martedì 27 settembre 2016

MAPPATURA DELLE CHIESE DEL MOLISE: Parte I









ACQUAVIVA COLLECROCE: CHIESA DI S.MARIA ESTHER

L'unica Chiesa all'interno del paese di Acquaviva Collecroce è Santa Maria Esther, ubicata in maniera baricentrica rispetto all’abitato ed in modo tale che il paese sembra essere stato edificato intorno ad essa. La costruzione di questo edificio venne finanziata dall'Ordine di Malta che si avvalse del lavoro degli abitanti di Acquaviva, come viene ricordato dallo stemma dell'Ordine posto al centro del bel portale in pietra lavorata sormontato da un'epigrafe che recita:
D.O.M. AEDEM HANC PENE LABENTEM RUINAEOUE PROXIMAM POPULARIUM PIETAS A FUNDÀMENTIS A.D. MDCCXV
"L'affetto dei popolani ricostruì dalle fondamenta questa Chiesa, quasi cadente e prossima a rovina, nell'anno 1715".
Fino a poco tempo fa erano collocate sui muri esterni della chiesa alcune vestigia antiche, tra cui un'epigrafe con il palindromo SATOR in versione speculare. Attualmente queste antiche testimonianze si conservano all’interno dell’edificio.
Come sia finito "esposto" il SATOR su di un lato della chiesa di Santa Maria Ester ad Acquaviva Collecroce non è possibile appurarlo. Non si conosce la provenienza originaria, non si capisce il perché di questa presenza e, tra l'altro, non si conosce l'effettivo significato di questo "Quadrato Magico". Inoltre la scultura appare grossolana, con un fregio che richiama alle forme di pesci ed il disegno a lato del quadrato infinito realizzato in maniera molto approssimativa. 
Tra le interpretazioni del palindromo dalle cinque parole, SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, qualcuno allude ad un significato religioso connesso al Paternoster e quindi all'uso come simbolo identificativo da parte dei primi cristiani. E' da tener  presente che alcuni palindromi sono stati ritrovati nella dissepolta Pompei, giusto a testimoniarne l'antichità. 
Tralasciando quindi i vari studi interpretativi che per secoli hanno cercato un significato nelle cinque parole scolpite nella pietra e presenti in diversi luoghi disseminati in tutta Europa (Inghilterra, Francia, Spagna, Italia fino all'Ungheria), il "Quadrato Magico" doveva rappresentare un simbolo, un segnale particolare per manifestare una funzione svolta "in loco". Su questa base è possibile formulare un'ipotesi sulla presenza del palindromo ad Acquaviva che ci riporta indietro, in quei territori, all'epoca della dominazione normanna.


ACQUAVIVA D’ISERNIA: CHIESA DI S.ANASTASIO MARTIRE

A S. Anastasio Martire è dedicata la Chiesa di Sant’Anastasio, situata al centro del borgo antico di Acquaviva d’Isernia, e con la sua bellissima scalinata porta all’ingresso principale.
La costruzione di questo importante luogo di culto risale all’XI sec., i cittadini di Acquaviva in occasione della festa del Santo Padrone usano invitare parenti e amici per partecipare fin dalla prima mattinata ai festeggiamenti religiosi e folkloristici.


AGNONE: CHIESA DI S.FRANCESCO

La Chiesa Parrocchiale di San Francesco è la Chiesa maggiore della città di Agnone. Essa ospita l'Ordine dei Frati Minori Conventuali nel convento attiguo, nonché il "Museo del libro permanente", contenente importanti incunaboli e manoscritti medievali.
L'architettura originale della Chiesa era tipicamente gotica, come l'interno, trasformato in maniera barocca. La facciata è molto semplice, costituita da un rosone altrettanto modesto. Elemento architettonico di rilievo è l'antico portale a sesto acuto. Un'enorme cupola circolare, con tetto dipinto di verde smeraldo, sovrasta la cattedrale, affiancata dal massiccio campanile quadratico scandito in tre livelli, l'ultimo dei quali arricchito da un orologio per ogni lato, e da una gabbia in ferro battuto contenente le campanelle che suonano l'orario.
L'interno è a navata unica, con un soffitto a cassettoni in legno, raffiguranti scene del Nuovo Testamento. L'altare, dedicato a San Francesco d'Assisi, ospita una copia del Crocifisso di San Damiano.
All'interno della Chiesa vi è anche parte del convento, trasformato oggi in un lungo chiostro quadratico, e in un piccolo piazzale con una fontana in pietra. Il resto del convento ospita il Museo del Libro Permanente.

AGNONE: CHIESA DI S.MARCO EVANGELISTA 

La chiesa di San Marco Evanglista è la Chiesa madre di Agnone, l'edificio religioso  fu costruito nel XI secolo e consacrato nel 1114. La sua denominazione è attribuibile alle origini venete non solo della chiesa ma di tutto il paese di Agnone. Costituito da una sola grande navata, presenta sfarzosi altari barocchi di fattura locale. In sagrestia sono conservati l’antico archivio parrocchiale, che contiene i registri dei battezzati dell’intera città a partire dal 1600 e l’importantissimo Ostensorio-Reliquiario in argento e smalti, capolavoro dell’oreficeria locale di fine quattrocento.

AGNONE: CHIESA DI S.NICOLA

E' un edificio molto antico datato X secolo stando a quanto scritto in una pergamena conservata a Montecassino. Della sua classicità rimane ben poco perché è stata soggetta a diversi restauri che nel complesso l' hanno modificata. La facciata si presenta semplice nei suoi lineamenti; sul portale è stato effigiata una tiara e le chiavi di San Pietro Apostolo con sopra incisa una iscrizione. Dal campanile è possibile ammirare l'intero paese e rimanere suggestionati dal panorama che offre. All'interno invece la Chiesa si presenta ad una sola navata costituita da due altari in legno intagliato scolpito da artigiani agnonesi.


AGNONE: CHIESA DI S.EMIDIO

La Chiesa di Sant’Emidio in Agnone, splendida testimonianza dell’arte scultorea agnonese del XIV secolo, è senz’altro uno degli edifici religiosi medioevali più belli e interessanti del Molise.
Un culto per S. Emidio nella città di Agnone è attestato già a partire dal XIII secolo, quando gli abitanti delle civitelle dovettero ricostruire le loro case distrutte dai continui terremoti, erigendo il nuovo paese e votandolo a Sant’Emidio, tradizionalmente il protettore dei pericolanti.
Al corpo di fabbrica originario, nel 1443 vennero aggiunte altre sezioni in stile gotico, dono di alcuni mercanti ascolani che si recavano ad Agnone per commerciare tessuti. Il meraviglioso portale è la testimonianza più evidente di questo rimaneggiamento, ed è il prodotto artistico degli abili scalpellini agnonesi. Sempre sulla facciata, è presente una croce stazionaria settecentesca in pietra, posta su una colonna ottagonale sistemata su un capitello trecentesco capovolto. All’interno della Chiesa, è possibile osservare il notevole altare in legno decorato da finissimi intagli, e la cena degli apostoli costituita da tredici statue in legno pregiato.




AGNONE: CHIESA DI S.AMICO

Con molta probabilità la Chiesa fu fatta edificare nel periodo in cui al trono vi era Federico II e fu voluta per onorare l'abate di San Pietro Avellana, ovvero Sant' Amico.
Per capire meglio questo, è importante citare il motto gesuita inscritto sul portale: ad maiorem dei gloriam. Al suo interno è stata recuperata una tavoletta in argento che il popolo chiama la pace di Sant'amico risalente al 1520 sulla quale è raffigurata la scena in cui Gesù ormai deposto dalla croce viene commemorato dalla Madonna ed è circondato da tre Marie e i dodici Apostoli.
E' possibile osservare l'altare maggiore custodito da una porta d'argento laminata di oro zecchino. Fra le numerose statue ricordiamo quella raffigurante San Rocco. La chiesa è dotata di uno splendido organo plurifonico che subì le fasi del restauri dopo trent'otto anni.


AGNONE: CHIESA DI S.CROCE

La Chiesa fu visitata da San Giovanni da Capestrano che giunse ad Agnone per tentare di ripristinare la pace tra due frazioni politiche in lotta tra di loro.
Sul portale sono stati incisi tre teschi mentre su quello centrale una croce che simboleggia la vittoria della vita eterna sulla morte. All'interno è possibile visitare i due confessionali in noce; al di sopra sono state poste due tele in cui è descritta la scena del ritrovamento della croce e il momento in cui fu adorata dalla regina Elena. Al lato sono visibili due altari in legno in stile rococò e al centro due dipinti: su di uno sono stati dipinti i ritratti di San Giovanni da Capestrano e San Bernardino da Siena, mentre sull'altro dipinto è raffigurato il momento in cui la Madonna libera le anime del purgatorio. Oltre che sugli altari i dipinti sono presenti anche sulle pareti della cupola. Oggi la Chiesa è la sede della confraternita dei morti.


AGNONE: CHIESA DI S. ANTONIO ABATE

La Chiesa di Sant'Antonio Abate risale al XII secolo e presenta un interno riccamente dorato con altari, argenti e dipinti del XVIII secolo, oltre ad un coro ligneo e ad un organo in legno finemente intarsiato. L'imponente campanile, elemento di maggior richiamo visivo del paese, è il più alto della città.

BAGNOLI DEL TRIGNO: CHIESA DI SAN SILVESTRO PAPA

La Chiesa di San Silvestro Papa si trova nella parte antica di Bagnoli del Trigno, sul contrafforte roccioso che domina la cosiddetta "Terra di basso".
Fu costruita nel XIII-XIV secolo ed è stata più volte danneggiata da terremoti e restaurata.
La sua caratteristica è quella di essere letteralmente incastrata fra due speroni di roccia, che lasciano visibili solo le pareti laterali. Il portale di ingresso si apre infatti sulla parete laterale destra, rivolta verso il centro abitato. Il campanile, caratteristico per la sua copertura "a cipolla" realizzata in maiolica colorata, è costruito sullo sperone che sorge acconto all'abside.
Il portale ha su ognuno dei due lati tre colonnine tonde: su ogni lato la più interna è liscia, quella centrale è decorata con un motivo tortile e quella esterna presenta una decorazione a spina di pesce. Le tre colonnine terminano in alto su un capitello decorato con un volto umano fra motivi floreali.
Sopra il portale, sollevata da un architrave, una lunetta semicircolare riprende all'interno le decorazioni delle colonnine e presenta all'esterno una cornice decorata con una pianta stilizzata che nasce dalla bocca di una testa umana sulla sinistra e termina in un'anfora sulla destra.


BAGNOLI DEL TRIGNO: CAPPELLA DELLA MADONNA DI VALLEBRUNA

Questa struttura religiosa fu costruita da Fabio Sanfelice per l'apparizione della vergine e dei pastorelli. L' 8 settembre ricorre la festa.

BARANELLO: CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO

Di origini molto antiche, fu purtroppo rasa al suolo dal terremoto del 1805 e pertanto ricostruita secondo il progetto dell’architetto Musenga, autore di quello della cattedrale del capoluogo di provincia. L’edificio fu consacrato nel 1818. La facciata, di impianto neoclassico, è tripartita mediante quattro grosse colonne tuscaniche; sulla facciata si aprono tre portali corrispondenti alle altrettante navate interne, suddivise da colonne di ordine ionico; non vi è la presenza del transetto.  All’interno si custodiscono due tele seicentesche del pittore Francesco Inchingolo, raffiguranti una la Strage degli Innocenti e l’altra l’Adorazione dei Magi; sono preziosi anche altri dipinti, ivi conservati, che si rifanno per la gamma cromatica e l’uso della luce e per il panneggio e l’utilizzo del chiaroscuro all’opera del Caravaggio e a quella del Solimena. Nell’Ecce Homo, posto nella navata sinistra, sul predominio delle gamme fredde di un intenso azzurro, risalta vivida una luce dagli accenti caravaggeschi. L’altra tela, che le è di fronte, la Madonna Addolorata, dal volto pervaso da un’espressione soprannaturale che si accompagna con il movimento delle mani.
Altri dipinti sono riferibili alla scuola seicentesca napoletana, in particolare la Pietà esposta nella navata destra, attribuibile secondo alcuni a Giovanni Battista Caracciolo detto il Battistello, come l’Immacolata Concezione e San Francesco di Paola.
A queste opere di grande pregio si sono aggiunti, dopo la fine della seconda guerra mondiale, anche i dipinti del pittore molisano Amedeo Trivisonno. Quest’ultimo ha realizzato nella cupola la figura di Cristo, l’Eterno Benedicente e San Michele che scaccia il diavolo, mentre nella lunetta a sinistra della cupola il pittore ha realizzato il Cristo Crocifisso.
 Nella zona presbiteriale, emerge l’Ultima Cena, sempre del Trivisonno, mentre sulla parete destra del presbiterio è raffigurata l’Assunzione della Vergine, e su quella sinistra l’Ascensione di Cristo.


BARANELLO: CHIESA DI SAN BIASE O CONFRATERNITA DEL SS. ROSARIO

La Chiesa di San Biase o Confraternita del SS. Rosario nel 1980 fu ricostruita, su progetto dell'architetto Giuseppe Barone, essa fu edificata sui resti di una preesistente antichissima chiesetta, nelle adiacenze della centrale Piazza S. Maria, oggi è retta dalla confraternita del SS. Rosario.


