scavate nel tufo a pianta quadrangolare che assicuravano l’approvvigionamento idrico in caso di assedio della fortezza, ben conservata è anche la zona adibita a deposito e cucina, attualmente è di proprietà comunale.




VASTOGIRARDI: CASTELLO

Vastogirardi si sviluppa a ridosso di una collina al cui vertice sorge il castello. Questi doveva presentarsi come un'autentica cittadella nella quale avevano sede le funzioni di governo, sia civile (il palazzo del feudatario), sia religioso (la parrocchia), rappresentando così il centro dell'agglomerato urbano. Il castello non si riduce però solo all'edificio di culto e alla residenza baronale, ma comprende anche diverse abitazioni e la piazza centrale. Non va dunque inteso nel significato di un unico manufatto, come è nell'uso corrente, ma nel senso di recinto che racchiude un nucleo edilizio (da castrum). È proprio questa la particolarità del castello di Vastogirardi, borgo all'interno di un borgo più grande.


VENAFRO: CASTELLO PANDONE

Il castello è collocato nella zona nord-est della città e venne edificato edificato sui resti di opere murarie risalenti al periodo pre-romano. Nella seconda metà del IX secolo esisteva già una struttura difensiva, nella seconda metà del X secolo si verifica un vero e proprio incastellamento, tra il 961 e il 968 la costruzione originaria è stata elevata.
La parte più antica della struttura è il mastio, totalmente diverso per forma e posizione dai torrioni.
Nel 1138 il castello ha subito ingenti danni causati dall'attacco operato dalle truppe di Ruggero II di Altavilla, nel 1270 Rrubino De Veris trasformò la fortezza in ostello, mettendola a disposizione della monarchia.
Nel 1288 il castello passò da statale a feudale, nel 1443 il conte di Venafro, Francesco Pandone, modificò la fortezza in dimora signorile, intervenendo anche con opere di rinforzo a carattere militare. Alla morte di Pandone, i successivi feudatari lasciarono in stato di abbandono la fortezza.
Nel 1600, i sotterranei dell'edificio furono adoperati come carceri, per coloro che attendevano il giudizio, nel XIX venne destinato ad uso privato e separato in appartamenti agresti.
Il castello riacquistò splendore durante la seconda guerra mondiale, recuperando la sua primordiale funzione difensiva.  Il castello é a pianta quadrangolare, caratterizzata da quattro strutture ubicate intorno ad un cortile rettangolare, di cui tre sono rotondi, mentre il quarto é quadrato ed ha la funzione di mastio. La costruzione originaria, doveva essere a pianta quadrangolare, priva di torri e difese, fornita solo di una cinta muraria, gli ampliamenti successivi, consistettero anche nella creazione di un ponte levatoio e di un fossato, nonché di muraglioni larghi con feritoie e merli.
Intorno alla metà del XIV secolo, furono inserite due torri cilindriche, dalle quali si aprivano due corridoi diretti a difendere il fossato, all’interno dei percorsi vennero scavate dodici feritoie al fine di utilizzare le armi a getto. Il mastio si eleva su tre piani comunicanti tra loro mediante botole e scale levatoie, il pianterreno ospita la sala d’armi e i locali riservati al corpo di guardia. Il primo  piano era abitato dal padrone e dalla sua corte, l’ultimo piano era utilizzato come base di vedetta e di difesa, molto importanti dal punto di vista artistico sono gli affreschi e gli stemmi che adornano il piano nobiliare. La tecnica utilizzata per queste vere e proprie opere d'arte consisteva in un veloce disegno preparatorio che veniva stuccato in altorilievo e successivamente dipinto ad affresco.
Ciascun cavalli rappresentato nella maggior parte degli affreschi é contraddistinto dalla propria sella e contrassegnato dallo stemma di Enrico Pandone.
Interessante é anche la sala del teatrino dove nel 1700 venne creato sia un falso palcoscenico che un finto sipario, ai cui lati vennero rappresentati due putti nell’atto di reggere un velo gonfiato dal vento.

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