BARANELLO: CAPPELLA RURALE DI SANTA MARIA AD NIVES GIA’ S.MARIA A MONTE

La data di costruzione  della chiesetta rurale, in località “Cappella”, risulta incerta. Sicuramente la Chiesa è antecedente all’anno 1547 e con buona approssimazione affonda i suoi natali nel 1200. All’interno si trova una  lapide datata 1743, quale riporta la consacrazione della chiesa sotto il nome di Beata Vergine Maria a Monte, da parte del vescovo di Bojano, Domenicantonio Manfredi, che concedeva 40 giorni di indulgenza a tutti i pellegrini che l’avessero visitata il giorno 5 agosto, festa della Madonna della Neve.
La Chiesa sembra essere appartenuta al Capitolo di Benevento dal 1808, così come comprovato da una dichiarazione del vescovo di Bojano risalente all’anno 1855, depositata presso l’archivio di stato di Campobasso. Da tale prezioso documento si evince, inoltre, che la chiesa fu completamente distrutta dal terremoto dell’anno 1805 e qualche anno dopo ricostruita dal popolo Baranellese.
Lateralmente all’edificio si trova un antico tiglio il cui tronco presenta una profonda fenditura, dove secondo antichi racconti sarebbe apparsa la Madonna della Neve in occasione di una copiosa nevicata estiva.
La piccola struttura è situata a circa 670 m. sul livello del mare in un’area collinare che concede al visitatore un panorama incantevole sulla valle del fiume Biferno da dove inoltre si scoprono circa una decina di piccoli paesi molisani, il massiccio del matese fino all’appennino abruzzese.
La chiesetta presenta una pianta rettangolare divisibile in due volumi di cui uno principale contenente la navata centrale. La navata centrale è costituita da quattro campate, mentre quella laterale comprende tre campate della stessa grandezza. La struttura del tetto, a due falde, presenta una capriata in legno sulla navata centrale e semplici travi in legno sulla navata laterale.


BELMONTE DEL SANNIO: CHIESA DI SAN ROCCO

Nella Chiesa di San Rocco la cappella è collocata in prossimità del centro abitato e all’interno è custodita una statua in gesso del santo mentre quella lignea è ubicata nella chiesa matrice.
La costruzione risale al 1848 ma inizialmente veniva utilizzata per la sepoltura dei morti; la stessa funzione era riservata all’annessa fossa del  cimitero retrostante ma solo fino ai primi del Novecento, epoca in cui un’epidemia la volle riempita di cadaveri fino all’inverosimile. La Chiesa custodisce al suo interno le spoglie di buona parte della famiglia Lemme, in particolare quelle di don Giandomenico.  


BELMONTE DEL SANNIO: CHIESA DI SAN SALVATORE

La Chiesa fu riedificata nel 1865, dopo la demolizione del vecchio edificio pericolante e caratterizzato da numerose e vistose crepe sia sulla cosiddetta “volta” che nelle mura. L’appalto dell’opera fu affidato a Fagnani Nunzio e figlio Carlo di Pescopennataro, esperti costruttori ed abili stuccatori, che portarono a termine la costruzione nel giro di un anno e completarono gli interni negli anni successivi.
L'edificio sacro, oltre alle periodiche manutenzioni, è stato oggetto di un sostanzioso intervento di ristrutturazione negli anni 1959/60, che più che altro consistette nella realizzazione del nuovo pavimento in sostituzione di quello in lastre di pietra arenacea grigia; furono eliminati, inoltre, i sei altari laterali (di San Michele Arcangelo, della Concezione, di Santa Lucia, di San Rocco, di San Giuseppe e di S. Antonio da Padova) e la balaustra che delimitava il Presbiterio e, ancora, si ebbe il restauro degli intonaci e degli stucchi rovinati.
La struttura è caratterizzata da una pianta rettangolare oblunga a semplice navata, con volta a botte lunettata, con fronte principale a capanna inquadrato in semplici modanature riepiloganti una stilistica ispirazione rinascimentale. I resti di un corpo di fabbricato, che le si affiancano in corrispondenza dell'abside, conservano elementi di un arco ad ogiva che fanno datare anche l'originario impianto della Chiesa all'età angionia.
L'attuale configurazione planovolumetrica denuncia una sostituzione edilizia avvenuta presumibilmente a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, ulteriormente modificata dai restauri del 1805. All’esterno della Chiesa si può ammirare l’imponenza del campanile in pietra. La Chiesa è stata sempre intitolata al S.S. Salvatore sin dalle sue origini, che si fanno risalire molto probabilmente al secolo decimo.
All’interno della Chiesa, sono presenti  nicchie laterali ricavate nella muratura che  vedono collocate le statue lignee dei santi. Il presbiterio e' sopraelevato di un gradino rispetto alla zona destinata ad accogliere i fedeli.
L'altare maggiore accoglie il tabernacolo con un affresco raffigurante “La Trasfigurazione” ed in adiacenza le nicchie della Madonna del Rosario e di San Nicola di Bari. Sul presbiterio troviamo anche due altari minori, il primo di destra per chi entra accoglie la statua di Sant'Antonio Abate, mentre quello di sinistra custodisce la statua di Sant'Anacleto.
Negli anni Ottanta invece  sono stati eseguiti interventi di consolidamento e di rinforzo strutturale delle pareti.


BOJANO: EREMO DI S.EGIDIO

Situato sul massiccio del Matese a quota 1025 metri s.l.m. fa parte della parrocchia dei santi Erasmo e Martino in Bojano.
L'edificio consiste in una Chiesa annessa a quella che oggi viene definito rifugio, ma in realtà altro non è che l'antico piccolo cenobio costruito con funzioni di eremo e di ricovero per viandanti che, specialmente nel medioevo, seguivano le strade montane colleganti i due versanti del massiccio del Matese. Si ritiene che l'origine dell'eremo risalga al IX secolo ad opera dei Cistercensi o Templari. Ma nel corso dei secoli non ci sono altre notizie. I restauri fatti nel 1995 hanno portato alla luce l'abside che confermerebbe la datazione dell'edificio ad un periodo compreso fra i secoli IX e X.
Nel passato, da testimonianze certe, si sa che vi hanno vissuto uno o più eremiti.
La tradizione popolare bojanese vuole che S. Egidio sia vissuto qualche tempo sul luogo alimentandosi del latte di una cerva. La statua di S. Egidio che è all'interno della chiesa così presenta il santo eremita.
Il complesso dell'eremo oltre la Chiesa, la sacrestia, comprende anche un rifugio, ultimamente restaurato, che può accogliere un numero considerevole di persone che vogliono sostare qualche giorno; un'ampia tettoia circonda sui tre lati il fabbricato. 


BOJANO: CHIESA DELLA MADONNA DELLA LIBERA

A 3 Km. da Bojano si trova la borgata di Castellone dove nel 1870 sui ruderi di una cappella presistente fu edificata la nuova chiesa della Madonna delle Libera. In passato dipendeva dalla parrocchia SS. Erasmo e Martino, però a partire dal 1960 è diventata autonoma.

BOJANO: CHIESA DI SAN MICHELE

La Chiesa di S. Michele si trova lungo la strada che da Bojano conduce a Civita. La Chiesa di antica origine costruita con materiali di spoglio provenienti da un mausoleo romano. Sotto il pavimento c'è un'antica cripta dove si trovano i resti mortali di molte persone.
La dedicazione a S. Michele Arcangelo, culto di epoca longobarda, ne fa ipotizzare la presenza, almeno come cappella, sin dal periodo alto-medievale.

BOJANO: CHIESA DI SAN MARIA DEI RIVOLI

La Chiesa, così chiamata perché sorta sui numerosi rivoli che sporgono dal sottosuolo, fu costruita sui resti di un tempio pagano dedicato a Venere, impiegando materiale proveniente da edifici di epoca romana (1000). E' la più antica di Bojano e, nel 1324, dipendeva dalla Chiesa Madre del comune di San Lupo, in provincia di Benevento. Dal 1091 in poi fu denominata anche S. Maria dei Vivari, in relazione all'uso dei monaci di allevare pesci di acqua dolce, per ovviare all'uso della carne in Quaresima. Nel Catasto Onciario del 1744 è chiamata Grancia del Monastero di Montevergine. Distrutta dai vari terremoti e ricostruita più volte, la Chiesa attuale risale alla seconda metà dell'Ottocento.
Al suo interno si trova la statua raffigurante l'Assunta, opera del Colombo, acquistata a Napoli da don Francesco Diamente che istituì pure la processione del 15 agosto (atto del 1828).


BOJANO: CATTEDRALE DI SAN BARTOLOMEO

La data di costruzione dell'edificio è controversa; la Chiesa fu poi consacrata nel 1215, ma in seguito al terremoto del 1456 fu demolita e ricostruita; ingenti danni furono subiti anche a causa del terremoto del 1805. L'edificio ha subito alterne vicende anche durante la seconda guerra mondiale, i cui bombardamenti risparmiarono il presbiterio e il campanile. Quest'ultimo costruito nella seconda metà del XIII secolo, dal vescovo Palmierus.

BOJANO: CHIESA DI SAN BIAGIO

La Chiesa è anche chiamata San Biagio della porta perchè situata vicino alla porta est della cinta muraria medioevale oppure San Biagio degli albericis che era l'antico patrono.
La Chiesa ospita tre manifestazioni: il 3 febbraio viene praticata l'unzione alla gola dei fedeli; poi viene svolta la festa di Sant'Antonio e nell'ultima domenica di Giugno si svolge la processione del cuore di Gesù.
Nel 1573 la chiesa di San Biagio era incorporata nella parrocchia di San Bartolomeo da cui fu separata solo nel 1670 divenendo a sua volta parrocchia. Subì dei leggeri danni a causa del terremoto del 1805.


BOJANO: CHIESA DI SS. ERASMO E MARTINO

La Chiesa, inserita nel cuore del paese, presenta al suo interno testimonianze del medioevo e dei periodi successivi. Faceva parte del convento di Santa Chiara, andato distrutto durante il terremoto del 1456, di cui vi resta poco.
La Chiesa è già citata in numerosi documenti nei Registri Gallucci, mentre il Convento di Santa Chiara, alla Chiesa adiacente, è citato in atti di vendita della metà del XIV secolo.
Probabilmente l'edificazione della chiesa risale al XIV secolo; è possibile ricercare nell'edificio elementi che risalgono ad un periodo più antico, forse appartenenti ad un edificio sacro precedente. Nel 1820 venne smantellata un'altra Chiesa, intitolata a San Martino, distrutta dal terremoto del 1805, e aggregata in quell'anno alla chiesa di Sant'Erasmo che prese quindi il nome di entrambi i santi.
La facciata è intonacata con colore chiaro e solo la zona del portale presenta pietre lasciate a vista. Il portale ad arco ogivale è decorato con foglie d'acanto, mentre i capitelli sono ornati con teste antropomorfe; l'arco poggia su due colonnine tortili.
Nella parte superiore della facciata vi è la presenza di sei finestre, mentre nella parte inferiore ci sono tre bifore, all'interno di una delle quali vi è un altorilievo di un uomo, che ha nelle mani una corda.
I resti dell'antico convento di Santa Chiara sono stati inglobati nell'attuale Episcopio, che sorge sul lato sinistro della chiesa; a ridosso della navata destra sorge il campanile. L'interno suddiviso in tre navate, anche se con molta probabilità in origine era un'aula unica. La zona presbiteriale è leggermente rialzata, rispetto all'aula; tre finestre decorate con vetri policromi permettono alla luce di illuminare la zona presbiteriale. L'interno dell'edificio è decorato con affreschi quale l'Adorazione dei Magi e la Madonna con Bambino, risalenti entrambi ai secoli XVI - XVII. Il fonte battesimale è databile al XIV secolo. Una curiosità riguarda lo spazio che si trova a sinistra dell'ingresso principale, utilizzato in passato come riparo per i cavalli e per la carrozza dell'Episcopio. La Chiesa dei SS. Erasmo e Martino ha subìto nei secoli numerosi interventi di restauro. La causa principale di questi interventi è da ricercare nei molti eventi sismici che si sono succeduti nella cittadina molisana. Con i lavori di restauro eseguiti nel 1960 l'edificio ha subìto la trasformazione che ne ha definitivamente stravolto la struttura originaria, attraverso la divisione in tre navate. Nel corso degli stessi lavori furono smontati l'altare del '700 e la balaustra ed eliminate le due cappelle laterali intitolate al SS. Rosario e a S. Rita.


BOJANO: CHIESA DI SANTA MARIA DEL PARCO

La Chiesa fu fondata con molta probabilità nel XIII secolo mentre il suo attuale portale è quello della Chiesa di Santo Spirito risalente al 1200.
Nel 1517 fu fondata la relativa confraternita che dal 1607 si chiamò dell'Immacolata Concezione e gestiva l'ospedale ed i beni di chiese in disuso. Secondo quanto scritto nei registri della confraternita la Chiesa di Santa Maria del Parco fu aggregata alla Chiesa dello Spirito Santo.


BONEFRO: CONVENTO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

Originariamente il Convento di Bonefro era situato nel piano della fontana ed aveva il titolo di S. Maria delle Grazie. La primitiva fondazione si può far risalire al XVI secolo: essa era ubicata tra la Fontana della Terra e la Fontana dei Ciechi e andò in rovina nel 1702.
I nuovi edifici furono ricostruiti utilizzando i materiali di quello precedente, nella posizione urbana che ancora oggi occupano, alla sommità di una collina che domina tutto il vecchio centro abitato. I lavori furono terminati nel 1716. Nel 1736, nel giardino che si trova in mezzo al chiostro fu costruita una cisterna. Successivamente fu edificato anche il campanile. Incorporata al Convento era la Chiesa di S. Francesco. La vita monacale cessò nel 1809, successivamente l’edificio divenne di proprietà comunale e fu adibito a diversi scopi, tra cui caserma militare, carcere civile, scuola pubblica, attualmente a Museo Etnografico, il piano superiore a ostello, e per l’allestimento delle mostre. L’annessa Chiesa di San Francesco, invece, è stata interessata da un intervento di consolidamento da parte della Soprintendenza BBAASS del Molise nel 1989.

BONEFRO: CONVENTO DI SANTA MARIA DELLE ROSE

La Chiesa è di origine romanica, trasformata in stile barocco, presenta oggi una facciata completamente ricostruita nel 1853. L'interno è suddiviso in tre navate, che culminano su un pregevole altare maggiore in marmi bianchi e policromi con intarsi, bassorilievi e altorilievi. È uno dei più importanti altari della diocesi di Larino.
All'interno dell'edificio è conservata una statua lignea dello scultore campobassano Paolo Saverio Di Zinno; di scuola napoletana sono invece le tele presenti nel coro quali la Madonna del Rosario, Cristo Morto e la Madonna con il Bambino. Notevole è un ostensorio del 1740 in argento cesellato, realizzato da un artista napoletano.

BONEFRO: CHIESA DI SAN NICOLA

Non si conosce l’epoca esatta della fondazione della Chiesa di San Nicola o cappella di San Nicolò, patrono di Bonefro: il primo documento che ne descrive l’esistenza risale al 1614. La fabbrica fu edificata fuori dalle mura del paese a navata unica, come chiesa di campagna. Fu ampliata successivamente nel 1678 con l’aggiunta di due navate laterali. Gli altari nel 1689 erano quattro: Altare di San Nicolò, Altare di san Rocco, Altare di S. Antonio, Altare di S.Giovanni e Paolo. Nel Settecento, a causa del cattivo stato di conservazione, fu abbattuta e ricostruita. Interventi di ristrutturazione successivi ne hanno modificato notevolmente l’aspetto originario. Nel 1893 sulla facciata fu inserita una meridiana. Attualmente la Cappella presenta quattro altari: Altare Maggiore, Altare della Madonna del Carmine, Altare della Madonna della Libera, Altare della Madonna di Lourdes (in legno).

BUSSO: CAPPELLA DI SANTA MARIA IN VALLE

La Chiesa fu edificata nel XVII secolo, per effetto del terremoto del 1805 andò in rovina ma fu restaurata e riportata alle sue origini grazie alle generose offerte in denaro degli emigranti bussesi negli Stati Uniti, e al volenteroso e gratuito lavoro dei bussesi residenti. Posta in una vallata, a circa due km dal centro urbano, la Chiesa viene riaperta la seconda domenica di settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore di Santa Maria. L’occasione, è motivo, per i bussesi, per fare una scampagnata, vivere una giornata all’aperto, festeggiare la Santa e degustare prodotti gastronomici e vini locali.


BUSSO: CAPPELLA DI S. TECLA

La cappella è posta all’ingresso del paese e di proprietà della famiglia Brunetti, recentemente è stata oggetto di donazione al Comune di Busso da parte della famiglia Brunetti. Attualmente è di proprietà del comune ed è adibita a centro socio-culturale.


BUSSO: CHIESA DI MARIA SS. DEL CARMINE

La Chiesa è situata al centro del paese, adiacente alla piazza principale, fu fatta costruire nel XV secolo dal marchese Ottaviano Capece. Gravemente danneggiata dal sisma del 1805 fu ricostruita ed ampliata. Attualmente la Chiesa del Carmine è retta da una Confraternita che porta il suo nome. Rivive i suoi antichi splendori il 16 luglio di ogni anno, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna del Carmine.

BUSSO: CHIESA DI SAN LORENZO MARTIRE

La chiesa sorge nel centro abitato del paese e presenta una semplice facciata a salienti con il portale inquadrato da due lesene di marmo bianco. L'interno è ad aula, senza dunque partizioni in navate; al suo interno si conserva il Crocifisso ligneo dello scultore napoletano Colombo.
L’epoca della costruzione è ignota, la Chiesa è a unica navata che, con una lunghezza di 30 metri, un’altezza di 12 metri e una cubatura di 3.300 metri cubi, la pone tra le piccole parrocchie della provincia. All’interno della Chiesa trovano posto quattro altari in marmo e vi sono custoditi alcuni dipinti di pregio risalenti alla scuola napoletana del seicento.
La Chiesa vive la sua massima espressione della cristianità il giorno 10 agosto di ogni anno, in occasione dei festeggiamenti in onore di San Lorenzo Martire, Patrono di Busso.


CAMPOBASSO: CHIESA DI SANTA MARIA DELLA CROCE

La Chiesa fu realizzata probabilmente nel X secolo d.C. e per tale motivo potrebbe quindi essere tra le Chiese più antiche del capoluogo. A causa dello spopolamento della zona alta a favore della parte più bassa della città, Santa Maria della Croce da semplice oratorio -qual era in origine- diventò in poco tempo la Chiesa più importante, tanto che il suo nome fu dato ad una delle porte della città, posta nelle sue vicinanze. La storia di Santa Maria della Croce è fortemente legata alle due congreghe rivali di Campobasso, i Crociati e i Trinitari: la prima era di estrazione popolare, la seconda invece costituita dalla nobiltà campobassana.
La Chiesa è a tre navate, con pianta a croce latina. La facciata oggi dà in un vicolo del centro storico ed ha un aspetto neoclassico; l'arco a tutto sesto della facciata è incorniciato da colonnine con capitelli decorati con motivi floreali, dove forse un tempo vi era una lunetta. L'accesso all'edificio è regolato da due portali laterali ed uno, il portale centrale della Chiesa, è sormontato da un importante rosone; a destra dell'edificio sorge il campanile.
Percorrendo le navate si giunge al presbiterio, che accoglie un altare in marmo del 1760, realizzato in pieno stile barocco. Il presbiterio è arricchito da tre nicchie, in cui sono poste le statue dell'Immacolata, di San Giovanni e San Giuseppe; queste opere sono dello scultore Paolo Saverio Di Zinno, autore tra l'altro delle macchine dei Misteri. Nella navata centrale, l'incrocio con il transetto è sovrastato da una cupola quattrocentesca, articolata in otto finestre, che permettono l'ingresso della luce all'interno della Chiesa. La navata di sinistra termina con la cappella dell'Addolorata, che accoglie la statua settecentesca della Madonna. La volta di questa cappella è stata interamente affrescata da Amedeo Trivisonno nel 1932. Nella navata di sinistra si può ammirare anche un pregevole crocifisso ligneo riferibile alla scuola del Bernini. La navata di destra invece termina con la cappella del Sacro Cuore, dove oltre all'altare, vi sono tre nicchie con le sculture dedicate a S. Biagio, al Sacro Cuore di Gesù e a Santa Lucia. Lungo la navata di destra, prima della cappella, vi è una lapide del 1620; in fondo alla stessa navata si accede alla sagrestia. La volta centrale della Chiesa è affrescata con la Crocifissione di Cristo con coperture piane sopra l'ingresso della Chiesa vi è una tribuna con l'organo.


CAMPOBASSO: CHIESA DI SANTA MARIA DE FORAS

La Chiesa sorge poco fuori il centro della città, nei pressi della collina dalla quale sgorga l'acqua della sorgente Foce, che per molto tempo alimentava i mulini della città. Una lapide documentaria, posta sull'architrave del portale e che presenta elementi decorativi floreali risalenti al periodo romanico, ricorda la costruzione della chiesa legata all'abate Giovanni, che fece probabilmente costruire la chiesa per redimere i propri peccati. L' interpretazione dell'iscrizione non è facile, in quanto la frase "Veniam sibi criminis orans" potrebbe essere tradotta anche come: "voi che visitate questa chiesa perdonatemi se non ho fatto soltanto l'uomo di preghiera, come avrei dovuto, ma soprattutto l'uomo amante dell'arte" e per tale motivo la costruzione della chiesa quindi potrebbe non essere legata alla redenzione dei peccati dell'abate Giovanni.
L'epigrafe sul portale riporta la data del 1177. La data testimonia l'anno in cui vennero eseguiti dei lavori di restauro e ne ricorda il vecchio splendore; si tratta di una pietra utilizzata per sostituire l'architrave dell'oratorio dei monaci benedettini. Sul portale, in alto, vi è un rosone in vetri policromi, raffiguranti Dio Alfa e Omega. Sulla destra della facciata si erge la torre campanaria, che contiene una campana della Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone, datata al 1822. L'interno si compone di un'unica navata, terminante nell'abside. Il tetto è sostenuto all'interno da archi di pietra bianca proveniente da Apricena. Il presbiterio è leggermente sopraelevato rispetto all'aula. Nella zona absidale si aprono, a destra e a sinistra, le porte d'accesso alla sagrestia e ad un altro vano di servizio. Dalla sagrestia, mediante una scala a chiocciola, si accede ad una tribuna. L'abside è vivacemente illuminato da vetrate policrome raffiguranti l'Immacolata, i SS. Cristoforo e Rocco, i simboli cristologici. Fonti di luce sono, oltre al rosone, le finestre poste lungo la navata. In passato i monaci che reggevano la badia non dimenticarono di abbellire la chiesa con opere d'arte, distrutte per la maggior parte dal terremoto del 1348. Rimane da vedere la statua lignea dell'Assunta di Paolo Saverio Di Zinno.
Un'importante e preziosa notizia, conservata nei registri vaticani di Papa Clemente V del secolo XIV, ci informa che l'abate di S. Maria di Fuori venne trasferito a Roma per governare la badia di S. Lorenzo fuori le mura.
Un'altra prova certa della presenza dei monaci nella badia di S. Maria di Fuori è data dal fatto che, al sinodo indetto dall'arcivescovo di Benevento Ugone II nel 1374, furono presenti anche il vescovo di Bojano e l'abate della chiesa di S. Maria di Fuori di Campobasso. Durante il Seicento non si hanno più notizie della badia di S. Maria, che divenne pieve.


CAMPOBASSO: CHIESA DI SANTA MARIA DELLA LIBERA

L'attuale Palazzo S. Giorgio era precedentemente la sede del più antico convento di Campobasso, il monastero di S. Pietro Celestino.
Nel 1456 subì forti danni a causa del terremoto, ma la fede dei Celestini e la tenacia dei fedeli riparò i danni prodotti dal sisma. Nel 1805 crollò tutto il monastero a causa del forte terremoto del 26 luglio. Rimase in piedi soltanto la parete di fondo della chiesa con la nicchia della statua della Madonna rimasta miracolosamente intatta.
Nel 1809 il governo soppresse l'ordine dei Celestini e confiscò tutti i loro beni. Così dopo seicento anni i Celestini furono costretti ad abbandonare il monastero.
Nel 1811 il monastero cadde definitivamente e anche la Chiesa. Il popolo volle riedificarla costruendo il campanile e un romitorio. Nel 1860 le leggi eversive tolsero nuovamente la Chiesa e il monastero dove vi erano i frati cappuccini.
Il comune di Campobasso negli anni 1870-77, dopo aver abbattuto il conventino e la vecchia Chiesa, vi edificò l'attuale Palazzo S. Giorgio, sede dell'amministrazione cittadina.
Sotto la pressione del popolo, le autorità del tempo, furono costrette a non cancellare del tutto la presenza della chiesa. L'estremo lato destro del nuovo palazzo S. Giorgio fu destinato a Chiesa che è quella giunta sino ai nostri giorni.
Di recente restaurata, con la Statua della Libera, quattro maioliche che ricordano gli evangelisti sull'altare, è luogo di preghiera.


CAMPOBASSO: CHIESA DI SAN GIOVANNI DEI GELSI

La Chiesa originaria era di piccole dimensioni e adiacente ad un piccolo eremo, entrambi di epoca medievale. La Chiesa, oggi anche convento, ha subito nel corso dei secoli ampliamenti e ristrutturazioni, tra cui quelli più significativi sono riferibili al 1845 - 1854, come attesta la lapide documentaria che si trova sul portale principale. Sono gli anni questi in cui la Chiesa prese le caratteristiche che ancora oggi possiamo ammirare, più lunga di ben sette metri, rispetto all'originaria, e con facciata neoclassica. Quest'ultima è tripartita da quattro paraste binate con capitelli di ordine ionico, che incorniciano il portale centrale architravato.
La Chiesa divenuta parrocchia nel 1970, oggi è ripartita all'interno in tre navate, senza transetto; la divisione è stata realizzata mediante archi sorretti da pilastri; le pareti in marmo presentano fasce colorate. Nella controfacciata, in alto è collocato l'organo con una ricca gamma di canne con al centro una tavola effigiante un'immagine della Vergine con il Bambino, proveniente dall'ormai distrutto convento di Santa Maria delle Grazie, ridotto in macerie dal terremoto del 1805. Nell'altare della navata sinistra è conservata la statua di Paolo Saverio Di Zinno raffigurante San Giovanni Battista; sempre nella stessa navata, sull'altare intitolato ai Beati Francescani, vi è un'urna in bronzo dorato che conserva le reliquie di vari santi; nella navata destra ci sono altri due altari rispettivamente intitolati alla Madonna Addolorata, con statua omonima del Di Zinno datata al 1745, e al Cristo Morto.
Il convento adiacente alla Chiesa è di antica fondazione, risale al 1407 ed è stato voluto da Giovanni da Stroncone. Particolare importanza aveva l'attività che si svolgeva nell'officina del convento, Pannifica Officina, in cui si lavava, cardava e colorava la lana, utilizzata dai monaci per realizzare gli abiti di tutti i frati dell'intera provincia monastica, attività in voga fino ai primi anni dell'800.



CAMPOBASSO: CHIESA DEL SACRO CUORE (CONVENTO CAPPUCCINI)

Il convento di Campobasso fu fondato nel 1589 e precisamente il 25 marzo ad istanza e spese di molti benefattori. Provinciale il padre Bernardino da Asti. L’occasione provvidenziale fu la pace ottenuta in città ad opera del p. Girolamo da Sorbo che vi predicava la quaresima. A questo scopo sul portale della Chiesa era scritto “Templum Pacis”. Ospitò vari capitoli provinciali. Nel 1604 ci fu il capitolo presieduto da s. Lorenzo da Brindisi, ministro generale. La Chiesa fu consacrata il 1 novembre 1707 e fu dedicata a “S. Maria Assunta della Pace”. Fu chiuso (apparentemente) nel 1809 e liberato da ogni ipoteca politica nel 1817 dopo la revoca della soppressione murattiana. Abbandonato nel 1867 per legge civile, fu adibito a caserma delle truppe regolari e poi ad asilo di mendicità. Nel 1922 un violento incendio distrusse convento e Chiesa. Nel 1828 fu affidato ai Cappuccini l’ospizio e la rispettiva Chiesa “S. Maria della Libera”. Qui vi dimorò dal 1855 al 1866 il Servo di Dio p. Raffaele da S. Elia a Pianisi. Nel 1867 i Cappuccini furono estromessi per la legge di soppressione degli Ordini Religiosi, emanata dal governo italiano. L’ospizio in seguito fu distrutto e la Chiesa affidata di nuovo ai Cappuccini dal 28 aprile 1922 fino a febbraio 1933.
Nuovo convento: Sacro Cuore (1931)
Il 7 luglio 1929 fu posta la prima pietra da mons. Alberto Romita, vescovo diocesano. Il 10 ottobre 1931 lo stesso vescovo consacrò la Chiesa dedicandola al S. Cuore.


CAMPOBASSO: CHIESA DI SAN PAOLO

La prima Chiesa di san Paolo, ancor oggi esistente, risale al XVII secolo ed è situata alla fine di viale del Castello. Costruito in una sola navata servì, inizialmente, ad officiarvi messa per quegli abitanti che si erano stabiliti appena fuori il borgo o che vivevano nella zona detta, appunto, di san Paolo e che non volevano, specialmente durante il periodo invernale, correre il rischio di ruzzoloni sulle strade di accesso alle altre Chiese poste più in alto dell'abitato. Già durante il XIX secolo in essa non si officiava più e l'immobile venne utilizzato per dormitorio di soldati, poi venne trasformato in mulino e, successivamente, in deposito dei carri funebri del Municipio. Negli anni Settanta del XX secolo venne costruita, più a valle, la nuova Chiesa con lo stesso nome ma parrocchia dei Santi Bartolomeo e Paolo.


CAMPOBASSO: CHIESA DI S. ANTONIO ABATE

La Chiesa sorge nell'omonimo quartiere, al di fuori della seconda cerchia muraria che Cola di Monforte, nel 1458, fece edificare per includere tutta la parte della città, che ormai si era estesa anche ai piedi del colle. La chiesa, sorge sull'antica chiesetta dedicata ai SS. Antonio e Leonardo dell'oratorio dell'ospizio dei Benedettini di Santa Maria de Foras; l'attuale chiesa è probabilmente di poco posteriore alla costruzione della cinta muraria; il portale tardo rinascimentale molto semplice reca la data del 1572. Secondo altre fonti la costruzione dell'attuale chiesa dovrebbe essere legata alla Confraternita dei Trinitari, che venuti in possesso della Chiesa nel 1509 edificarono l'edificio, dedicandolo ai SS. Antonio e Leonardo abati e rendendola sede della Congrega fino al 1809; dal 1829 la chiesa divenne sede della parrocchia di S. Angelo e S. Mercurio.
L'interno, semplice dal punto di vista architettonico (un'aula con soffitto piano), conserva una molteplicità di opere d'arte di particolare rilevanza: l'altare maggiore, in marmo commesso datato al 1748 e in pieno stile rococò e i quattro altari sulle pareti laterali, intitolati a San Benedetto, al Sacro Cuore, a Sant'Antonio Abate e al Crocifisso; gli altari sono tutti intagliati in legno con ricchi motivi ornamentali e rivestiti in oro zecchino, le colonne purtroppo sono state depredate durante l'invasione francese del 1799.
Sono di pregevole importanza gli affreschi del pittore campobassano Michele Scaroina, databili al 1614, che si susseguono nella parte alta delle pareti, come anche la cantoria d'organo e la nicchia che ospita la statua del santo. Gli altari ospitano tele e sculture coerentemente e armonicamente inserite nella ricca cornice lignea. Sempre riferibili alla Scaroina erano i dipinti del soffitto della Chiesa, che però andati in rovina agli inizi del XIX secolo, sono stati sostituiti da quello del Trivisonno, realizzati a tempera raffiguranti la Cacciata di Lucifero dal Paradiso.
Opera di Francesco Guarino da Solofra è la tela con S. Benedetto che esorcizza un indemoniato, del 1643, che si trova sul primo altare a sinistra, la parte superiore dell'altare è decorata con un altro dipinto del medesimo autore, raffigurante la Pietà; altre due tele sempre di Guarino da Solofra sono Il Battista e S. Gregorio Papa sormontate da due più piccole, S. Antonio e S. Francesco, che fiancheggiano la nicchia con la statua della Vergine col Bambino nel secondo altare a sinistra. In questi dipinti si ravvisano la ricca inventiva del Guarino e la sua capacità esplicitata nel disegno e nel cromatismo, dalle tonalità prevalentemente scure, che risaltano, in modo particolare, nelle scene di vita all'aperto.
La lunetta raffigurante il Padre Eterno è di Paolo Fenoglia, un altro artista napoletano; la pala a cui la lunetta si riferisce l'opera era sul secondo altare a destra, ma sembra sia scomparsa in concomitanza con la presenza francese a Campobasso nel 1799. Altri dipinti, tra cui la Tentazione di S. Antonio, sulla parete di fondo del coro, sono opere di influsso fiammingo del tardo cinquecento. Di pregio è anche la statua lignea di S. Antonio Abate, datata al XVI secolo, collocata in un contesto architettonico ligneo e contornata da nove piccole tele con episodi della vita del santo, datate alla metà del XVII secolo. Dell'artista campobassano Paolo Saverio Di Zinno è la statua lignea di S. Francesco.
Sulla parete sinistra è presente l'organo, anch'esso realizzato in legno intagliato e rivestito in oro zecchino, riccamente ornato e datato al 1696.
Sul presbiterio inizialmente si trovava una cupola, che però per problemi di stabilità è stata abbattuta e sostituita da un soffitto piatto, decorato con affreschi del pittore molisano Leo Paglione, raffiguranti l'Agnello Pasquale e i Quattro Evangelisti.
La facciata si presenta priva di elementi decorativi significativi, ed è interamente intonacata; dell'antica struttura rimangono solo due portali in pietra, di cui quello secondario è murato; il campanile è stato fortemente lesionato da un terremoto e ricostruito nel 1864; sul soffitto del campanile sono presenti affreschi del pittore Amedeo Trivisonno, danneggiati dal tempo.



CAMPOBASSO: CHIESA E CONVENTO DI S. ANTONIO DI PADOVA

La fondazione prese l'avvio dalla volontà decisa di P. Pacifico Di Petta di Colle d'Anchise, che nel 1942 fece costruire una cappella dedicata a S. Antonio, nelle vicinanze di dove una volta sorgeva il convento di S. Maria delle Grazie (ora ospedale "A. Cardarelli" vecchio).
Il 24 maggio 1942 il vescovo benedisse la chiesetta e disse: "Siamo in tempo di guerra, mi auguro che questa chiesa sia la chiesa della pace". Il Ministro provinciale aggiunse: "...É questa una primavera serafica apportatrice di copiosi frutti". La chiesetta sorgeva sola, in mezzo al verde e con il piccolo campanile in legno dava l'impressione di una chiesetta di missione.
Nel 1946 fu posta la prima pietra della Chiesa inferiore. Il 4 giugno 1949, la costruzione era compiuta, con le elemosine dei fedeli di Campobasso. I lavori del convento vennero portati a termine nel 1956. Dal 1962 al 1963 venne costruita la Chiesa superiore che accoglie sulla facciata e all'interno opere d'arte contemporanea, un meraviglioso organo, l'altare e il tabernacolo in marmo bianco


CAMPOBASSO: CHIESA DI SAN BARTOLOMEO

É situata sulla parte alta delle pendici del colle Monforte, immediatamente a ridosso della strada a gradini che sale verso il castello e dei resti delle mura di cinta medievali. Menzionata in documenti trecenteschi, fu probabilmente costruita attorno alla metà del XIII secolo.
La facciata costituita da grossi conci squadrati, ha come elemento particolarmente significativo il protiro di tipo pugliese, ornato da colonne affiancate da due arcate cieche, che poggiano su lesene che richiamano per la loro ampiezza quella della Chiesa di Santa Maria della Strada. Il portale presenta una strombatura poco profonda, è composto da stipiti, pilastri e colonnine lavorati su un solo lato. La monofora che è sul lato del portale ha un tipico carattere gotico, con rami intrecciati e decorazioni a motivi floreali; accanto a questa finestrella vi è una piccola scultura, di buona fattura, raffigurante un bue. L'accesso alla Chiesa avviene tramite una piccola scalinata, che all'inizio del 1900 ha sostituito quella precedente a due ali, fiancheggiata da un colonnato di pietra lavorato. Sul portale vi è scolpita una lunetta raffigurante l' Ascensione di Cristo, contornata da un'ampia fascia, sempre a rilievo, divisa in otto sezioni con i simboli dei quattro Evangelisti in posizione centrale, e ai lati otto figure rannicchiate affrontate due a due (i dottori della Chiesa occidentale o quelli della Chiesa greca).
L'interno è a tre navate divise da archi a tutto sesto su pilastri; vi è la presenza di due porte gotiche murate lungo la parete sinistra; le navatelle laterali presentano coperture a botte e a vela; questo dato permette di capire che i lavori di esecuzione sono riferibili ad epoche diverse.


CAMPOBASSO: CHIESA DI SAN LEONARDO

L'analisi stilistica della struttura architettonica e dei particolari decorativi della Chiesa fanno pensare che la costruzione dell'edificio possa risalire al XIII secolo, anche se le prime fonti scritte riguardanti gli arcipreti ad essa afferenti sono della prima metà del XIV secolo. Con lo spostamento di gran parte della popolazione nel 1300 dal monte alla parte più bassa della città, nelle vicinanze della Chiesa, essa fu probabilmente ampliata e portata alle dimensioni attuali. Le fonti attestano che la Chiesa nel 1338 ospitava una confraternita laicale, mentre dal 1400 al 1829 fu Chiesa collegiale. Nel 1456 fu danneggiata dal terremoto, a causa del quale fu distrutto irrimediabilmente il campanile, mai più ricostruito. L'altezza della mura e la collocazione della Chiesa fa pensare che essa sia nata come struttura fortificata, di epoca medievale, tanto è vero che il ritrovamento di una pergamena del '400, che recita di riunioni politiche dei canonici nel sottotetto o nel solaio laddove prima vi era un salone, avvalora questa tesi. E' questo il momento in cui fu trasferito il fonte battesimale della Chiesa San Giorgio, probabilmente per via dell'aumento delle attività cultuali.
L'accesso alla Chiesa avviene attraverso una doppia scalinata balaustrata realizzata agli inizi del 1900 in sostituzione di quella precedente a due ali, fiancheggiata da un colonnato in pietra.
La facciata è in stile gotico a capanna con il portale leggermente stondato, composto da stipiti, pilastri e colonnine lisce su un lato e ben lavorate sull'altro. I capitelli presentano una gradazione di piani, che conferiscono maggiore profondità alle foglie decorative. L'arco ogivale, che incornicia il portale, presenta nella lunetta il motivo dell'Agnello Crocifero. Di carattere più romanico che gotico è la monofora a sinistra del portale, decorata con un doppio intreccio di rami arricchiti da motivi floreali. Accanto alla monofora è inserita una pietra effigiante un bove.
L'interno della Chiesa è ad aula unica, su ogni lato vi è la presenza di tre nicchie, separate dalla navata da archi a tutto sesto, sorretti da colonne dai capitelli variamente decorati. Il presbiterio è corredato di abside, largo quanto tutta l'aula. L'accesso alla sagrestia è sulla sinistra dell'altare. Particolare è la copertura lignea del soffitto a capriate.



CAMPOBASSO: CHIESA DI SAN GIORGIO

La Chiesa, risalente all'XI - XII secolo d.C., sorge nella parte alta della città ed insieme alla vicina Chiesa di San Bartolomeo e alla Torre Terzano fa da "quinta" al profilo della sommità del colle Monforte e all'omonimo castello. La Chiesa sorge probabilmente sui resti di un tempio pagano dedicato ad Ercole, ma il trascorrere dei secoli e le varie vicissitudini hanno ormai alterato la struttura originaria dell'edificio. Nella facciata a capanna, rivolta verso il borgo medievale, è già evidente la scansione interna in tre navate; la parte centrale della facciata è stata realizzata in blocchi di pietra squadrati, mentre le due ali laterali, aggiunte in epoche successive sono state eseguite in muratura con pietre irregolari.
Il portale architravato, preceduto da quattro gradini ed incorniciato da due pilastrini, è sovrastato da una lunetta all'interno della quale vi è stato scolpito l'agnello crocifero circondato da foglie e viticci d'uva fittamente intrecciati. Il rosone, che sovrasta il portale, non è quello consueto delle Chiese romaniche, in quanto ha forma ad imbuto. La parte centrale della facciata è delimitata da quattro paraste due delle quali hanno capitelli con foglie stilizzate e protome animalesche, mentre le altre non presentano decorazioni scultoree. Sul lato mancino della facciata vi è un piccolo muretto con finestrina, riconducibile ad un antico cimitero adiacente alla chiesa.
Sul lato destro della Chiesa sorge il campanile, a pianta quadrangolare, che presenta nella parte superiore finestre bifore e monofore. Sul lato sinistro si trova la cappella di S. Gregorio con accesso dal presbiterio. Costruita nel XIV secolo, la cappella è a pianta quadrata, con tamburo ortogonale soprastata da cupola, decorata con affreschi raffiguranti S. Agostino e alcuni Santi, accompagnati da iscrizioni identificatrici.

CAMPOBASSO: CHIESA DI S. MARIA MAGGIORE

La Chiesa di Santa Maria Maggiore di Campobasso è situata sul colle dominato dal Castello Monforte ed è anche il Santuario di Maria Santissima del Monte. La Chiesa prospiciente il castello Monforte, è l'antica Santa Maria del Monte. La prima notizia sicura della sua esistenza risale al 1354, era sorta infatti come semplice cappella gentilizia dedicata alla Vergine e, nel tempo, adibita anche a luogo di sepoltura delle famiglie feudatarie. Nel 1905 la Chiesa venne affidata ai Padri Cappuccini che ancora oggi la custodiscono. L'intero edificio di culto è stato restaurato; la facciata ha un paramento murario in pietre di Vinchiaturo con bugne scabre collocate irregolarmente. All'interno ha un pregevole altare in marmi policromi. Particolarmente interessante è la statua della SS. Vergine del 1334, devotamente venerata. Notevoli per la loro sensibilità stilistica sono gli affreschi di Amedeo Trivisonno e di Leo Paglione. Sulla destra dell'ingresso è una cappellina dedicata a San Pio da Pietrelcina, nella quale sono custoditi gli oggetti appartenuti al santo durante la sua permanenza nel convento attiguo alla chiesa tra gli anni 1905 e 1909. La statua della vergine viene portata per le vie della città decorate per terra da fiori che formano immagini religiose. La processione avviene il 31 di maggio.


CAMPOBASSO: CATTEDRALE DELLA SS. TRINITA’

La cattedrale del capoluogo di provincia sorge sulle rovine dell'antica Chiesa della S.S Trinità, costruita nel 1504 per volontà del feudatario Andrea de Capua come sede della confraternita dei Trinitari. Tale congregazione esisteva già nel 1490, con sede fuori le mura della città in quella che allora era la Chiesa di San Pietro. Al termine della costruzione dell'edificio i componenti della confraternita dei trinitari e le loro famiglie si trasferirono nella zona circostante. La torre campanaria e la facciata furono costruite alla metà del XIX secolo. A causa della distruzione dovuta al terremoto del 1805, l'edificio fu riprogettato dall'arch. Musenga, autore anche di quello della chiesa di San Michele Arcangelo di Baranello; la ricostruzione avvenne tra il 1815 al 1829; il pronao esastilo fu costruito invece dal 1855 al 1859 con colonne di ordine ionico, come quelle interne. Nel 1860 la Chiesa venne chiusa al culto ed utilizzata come caserma; nel 1915 inoltre l'edificio venne adibito a caserma. Solo nel 1927 con il trasferimento della diocesi da Bojano a Campobasso la Chiesa riconquistò lo splendore che ancora la caratterizza e venne denominata cattedrale.
La facciata in pietra è in stile neoclassico, con pronao formato da quattro colonne centrali e due pilastri laterali con capitelli ionici, che sorreggono un frontone triangolare. A sinistra della facciata sorge la torre campanaria. L'interno dell'edificio è suddiviso in tre navate, senza transetto; nelle navate laterali si aprono due cappelle: a destra quella del S.S. Sacramento, in cui è stato trasferito il coro restaurato recentemente, decorata con l'affresco dell'Ultima Cena dipinto nel 1933 da Amedeo Trivisonno; altri affreschi del pittore, conservati nella chiesa, sono la Moltiplicazione dei pani e dei pesci e la Consegna delle chiavi ed altri dipinti ad esso riconducibili si possono ammirare nella cappella del S.S. Rosario. La cappella di sinistra è dedicata a San Giuseppe e al Sacro Cuore.



CAMPOBASSO: CHIESA MATER ECCLESIAE

La Chiesa è dedicata a Maria Mater Ecclesiae - Madre della Chiesa – e questo titolo è espresso nella bella statua lignea che raffigura la Vergine Maria che offre a Gesù la chiesa stessa. Mentre due grandi vetrate policrome rappresentano lo Spirito Santo effuso sulla Chiesa e la Vergine Maria Madre della Chiesa.
La Festa Patronale si celebra il 12 settembre Festa del SS.Nome di Maria, festa patronale anche della Società di Maria. Durante la festa viene portata in processione per le vie del quartiere la statua della Madonna.
La Festa del Beato Guglielmo Giuseppe Chaminade, fondatore dei Marianisti, si celebra alla domenica prossima del 22 gennaio, giorno del transito del Beato ed è anche occasione per onorare Maria con una Veglia di preghiera con canti e preghiere che coinvolge i gruppi parrocchiali e cittadini.


CAMPOCHIARO: CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

L'edifico, che sovrasta il paese, è di antica origine probabilmente fondato intorno all'anno 1000, anche se l'originaria struttura ha subito diverse modifiche nel corso dei secoli; uno degli elementi più antichi è il fonte battesimale, che risale al XIV secolo. Modifiche strutturali sono state realizzate nel 1906 e anche nel 1916 anno in cui, secondo quanto attesta la lapide posta sul portale, la Chiesa è stata restaurata dall'arciprete Sbarra; un ulteriore restauro è stato realizzato nel 1988. Oggi l'edificio è diviso in tre navate, mentre in principio sicuramente era ad aula unica; la facciata è lineare; l'accesso all'edificio si ha mediante una scalinata che conduce al portale principale, sormontato da una piccola nicchia, custode della statua della Vergine Maria; ancora più in alto vi è una finestra e l'orologio. Le tre navate della Chiesa sono scandite da archi a tutto sesto; l'altezza della navata centrale è maggiore rispetto a quella delle laterali; il fonte battesimale riconducibile al periodo di fondazione dell'edificio è collocato nella navata destra in cui è presente un prezioso altare in marmo; un altro altare è presente nella navata di sinistra che custodisce anche una pregiata acquasantiera. L'altare maggiore intarsiato, realizzato in marmi policromi, è leggermente rialzato rispetto all'aula; alle sue spalle è collocato un importante coro ligneo, risalente al 1700 circa; di particolare pregio sono anche le statue settecentesche del Di Zinno, autore tra l'altro delle macchine dei "Misteri" di Campobasso.


CAMPOCHIARO:CHIESA D S. MARIA DELLE GRAZIE

La Chiesa fu edificata nel 1600. L’altare maggiore, in stile barocco, intagliato e scolpito, policromato e dorato, con 22 volti di angeli, su cui troneggiano tre nicchie di legno adornate con foglie d’oro (statue della Vergine, S. Marco, S. Stefano) fu consacrato nel 1743 dal vescovo di Bojano e Sepino Antonio Manfredi, come attesta una lapide sulla parete destra.
Nella stessa occasione furono anche consacrati i due altari laterali dedicati a S. Anna e S. Antonio di Padova. Per lungo tempo la Chiesa conservò il titolo della preesistente Ecclesia Sancti Marci ma a partire dal 1682 cambiò titolo, in omaggio alla Confraternita di S. Maria delle Grazie, già esistente dal 1635. Ad essa si deve la costruzione del campanile. Vi è un’acquasantiera del 1632. Sul fronte vi è la statua duecentesca di S. Michele, a testimonianza di un culto fortissimo.

CAMPODIPIETRA: CAPPELLA SANTA MARIA IN VALLE

La Chiesa rurale, intitolata a Santa Maria in Valle, si trova in località Civitella dell’agro di Campodipietra. La custodia e le pratiche del culto sono assegnate, come risulta da alcuni atti della Curia di Benevento, alla parrocchia di Gildone. In origine, la Chiesetta era probabilmente una cappella funeraria e lo spiazzo retrostante era destinato a luogo di sepoltura per gli abitanti della comunità medioevale. Attualmente, nel mese di settembre, si svolge la Processione lungo la strada che conduce alla Chiesetta e si organizzano serate musicali e di intrattenimento.


CAMPODIPIETRA: CHIESA DI S. MARTINO

Di antica origine, costruita nelle vicinanze di una delle tre porte, quella del Borgo della Porta, ha subito varie vicende edilizie. L'ultimo restauro del XVIII secolo è opera di Nunzio Margotta architetto di Pescopennataro, autore, tra l'altro, della chiesa parrocchiale di Ripalimosani.
La facciata tripartita, definita da cornici marcapiano con andamenti curvilinei, presenta tre portali di cui quello centrale è ricco di ornati.
L'interno della Chiesa, a tre navate, accoglie pitture di Paolo Gamba del 1774 raffiguranti l'Immacolata Concezione su un giaciglio di nuvole circondata da puttini e ai lati, i medaglioni con i quattro Evangelisti.


CAMPODIPIETRA: CHIESA DI S. BONAVENTURA

La Chiesa di San Bonaventura, situata in Piazza Rimembranza, è adiacente all’edificio adibito a scuola materna. La Chiesa, di stile romanico, anticamente era completamente fuori dall’abitato. Gravemente danneggiata dal terremoto del 1688, fu riedificata nel 1700 a spese dell’università e venne riconsacrata dal Cardinale Vincenzo Orsini nel 1705. Successivamente nel 1880, grazie alle offerte del popolo fu oggetto di un importante restauro e venne staccata da altre fabbriche adiacenti e riaperta al culto. Legato alla chiesa di S. Bonaventura è l’episodio della scelta del santo patrono di Campodipietra. Il 17 maggio del 1705 fu indetta un’assemblea pubblica per indicare S. Bernardino da Siena come protettore per preservare le campagne dalla grandine. Ma la proposta non ottenne il favore popolare e S. Martino riportò la maggioranza in una votazione in cui si contavano le “fave”.


CAMPOLIETO: CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO

La Chiesa come si presenta oggi nella sua ampiezza a tre navate, fu costruita nel 1613 e misurava palmi 80 di lunghezza e palmi 60 di larghezza. Da una memoria, consacrata negli atti del notaio del tempo, Pietro Stampanone, si sa che nella notte tra il 13 e il 14 giugno del 1682 un incendio, non si sa da che cosa provocato, distrusse la Chiesa nelle sue parti lignee e la danneggiò nelle strutture di pietra. E’ da presumersi che anche l’archivio, ricco di pregevoli memorie locali e di antichi registri, sia andato, almeno in parte, distrutto.
Nella scrittura rinvenuta in uno dei Protocolli del notaio Stampanone da Campolieto, si legge: “In detta funebre occasione (incendio) si vide che le due pissite, che stavano dentro la custodia, quella dove stava il SS. Sacramento non si liquefece, ma solamente annegrì e l’altra si liquefece”. Colpito da tanta disgrazia, il popolo compatto si diede a riparare la Chiesa, e il 21 settembre dello stesso anno, festa di S. Matteo Apostolo ed Evangelista, il sacro tempio veniva riaperto al culto. La ricostruzione avvenne con la contribuzione di 150 ducati da parte dei duchi D. Giuseppe e D. Carlo Carafa e con la prestazione di tutto il popolo. La Chiesa è stata consacrata dall’Em.mo Card. Arc. Orsini il 20 agosto 1696, come si legge nella lapide di marmo collocata al centro della parete della navata laterale destra.
Lo stile della Chiesa è in un tardo romanico con l’aggiunta nel tempo di elementi barocchi. Il tempio è una costruzione a base rettangolare ed ha tre ampie navate; misura m. 28 di lunghezza e m. 17,10 di larghezza. La navata centrale o maggiore si eleva al disopra di quelle laterali; la volta era a botte, ma divenuta pericolante, nel 1950 fu abbattuta e rifatta piana dal Genio civile di Campobasso.Termina con una abside al centro della quale era collocato l’altare maggiore in marmo, opera della fine del secolo scorso. Con i lavori di restauro detto altare è stato addossato al muro del coro e in suo luogo sorge la nuova mensa eucaristica di pietra, secondo le norme e lo spirito della nuova Liturgia.





CAMPOMARINO: CHIESA DI SANTA MARIA A MARE

La chiesa di Santa Maria a Mare è databile tra il XII e XIII secolo, pur avendo subito sostanziali modifiche agli inizi del XVIII secolo; la cripta sottostante l'edificio risale al XII secolo mentre la decorazione pittorica ad affresco è databile al XVI secolo. Tracce dell'impianto romanico dell'edificio sono visibili sui muri perimetrali, in una porta oggi murata, nelle finestre ogivali sul lato destro dell'edificio e nell'abside di destra. Nel 1710 l'edificio ha subito consistenti modifiche, che portarono alla trasformazione in un'aula unica. La muratura è in pietra, con conci ben levigati, frutto di materiale di recupero, ed è caratterizzata da una serie di archetti pensili che posano su mensoline e su lesene laterali, come in altri edifici simili della zona molisana (ad es. nelle absidi di S. Nicola a Guglionesi), che risentono dell'influsso pisano-pugliese. Le absidi sono state messe in luce negli ultimi restauri, come anche le basi dei pilastri e delle colonne dell'edificio precedente. La cripta, che poggia su archi di grossi blocchi levigati e su semipilastri con colonnine coronate da capitelli a motivi vegetali, è a pianta rettangolare con tre absidi, la cui posizione corrisponde esattamente a quella dell'edificio superiore. Lacerti di affreschi si posso ancora ammirare sulle pareti, in particolar modo sulla parete di sinistra, in cui si discernono facilmente le figure di San Nicola, in abito vescovile con titolazione accanto alla testa e la figura di un santo a cavallo con lancia, di difficile identificazione; non è facile infatti capire se si tratti di San Giorgio o di San Demetrio; leggermente defilata è la scena in cui si vede una figura maschile atterrata e schiacciata da un cavallo; tale raffigurazione pittorica fa pensare alle incursioni dei turchi sul litorale adriatico.
Il portale principale oggi non occupa più la posizione originaria, in quanto è stato spostato e collocato di fianco alla torre campanaria; la struttura del portale è molto semplice ed è costituita da una cornice triangolare in pietra, terminante in uno zoccolo sottile, che mediante un piccolo gradino conduce alla piazza prospiciente. La facciata della Chiesa presenta tre finestre quadrangolari equidistanti; sul fianco destro dell'edificio, vicino alle absidi, si aprono due piccole finestre ogivali. La torre campanaria, rivestita in mattoni, è divisa in tre sezioni al di sopra delle quali è posizionato il campanile vero e proprio che si apre con monofore; la monofora che dava sull'entrata principale della Chiesa è stata oggi sostituita dall'orologio.

CANTALUPO NEL SANNIO: CHIESA DI SS. SALVATORE

La Chiesa di SS. Salvatore, risalente al 1200, a causa di terremoti e peso del tempo ha avuto molte vicende edilizie. Anticamente ad una navata, passate a tre nel rifacimento ex-novo del ’700. La settecentesca parrocchiale con facciata a capanna spezzata, tiburio e campanile merlato a cuspide, conserva nell’interno sculture in legno ottocentesche.
All’interno spiccano dipinti di Amedeo Trivisonno. Nel 1949 dipinse ad affresco la Trasfigurazione ed altre scene a tempera. Nel 1950, nella cupola, realizzò ad affresco il Cristo circondato dagli Apostoli e, nei pennacchi, quattro dottori della chiesa, due orientali e due occidentali. Nel 1953 completò due dipinti su tela nel presbiterio, raffiguranti il Battesimo di Cristo e Gesù Crocifisso. Di particolare interesse è il dipinto della Trasfigurazione. Il Cristo sale al cielo in una luce intensa; ai lati ci sono Mosè ed Elia. Mosè reca la tavola della legge ed Elia il libro delle profezie.
In basso, sul monte Tabor, vi sono gli Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, i quali hanno lo sguardo rivolto verso il Cristo e si coprono gli occhi perché abbagliati dalla luce.
Nel dipinto raffigurante il Cristo Crocifisso la scena risalta su sfondo scuro e assume drammaticità per i forti giochi chiaroscurali.
La statua dell’Assunta è attribuita a Emilio Labbate (1919). La statua della Madonna con Bambino e S. Giovannino è del napoletano Francesco Citarelli (1871). La statua di S. Anna e Maria Vergine è attribuita allo scultore oratinese Silverio Giovannitti (1788).


CAPRACOTTA: CHIESA DI S. MARIA DI LORETO

Le origini riguardanti il Santuario  di  Santa  Maria  di  Loreto  sono  incerte  e  le  poche  notizie  che  abbiamo  ci  sono  pervenute  attraverso  il  racconto degli antenati. L’originaria Cappella di Santa Maria di  Loreto, “piccola e rozza”, fu sicuramente  eretta dove sorge l’attuale Santuario.
Detta chiesetta doveva esistere prima  del 1600, se il Papa Gregorio XV, nella bolla  emanata  nell’aprile  1622,  proclamava quella Chiesa “venerabile” e “antiquissime  constructa”.
L’iniziale costruzione del sacro edificio è da attribuirsi ai pastori capracottesi dell’antica transumanza, che, in  quel  luogo,  erano soliti salutare le proprie  famiglie  e  affidarle  alla  protezione della Madonna per il tempo della loro lontananza da casa. Un rito di ringraziamento, poi, si svolgeva nella stessa Cappella, ai piedi della Vergine, quando i pastori, agli inizi della bella stagione, lasciato il Tavoliere delle Puglie, ritornavano ai nativi monti.
La primitiva, minuscola Cappella,  nel  tempo  è  stata  ampliata  nella  struttura  e  perfezionata  nell’attuale, elegante  linea  architettonica. L’altare  centrale,  sormontato da una seicentesca
nicchia lignea dorata e rabescata  accoglie  la  venerata statua della Madonna di Loreto (probabilmente di origine  anteriore  al  1600) elaborata da ignota mano artigianale da un tronco di pero. La notte del 15 settembre 1981,  una  mano  sacrilega privò  l’immagine  del  suo
Bambino. Risparmiata dai tedeschi, nella seconda guerra mondiale, la Chiesa, invecchiata
dal  tempo  e  danneggiata  per  le  infiltra zioni di acqua, fu consolidata e gli ultimi interventi risalgono al 1973 e 1975.
Il  30  agosto  1975,  Mons. Enzio D’Antonio, Vescovo di Trivento, la riaprì al culto.Il  30  agosto  1978, il  Vescovo  di  Trivento, Mons.  Antonio  Valentini, considerata la sentita devozione,  riservata  alla sacra immagine, dai capracottesi, dai turisti e dagli emigranti,  con  decreto  proprio elevò a Santuario Diocesano la Chiesa Santa Maria di Loreto «... perché  ricordi  a  noi  e  ai  posteri  che  Maria  SS.ma  è  per  tutti vangelo  vivo  e  Chiesa  viva
...! »


CAPRACOTTA: CHIESA PARROCCHIALE DELL’ASSUNTA

Sulla parte più alta del centro urbano, nel territorio chiamato terra vecchia cioè sede delle prime genti, è stata edificata la Chiesa madre colleggiata.
Con molta probabilità questo fu sempre stato un territorio sul quale si edificò per uso sacro infatti prima di questa Chiesa ve ne era un'altra in stile rinascimentale. Le sue tracce sono visibili tutt'ora nella Chiesa attuale. Infatti uno dei campanili reca un bassorilievo sul quale è raffigurato il cristo simbolo dell'albero della vita; sono presenti ancora i muri adiacenti alla torre dove ora viene riposta la legna oppure è possibile visitare ancora il portale della cappella della visitazione e le muraglie interne al campanile dove sono ancora visibili le buche delle campane.
Alla Chiesa arcaica è riconducibile anche la fonte battistero in noce con decorazioni in oro che fu restaurato nel 1980 e ancora la fonte battesimale in pietra.
Lo stemma, su decisione del comune, fu spostato dal vecchio al nuovo edificio religioso ed è stato collocato sul pilastro posizionato a sinistra dell'altare maggiore. La chiesa con questo simbolo non era solo luogo sacro ma anche il difensore del simbolo di tutta la comunità.
La Chiesa antica nel 1673 era divisa in tre navate con un altare maggiore e venti altari paralleli. All'interno era possibile ammirare anche un organo in parte dorato mentre all'esterno era visibile un campanile dedicato all'Assunta dotato di quattro campane.
La decisione di rinnovare l'edificio fu presa dopo che si verificarono due eventi: nel 1656 ci fu una terribile peste che decimò la popolazione mentre nel 1657 si verificò l'invasione da parte dei briganti che durante i saccheggiamenti uccisero un anziano sacerdote che celebrava la messa.
Il progetto del nuovo edificio fu proposto dal lombardo Carlo Piazzoli. Fu deciso di edificare una chiesa barocca il cui spazio interno era diviso in tre navate la cui lunghezza doveva essere di 35 metri e la larghezza di 18 metri al transetto, la cupola invece fu posta a 15 metri e mezzo da terra. Le pietre che vennero utilizzate erano spesse da uno a tre metri in arenaria e malta. Il tetto fu sostenuto da capriate che costarono la distruzione di un'intera foresta di abeti. La facciata in pietra era fiancheggiata da due statue ed era alta nove metri, larga venti metri e orientata a sud-est. Il dislivello tra le mura ad ovest ed i contrafforti ad est erano di venti metri.
A livello architettonico l'edificio fu completato tra il 1749 e il 1757. L'edificio fu stuccato in oro zecchino grazie al lavoro degli artigiani del sole di Pescocostanzo; questo stucco però si deteriorò e fu sostituito da porporina intorno la fine del XIX secolo.
Le pareti furono dipinte di colore azzurrino ed affrescate con una schiera di quaranta angeli che reggono dei medaglioni dedicati ai vari santi.
Gli altari del transetto sono dedicati all'Assunta ed a San Sebastiano. Colombo è non solo l'autore del gruppo ligneo della visitazione ma anche colui che realizzò l'unico altare in legno dedicato all'Immacolata.
All'interno della Chiesa ci sono numerosi dipinti anche se qui ne citiamo solo alcuni: sotto l'organo vi è la tela sulla quale è raffigurata l'ultima cena ricondotta all'autore Solimena che dipinse un'altra tela oggi purtroppo scomparsa. Sopra il battistero è possibile osservare un'altra tela sulla quale è stata dipinta Sant'Anna con Maria bambina. Nella sacrestia vi è conservato un dipinto di forma tondeggiante sulla quale è stata riprodotta la Natività. Nella parte sottostante le scale di accesso alla cantoria vi è una delicata pittura floreale con la rappresentazione di una colomba simbolo dello Spirito Santo.
La consacrazione definitiva della Chiesa ci fu il 14 settembre del 1755 dopo una serie di eventi che videro protagonista la curia di Trivento. Il vescovo della curia non aveva accettato il gesto delle confraternite capracottesi nel contrastare il tentativo di intromissione nel patrimonio laico in loro possesso. Questo patrimonio era costituito dai doni fatti dalla comunità per consentire la costruzione della Chiesa. Il vescovo anche se messo alle strette dalla legge, proibì la consacrazione della fonte battesimale e la consacrazione dell'altare del santo patrono e stabilì il divieto di utilizzo delle cripte all'interno delle quali erano seppelliti i defunti e facevano da base per l'edificio.
Uno storico locale, Campanelli, infatti ci informa che a quel tempo il paese non disponeva di un cimitero. Questi divieti furono aboliti nel 1749 con l'elezione del nuovo vescovo. L'ennesimo altare maggiore fu installato nel 1754 dal napoletano Biagio Salvati interamente in marmo intarsiato con il tabernacolo sul quale poggiano due angeli ed il paliotto che raffigura l'Assunta.
La Chiesa fu dichiarata "colleggiata" nel 1786 anche se durò fino al 1867 anno in cui i patrimoni laici delle confraternite e del colleggio finirono sotto il controllo dello stato.
Merita di essere citato l'archivio storico delle pergamene come la raccolta di bolle, atti e certificazioni di autenticità delle reliquie. L'organo è posto al centro della navata maggiore e domina il coro ed il grande altare che rappresenta il punto cardine della prospettiva architettonica; fu costruito tra il 1750 e il 1779 ed è dotato di 700 canne posizionate su dodici registri più contrabassi. Secondo alcuni l'organo ingloba quello della Chiesa antica mentre per altri quest'ultimo è stato disposto nella cappella della visitazione. L'autore del progetto è Luca D'Onofrio che lo ha battezzato per le sue dimensione con il nome di Principalone. Esso ha una interessante disposizione fonica se considerato dal punto di vista organologico. I nuovi restauri ci furono nel 1913; furono rimosse le lapidi e gli ingressi nelle sepolture non più utilizzati e fu restaurato così l'antico pavimento in pietra. Le sepolture prima della costruzione del cimitero avvennero per il clero sotto il presbiterio mentre il popolo seppelliva i suoi cari sotto le navate.
La Chiesa nel 1943 divenne luogo di rifugio per le famiglie capracottesi che dovettero abbandonare le loro abitazioni dopo che i tedeschi bruciarono le loro abitazioni.
Con le restaurazioni del 1954 e quella del 1983 si diede alla Chiesa il definitivi assetto.


CAROVILLI: CAPPELLA DI SAN DOMENICO

Carovilli deve la sua esistenza ad una circostanza: il suo territorio è infatti attraversato da un tratturello, che funge da scambiatore tra i due tratturi, anch'essi nel territorio di propria pertinenza, vale a dire il Castel di Sangro-Lucera ed il Celano-Foggia, i più importanti della dorsale appenninica. Sul tratturello, poco fuori dell'abitato, si erge la Chiesa di San Domenico “dello stesso colore della lana delle pecore, mezze sporche e mezze pulite, che vi stazionano davanti a brucare - oggi come una volta - l'erba di un magnifico prato”. La presenza di un serpente ai piedi del Santo indica che la statua appartiene al Santo di Cocullo, meglio conosciuto come San Domenico dei Serpari. Sulla parete esterna della chiesa una lapide murata riconosce il diritto, “regnante Federico IV di Borbone, che all'Università di Carovilli e Castiglione fosse mantenuto il possesso di esigere a tenore dell'antico soito la fida per gli animali sia grossi che minuti che pascolano fuori del Regio Tratturo l'erba riservata a bovi paratori di detta Università”. Di semplice fattura, elementi architettonici di rilievo sono l'altare e l'architrave della porta laterale (probabilmente del XV sec.), il minuscolo campanile e la croce viaria al cui cospetto si concludevano i contratti di compravendita del be-stiame; al suo interno si ammirano anche acquasantiere di stile romanico-benedettino.



CAROVILLI: CHIESA DI SANTA MARIA DELL’ASSUNTA

In piazza Municipio è visibile la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, contraddistinta da monofore e copertura a cuspide. La facciata con timpano presenta tre portali di cui quello centrale è sormontato da una lunetta e affiancato da una torre campanaria con conci a vista, divisa in tre ordini da cornici a marcapiano. L'interno è a tre navate divise da pilastri, la cupola ellittica al centro del transetto dipinta a monocromo rappresenta gli apostoli con i quattro evangelisti. La sistemazione odierna corrisponde al XIX secolo, ma un'epigrafe in essa contenuta segnala il 1729 come anno di apertura della Chiesa al culto. All'interno la Chiesa conserva un'acquasantiera del XVI secolo, creata da botteghe molisane, che trova numerosi riscontri stilistici con altre acquasantiere diffuse in Molise. A base quadrangolare, presenta nella parte inferiore volute stilizzate ripetute su tutta la superficie concava.
Il rocchio centrale dello stelo presenta un motivo a foglie d’acanto. La coppa è decorata con immagini di cherubini che formano un festone con le ali. All'interno del catino è visibile il particolare a rilievo di un serpente dal pinnato sulla coda, nell'atto di uscire nell'attacco della testa dalla vasca. L'animale, che notoriamente evoca la figura di Satana, si trova stranamente all'interno di uno strumento finalizzato a conservare l'elemento liturgico atto a schiacciarlo. Si tratta verosimilmente di una rappresentazione allegorica del bene e del male. Sui gradini in pietra della mensa si eleva il dossale in stucco ove sorgeva la tela della Madonna del Purgatorio. Di fondamentale interesse all’interno della Chiesa di Santa Maria Assunta è il fonte battesimale del 1622, a base quadrangolare con specchi concavi delimitati da motivi a volute. Esso, inoltre, presenta una copertura lignea del 1737 dedicata alla Vergine.
L’altare, databile al XVII secolo, e il fonte battesimale costituiscono le uniche presenze seicentesche all’interno dell’edificio, come attestato nell’epigrafe.


CARPINONE: CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA IN CIELO

La Parrocchia di Carpinone, fondata nel 1700 e intitolata a S.Maria Assunta, appartiene alla Diocesi di Isernia-Venafro, in provincia di Isernia, ed è sotto la guida del Vescovo S.E. Mons.Andrea Gemma. Situata nella parte alta del paese, nelle immediate vicinanze del castello medioevale, la Chiesa Madre (restaurata una prima volta nel 1765 e recentemente nell'ottobre del 1962) è contraddistinta da uno stile architettonico molto semplice.
Il dogma dell'Assunta è stato solennemente proclamato da Pio XII il primo novembre 1950, con la Bolla "Munificentissimus Deus", nella quale il Pontefice definisce la traslazione gloriosa della Beata Vergine Maria, in corpo ed anima, dalla terra al cielo, per virtù divina, a differenza dell'Ascensione di Gesù, il quale salì al cielo per virtù propria. "Soffermati solo un attimo ai piedi di Maria. Lei ti aspetta per raccontarti di un viaggio avuto inizio più di 2000 anni fa e non ancora terminato. Questo viaggio parte da molto lontano per raggiungere un luogo molto vicino: il cuore di tutti gli uomini della terra. Urna bronzea, fedele copia di quella lignea del 1793, in cui è conservato il corpo di S. Rocco Celestino che si venera nella Chiesa di S. Maria Assunta.


CARPINONE: CHIESA DI SANTA MARIA DI LORETO

Fu eretta nel 1610 da Biagio Martella sul luogo di una antica omonima cappella (censita in un inventario del 1356), dopo che un sogno gli aveva indicato un tesoro. Sulla trabeazione dell’altare maggiore vi è l’effige Biase Martella. Una sola navata, in fondo alla quale vi è l’altare maggiore sormontato da una scultura della Vergine. Ai lati due cappelle, dedicate alla Sacra famiglia e a S. Leonardo. Il soffitto intagliato è di colore turchino, le pareti sono dorate.
Nella sagrestia sono custoditi: calice d’argento, due calici in ottone dorato, tre lampade d’argento. Vicino vi è un campanile.



CARPINONE: CHIESA DI SAN ROCCO

La festa in onore di San Rocco, patrono di Carpinone, si svolge nella serata del 15 agosto, tra canti, balli e preghiere. La statua del Santo viene portata in processione per le vie del paese.
In questo giorno di festa giungono in paese anche un gruppo di pellegrini da Letino percorrendo le vie del paese in processione.
La peculiarità sta nel fatto che le donne di questo gruppo di pellegrini indossano un costume ricco di ornamenti che contrasta con quello tradizionale delle donne carpinonesi costituito invece da gonne scure pieghettate con bustini neri e camicie bianche finissime.


CARPINONE: CHIESA DI SAN MICHELE

Situata nella parte alta del paese, in piazza della Giudea, riportata nell’inventario delle Chiese redatto dalla curia vescovile di Isernia nel 1356, pare che quella di S. Michele Arcangelo sia stata la prima chiesa del Paese.
Non si sa perché la piazzetta ed un vicolo adiacente siano denominati “Giudea”, l’ipotesi più attendibile è che in quella zona vi abbia dimorato una piccola comunità ebraica, che come era d’uso in quei tempi, era tenuta al di fuori delle mura del borgo. Attualmente la Chiesa è costituita da un’unica navata che accoglie statue antiche e quadri recenti, di alcuni altari, che fino a pochi anni fa la abbellivano lateralmente, oggi non ve n’è più traccia, resta un soffitto a volta, a due pendenze, che anticamente aveva la copertura in legno.
La Chiesa fu sede dell’omonima confraternita, fondata nel 1887, in essa sono ancora conservati i registri che riportano i nominativi degli appartenenti all’associazione con i loro relativi tributi.
Al centro dell’altare si trova la statua di San Michele Arcangelo, ai lati vi sono due tavole, dell’artista locale Ronney di Scenza, sulle pareti laterali sono poste le statue della Madonna del Carmine, di San Biagio e dell’Annunciazione.     


CARPINONE: SANTUARIO DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI

La costruzione di questa Chiesa si fa risalire al 1617 e secondo la tradizione popolare fu edificata per mano di tale Biase Martella, che in un sogno avrebbe ricevuto l’indicazione di recarsi a Roma e considerare attentamente tutto ciò che avrebbe potuto ascoltare durante il viaggio. Costui seguendo il sogno si reca nella città Santa, e via facendo, ascolta degli avventori che in suo terreno, in contrada Focara a Carpinone, vi era un gran tesoro seppellito.
Al rientro nel Paese, scava con gran lena nel suo potere sin quando non trova il tesoro, e con il medesimo, costruisce la Chiesa alla Madonna.


CASACALENDA: CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE

La Chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore è ricca di opere rinascimentali e barocche come la Vergine con il Bambino di Paolo Gamba del 1752; una composizione piramidale dalla gamma cromatica molto ricca che raffigura la Vergine con in braccio il Bambino e, inginocchiati ai suoi piedi, il Cardinale San Carlo Borromeo da un lato e Sant'Ambrogio e il Vescovo della diocesi di Larino Mons. Tria dall'altro. Si può ammirare, inoltre, una Deposizione su tavola di Benedetto Brunetti del 1658 in cui particolarmente espressiva risulta la figura della Maddalena ai piedi del Cristo.


CASACALENDA: SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA DIFESA

Nel Santuario diocesano della Madonna della Difesa si intrecciano segni prodigiosi, legati ad un prezioso "Tesoro", risalente al 1881, che doveva trovarsi in contrada Difesa. La leggenda narra che nel giorno del Corpus Domini, Pasquale Melfi e Maurizio di Genova erano nella contrada per far pascolare dei maiali, giunti nei pressi di un pero i suini scappano impauriti da un bue bianco che sparisce in un cespuglio.
E' questo l'inizio di sogni e presunte visioni che ammoniscono ed esortano il popolo a scavare in quella zona alla ricerca di un tesoro. Sono molte le testimonianze e le titubanze che conducono ad uno scavo, indicato in sogno da Giuseppe de Biasio nel 1896. Nel sogno una donna lo esorta ad andare a scavare per trovare, sotto una pietra, scheletri di uomini e un altare. Anche il figlio Nicola ebbe sogni ancora più chiari in cui la donna, che lasciava intravedere di essere la Madonna, lo esortava ad andare in quel luogo. Gli scavi, stimolati dalla curiosità e dalla speranza di trovare il tesoro annunciato, ma anche sorretti dalla fede popolare, fecero venire alla luce un altare, le gradinate, gli scheletri e la pietra scolpita. In un secondo momento furono ritrovati una pila di acquasantiera e pezzi di muro che, quasi sicuramente, erano i resti di una chiesa distrutta dal terremoto del 1456.
La volontà popolare interpretò quei segnali come il desiderio della Madonna di un tempio in suo onore. Tra tante difficoltà iniziarono i lavori e nel 1896 il vescovo Bernardino di Milia diede il beneplacito per la costruzione di una cappella rurale dal titolo di Maria "Auxilium Christìanorum".
La statua della Madonna che si ammira nella Chiesa è velata, anch'essa, da un mistero. Commissionata all'artista fiorentina Amalia Duprè, in un primo momento fu scolpita secondo l'ispirazione della scultrice. Ormai pronta, si racconta che l'artista sognò la Madonna in un atteggiamento particolare, diverso dall'opera che aveva prodotto.
La colpiva la profonda amorevolezza con cui la Madre teneva il figlio sulle ginocchia, fatto che le diede nuova ispirazione per la statua che oggi si venera, carica di un grande senso di spiritualità.
La Madonna "Ausiliatrice", soccorritrice di tutti i suoi figli, ecco il senso delle apparizioni di Casacalenda. La statua giunse in paese la quarta domenica di settembre tra il giubilo dei fedeli,
la prima opera della Duprè si conserva nella chiesa madre.

CASACALENDA: CONVENTO DI S.ONOFRIO

Il Convento di S. Onofrio fu tra i primi “luoghi devoti” che il Beato Giovanni da Stroncone fondò nella Provincia di S. Angelo negli anni 1415 - 1418, destinandolo a convento di ritiro. Nel 1594 gli Osservanti lo cedettero ai Riformati, che lo tennero fino al 1866. I frati vi ritornarono nel 1899 ad opera del Ministro Provinciale P. Anselmo da Sassinoro. Dopo la seconda guerra mondiale, il convento è stato restaurato ed ampliato; negli anni ‘60 fu costruita una nuova ala destinata all’accoglienza di gruppi ecclesiali per esercizi, ritiri, etc. Dal 1929 fino al 1967 fu casa di noviziato, ripristinato nel 1991, attualmente inagibile a causa del terremoto. Nel Congresso Capitolare del 2009, in stretto collegamento col nostro Convento di Sant'Onofrio in Casacalenda, su richiesta del Vescovo, nel Santuario Madonna delle Grazie in Termoli si è costituita una fraternità di preghiera.


CASACALENDA: CHIESA DELLA SS. VERGINE ADDOLORATA

La chiesa, finita di costruire nel 1761, ha un'unica navata. La facciata è divisa orizzontalmente da una cornice marcapiano, che si conclude con due paraste. All'interno, nell'unica navata, è possibile ammirare l'altare maggiore in marmi policromi, gli stucchi e il coro in legno di noce e ulivo ornato da motivi floreali.




CASALCIPRANO: CHIESA S. MARIA DEL GIARDINO

La Chiesa di Santa Maria del Giardino presenta un portale arricchito di cornici e decorazioni scolpite con evidente difficoltà da artigiani che hanno lasciato il segno di una mescolanza tra il romanico e il gotico. Le sue origini potrebbero trovare collocazione tra il XIII e il XIV secolo.
All'interno si può ammirare il dipinto di Benedetto Brunetti raffigurante la Madonna in adorazione di Gesù Bambino. L'opera, caratterizzata da un insolito sfondo color oro, è databile intorno al 1680


CASALCIPRANO: CHIESA DI S. SALVATORE

E’antichissima, non se ne conosce la fondazione; la porta maggiore e la porta laterale la dicono romanica. Della Chiesa primitiva, forse situata nello stesso sito, non rimane quasi nulla all'infuori dei pezzi che formano le due porte. Il terremoto del 1456 o quello anche più terribile del 1348 forse l’abbatterono. Risulta l'esistenza sicura di una Chiesa Madre sotto il titolo di S. Salvatore solamente dal 1690, molto probabilmente nel sito dove si trova quella attuale. Per antichità fu abbattuta nel 1761 e, dopo 23 anni di continuo lavoro, il 21 Marzo 1784 fu benedetta dall'Arciprete Sbarra. Ebbe però un peccato di origine: il vano bellissimo, slanciato, con decori barocchi, era troppo largo e, nonostante le mura avessero alle fondamenta uno spessore di m. 2.10, la volta presentò segni di debolezza ed anche senza i danni causati dai successivi terremoti, avrebbe avuto poca consistenza.
L'orrendo terremoto del 26 luglio 1805 di nuovo la rovinò, e per ben 13 anni rimase abbandonata.
Nel 1819 con ingenti sacrifici sopportati dalla intera popolazione, e grazie alla cura e vigilanza del Sindaco Nicolangelo Antonecchia e dell'arciprete D. Pasquale, suo fratello, fu ripreso il restauro e, il 3 Aprile 1821, resa adatta ai divini uffici, fu benedetta dallo stesso arciprete, previa licenza del Vescovo di Trivento  Mons. Berardino D'Avolio dell'Ordine dei Cappuccini, e con sommo giubilo e lieti applausi dell'intera popolazione. Ma purtroppo, e per la sproporzionata ampiezza del vano, e per la cattiva costruzione, la povera Chiesa nel 1845 venne chiusa al culto. Rinnovata la volta ed il tetto fu riaperta e benedetta il 23 marzo 1851.
Nel 1886 si procedette ad ampi restauri del tetto e del campanile ma la cupola del campanile, malamente costruita, cadde dopo pochi anni. La Chiesa sarebbe potuta resistere nel tempo, ma il terremoto del 19 Febbraio 1907 fece cadere una parte della volta e provocò lesioni alle mura. Dopo essere rimasta chiusa al culto per parecchi anni, fu riaperta in seguito alla messa a posto di quattro solide catene di ferro, che rafforzano le mura e la volta.
Sull'altare maggiore c’era un quadro copia di parte della Trasfigurazione del Sommo Raffaello (oggi conservato nella Chiesa di S. Maria del Giardino). Vi è pure una bella statua della Immacolata del Citarelli o del Di Zinno. Preziosa e antichissima è l'acquasantiera della primitiva Chiesa quattrocentesca che porta nel cavo il divino pellicano. Si può ammirare anche un ricco e grande trono in cui è la Madonna del Carmine.
La campana, della Chiesa si ruppe poco dopo il 1900 e fu subito rifusa dalla Ditta Marinelli di Agnone, con la spesa di circa lire 2000 offerte dal popolo. La fusione ebbe luogo nella Chiesa di S. Rocco, e la campana pesò dieci quintali e mezzo.
Il seppellimento dei cadaveri nei tempi antichi avveniva in tutte le Chiese, meno in quella di S. Rocco, ma tale usanza fu abolita con legge dell'11 Marzo 1817. A Casalciprano la legge non fu attuata subito, e soltanto nel 1857 fu completata la costruzione del Cimitero. Il primo cadavere seppellito il l0 aprile dello stesso anno fu quello di Nicolangelo Ruta, di Nunzio e Rosalia Cimaglia, di mesi due.
I sacerdoti continuarono a seppellirsi nell'apposita cripta esistente nella Chiesa Parrocchiale e, l'ultimo sacerdote lì deposto, fu D. Michelangelo Fonte, morto nel 1873. Nel Dicembre 1929, per interessamento dei Padri Missionari fu stata innalzata nel Cimitero una grande e bella Croce di ferro, acquistata con l'obolo dei fedeli.
Casalciprano non aveva mai avuto un pubblico orologio, neppure nei tempi più remoti. Soltanto nel 1924 sorse un comitato per soddisfare il desiderio vivissimo del popolo di avere un orologio. Questo, fornito dalla Ditta Curci di Napoli, fu impiantato sul culmine della facciata principale della Chiesa Madre. Fu inaugurato il 25 Giugno 1925 e benedetto dall'arciprete.
Ad oggi, a seguito del terremoto del 31 Ottobre 2002, la Chiesa resta ancora chiusa al culto.


CASALCIPRANO: CHIESA DELLA S.S ANNUNZIATA

Situato in una vallata a circa tre chilometri dal centro abitato. Pur esso è stato fatto e rifatto in seguito ai terremoti ed è miracolo che ancora si mantenga in piedi. Meta di continui pellegrinaggi, specie nei giorni 24 e 25 Marzo. La devozione alla Madonna fa accorrere fedeli numerosi dai paesi limitrofi. Fino a qualche decennio fa era consuetudine, il giorno del 25 Marzo, girare intorno alla statua della Madonna con bambini e giovani, recitando delle preghiere, per poi chiamarsi compare o comare, quasi si fosse raggiunto un legame spirituale.
La statua della Madonna, ora ricoperta da uno strato di vernice, è di origine bizantina, certamente antichissima, forse prima del mille, epoca in cui dovette esistere in quelle adiacenze l'antica Coccheto. Non si sa perché il popolo da secoli l'avesse battezzata un'annunciazione dal momento che ha un bambino tra le braccia.
La Chiesa fino a qualche decennio fa è stata di patronato comunale, prima ancora appartenevano all'antica famiglia Santangelo. I Santangelo, potentissimi e ricchi di feudi nel 1300 e 1400, per varie vicende andarono trasferendosi di paese in paese ed in ultimo, quasi poveri, costretti a rifugiarsi a Busso.


CASTEL DEL GIUDICE: CHIESA DI SAN NICOLA

La Chiesa risale al XV-XVI secolo. L'interno barocco è a 3 navate separate da pilastri squadrati e spoglie di pitture escluse le sole cupole. I pilastri sono sormontati da capitelli con stucchi dorati.
Nell'edicola dietro l'altare vi è una statua di San Nicola di Bari. L'edicola è affiancata da due colonne sorreggenti una pseudo tettoia a mo' di protezione per la statua (sopra vi è una vetrata policroma, se quest'ultima viene aperta, l'acqua piovana che entrerebbe potrebbe danneggiare la statua).
L'altare è in marmo policromo e dorature. Il campanile consta di 4 campane ed è stato completamente ricostruito negli anni cinquanta. Le vetrate della navata centrale raffigurano le 3 virtù teologali. Il 7 ottobre 1984 la Chiesa fu colpita da un terremoto. Susseguentemente la chiesa fu chiusa al pubblico 2 giorni dopo. L’edificio fu riaperto al pubblico solamente 14 anni dopo.

CASTEL DEL GIUDICE: CHIESA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE

La Chiesa è ubicata nei pressi della piazza principale del paese. Originariamente era una congrega, sotto il titolo del SS.mo Sacramento. A seguito della guerra la struttura ha riportato molti danni per cui è stato necessario ricostruirla grazie anche ai contributi previsti dalla legge.
Attualmente internamente la Chiesa è ad una sola navata destinata al popolo, l'altra, funge, invece, da sacrestia.



CASTEL DEL GIUDICE: SANTUARIO DELLA MADONNA IN SALETTA

Il santuario della Madonna in Saletta è un santuario che si trova in mezzo ad un bosco di pini ed abeti nel comune di Castel del Giudice, dal cui centro dista 3 chilometri. Di fronte vi è un prato con attrezzatura da pic-nic.
Il santuario è in stile romanico rurale,  nel 1950 è stato soggetto ad una ricostruzione pressoché "ab imis". L'interno è ad un'unica navata, anticamente, nello stesso luogo, secondo studi si doveva trovare un antico monastero non molto grande.
Il nome Saletta verosimilmente deriva da una scritta del santuario: "Salectu ubi ex antiquitus ficta fuit columna marmorea".
Sull'altare secondario di una cappella vi è una tela raffigurante la madonna risalente al XV-XVI secolo. La madonna è rappresentata con sembianze di una matrona popolana seduta su una roccia nell'atto di tenere con le mani Gesù bambino. Le misure del quadro sono 140 cm. x 85 cm. L’autore è anonimo, ma qualcuno lo identifica con San Luca.
Un effetto ottico da l'illusione che lo sguardo della madonna segua lo spettatore.
Una leggenda vuole che su una roccia dei pressi del santuario si sia fermata la madonna col bambino. La stessa leggenda vuole che su questa roccia vi sia rimasto impresso il calco delle ginocchia della madonna.



CASTEL SAN VINCENZO: CHIESA DI SAN LORENZO IN INSULA

Discendendo nell' oratorio ipogeo dalla scaletta, ci si trova nel braccio sinistro della planimetria cruciforme dell’ambiente, che presenta nella stessa parete nella quale si apre l' ingresso, l' immagine della Vergine Regina in trono col Bambino. Sulla parete all’immediata sinistra e su quella di fronte è coronata di una fascia diademata e regge sulle mani, coperte dal panneggio del manto, la corona simbolica. Verso l’abside si vede la ieratica sequenza delle Vergini, che trova un ideale proseguimento nelle grandi immagini degli arcangeli (Raffaele, Michele, Gabriele, Uriele), dalle ampie ali ammantate di splendide penne policrome, che ne affiancano un quinto rappresentato nella nicchia absidale di fondo. Sulla curva della volta si staglia regale l’immagine della Madonna. Seduta su un ampio cuscino posto su un trono senza spalliera, con i piedi su una sorta di suppedaneo che itera le caratteristiche ornamentali del trono tanto da indurre a crederlo parte integrante della stessa struttura, cui è d’altra parte strettamente accomunato anche dalla medesima inclinazione delle linee prospettiche. Sul braccio opposto la parete di fondo svolge il tema dell’Annunciazione, le cui figure agiscono ai lati di una monofora, mentre la seguente scena della Natività è articolata sulle due pareti contigue.
Sul braccio di destra vi è la Crocifissione e la scena delle Pie Donne.


CASTEL SAN VINCENZO: CHIESA DI SAN MARTINO

Pavimento a mosaico, abside (1200), tele del Patrignani della scuola dell’aquilano Patini.
Fu fondata nel IX secolo, era ad una sola navata. E’ nominata in una pergamena di donazione da parte di Paolo di Quinzano (819). Nel 1777 fu restaurata a spese del popolo, nel 1844 fu ampliata in tre (dimensioni mt 30x20, altezza mt. 9), nel 1863 viene realizzato il pavimento a mosaico. Nei restauri del 1909 viene abbellita con quadri della scuola di Patini,  fino al 1977 in diocesi di Montecassino assieme ai 12 Comuni ex-feudi benedettini, indi a quella d’Isernia-Venafro. Dal 1853 in poi l’Abate di Montecassino mensilmente riuniva qui il clero in Conferenze ecclesiastiche.

CASTEL SAN VINCENZO: CHIESA DI S. STEFANO

Edificata nel 1150 la chiesa presenta un caratteristico rosone dal foro centrale da cui si dipartono otto raggi a guisa di una ruota di carro. Il suo arciprete esigeva la decima dalle famiglie, in ragione di un quarto di grano a fuoco (la meta dalle vedove e dalle orfane).


CASTEL SAN VINCENZO: CHIESA DI SAN FILIPPO NERI
Questa cappella edificata nel 1717, è di proprietà delle famiglie Di Iorio e Di Cristofano. Nel 1741 se ne voleva fare dono, col suo patrimonio, ai Padri Trinitari, ma la S. Sede non concesse il permesso.


CASTELBOTTACCIO: CAPPELLA RURALE DI S. OTO
Cappella rurale, ubicata nella contrada Macchie S. Oto. La posa della sua prima pietra ebbe luogo nel 1893.  Fu aperta al  culto nel 1899.

CASTELBOTTACCIO: CAPPELLA DELLA S. VERGINE DEL CARMELO
Edificata nel 1854, all’interno ospita una tela di lodevole fattura, raffigurante la titolare, opera dell’artista concittadino Arnaldo De Lisio.


CASTELBOTTACCIO: CHIESA DI S. ROCCO

Edificata nel 1837, rendimento di grazie della cessata epidemia colerica.  Nelle pareti esterne, sono murate due lapidi: una tombale, del 1303, rinvenute fra i ruderi stessi nel 1833 e l’altra proveniente dalla Chiesa di S. Giacomo non più esistente.

CASTELBOTTACCIO: CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE

Situata al centro del paese, di antica fondazione come attesta un’iscrizione rinvenuta che riporta la data del 1178.
Nelle vicinanze, una maestosa costruzione con campanile a pianta quadrata danneggiata dal terremoto del 1805, venne poi ricostruita ed ampliata nel 1813 decorata ed abbellita nel 1820. Nel suo interno, sono conservate: la statua di S. Giuseppe e quella della Vergine delle Grazie, opera pregevole del Colombo, alla quale un fulmine caduto nel 1888, asportò una parte del torace e due dita del Bambino.  Inoltre, sono conservate opere del pittore Giovannitti.


CASTELLINO DEL BIFERNO: CAPPELLA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

La Chiesa è situata sull'omonimo colle che domina il centro abitato. Le sue origini risalgono al XIV secolo e venne restaurata nel 1714. Nel 1837 si provvide al suo ampliamento. In essa si trovano diverse statue fra cui quella della Vergine delle Grazie e una lastra in pietra recante l’impronta incisa di un mezzo ferro di cavallo (si ritiene appartenga ad un cavaliere).


CASTELLINO DEL BIFERNO: S.PIETRO IN VINCULIS

La Chiesa più importante del paese nonché la Chiesa madre è quella dedicata a San Pietro in Vincoli, che è situata nella parte vecchia del paese. Si tratta di una Chiesa a tre navate ampliata nel 1797. Nel marzo 2013 è stata riaperta al culto grazie agli interventi di restauro post sisma del 2002. All'interno della Chiesa è possibile ammirare 13 statue, alcune delle quali realizzate da Di Zinno, il coro in legno di noce risalente al 1700 e la fonte battesimale scolpita in pietra.


CASTELLINO DEL BIFERNO: CAPPELLA DELLA MADONNA ADDOLORATA

La Chiesa si trova nella piazza del paese, piazza Municipio. Sopra la chiesa è collocata la torre civica dove, nel 1911, è stato installato un orologio.

CASTELMAURO: S.MARIA DELLA SALUTE

Nel Santuario Santa Maria della Salute si venera la statua della Madonna realizzata in cartapesta verso la metà del secolo XVII situata in una nicchia sul retro dell’altare maggiore.
Dell’edificio più antico che era realizzato in stile romanico non vi è più traccia e vari sono stati nel corso del tempo i rifacimenti ch ne hanno alterato la struttura originale. La Chiesa che osserviamo oggi è strutturata in due navate dove quella di destra è ricavata utilizzando un antico cimitero coperto rimasto incompleto.
Nella parte superiore si osserva la bella copertura a botte con medaglioni in gesso dipinti. Un tempo gli ex voto erano conservati proprio sulla statua della Vergine, oggi sono sistemati in un luogo segreto. Ci si rivolge in particolare alla Madonna della Salute per ottenere guarigioni e aiuto in caso di pericolo. Sembra che il suo intervento abbia salvato la popolazione dalla terribile epidemia di peste nel corso del XIX secolo.
Una processione si svolge la sera precedente alla festa principale. La Vergine viene condotta dal santuario fino alla Chiesa parrocchiale. Prima della processione solitamente si svolge una fiaccolata.

CASTELMAURO: S.LEONARDO CONFESSORE

Costruita nel 1250 su di un colle detto Colle Santo, in stile romanico pugliese, fu ristrutturata in stile barocco all'epoca del vescovo Battiloro, quando nel 1725 la elevò a Concattedrale e la scelse come residenza estiva - autunnale.
Il campanile attiguo, alto cinque piani, si erge su un arco costruito sulla via pubblica. Nel campanile vi sono quattro campane, due delle quali sono di fabbricazione agnonese, la più antica fusa nel 1600 da Ercole Mannelli.
Nell'interno della Chiesa a tre navate sono custodite opere di pregevole fattura come il Coro del 1715 in legno di noce, il quadro del Santo Rosario del '600, il pulpito, l'organo e gli altari lignei rivestiti in oro zecchino, con colonne tortili e capitelli compositi.
Tra i paliotti d'altare ve n'è uno lavorato in pietra locale, con medaglioni e motivi floreali a schema geometrico-decorativo. Al centro del pulpito, ricco di intagli, le Tavole dei Comandamenti rette da teste di puttini.


CASTELPETROSO: SANTUARIO DELLA MADONNA ADDOLORATA

La Basilica Santuario di Maria Santissima Addolorata è un importante luogo di culto cattolico situato nel comune di Castelpetroso, in provincia di Isernia, nel territorio dell'Arcidiocesi di Campobasso-Bojano.
Secondo la testimonianza delle veggenti, la Vergine Maria apparve la prima volta il 22 marzo 1888  a due pastorelle di nome Serafina e Bibiana in località Cesa tra Santi, sulle pendici del Monte Patalecchia. A questa prima apparizione ne seguirono altre e, in seguito al riconoscimento di tale fenomeno, papa Paolo VI ha proclamato Maria Santissima Addolorata di Castelpetroso patrona del Molise il giorno 6 dicembre 1973.
Negli anni novanta del XIX secolo, si decise di costruire un santuario presso il luogo delle apparizioni, ma più a valle rispetto a questo, affinché fosse più facilmente raggiungibile dai pellegrini. Il progetto venne affidato a Giuseppe Gualandi, alla cui morte (1944) subentrò il figlio Francesco.
Il giorno 28 settembre 1890 venne posata la prima pietra e si diede inizio alla costruzione del santuario. Essa procedette a rilento a causa di problemi economici e delle due guerre mondiali: nel 1907 fu terminata e aperta al culto la cappella dei Polacchi, ma le mura perimetrali della Chiesa furono portate a compimento solo nel 1950. Nei decenni successivi si completò il santuario che venne consacrato il 21 settembre 1975 dal vescovo di Bojano-Campobasso Alberto Carinci.
Il 19 marzo 1995, giorno di San Giuseppe e terza domenica di Quaresima, papa Giovanni Paolo II, in occasione del suo secondo viaggio pastorale in Molise, visitò il luogo delle apparizioni e il santuario, e celebrò la Santa Messa e l'Angelus.
Il 14 novembre 2004, l'arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano Armando Dini ha promulgato il nuovo statuto del santuario, che è stato affidato ad un proprio vicario episcopale. In conseguenza di tale nuovo statuto, i Frati francescani dell'Immacolata, che amministravano economicamente e pastoralmente le attività del santuario, ne hanno abbandonato la direzione dopo 12 anni di attività al suo interno, al loro posto sono subentrati i Frati Minori Conventuali. Nel gennaio 2005 è stato realizzato il nuovo altare, posizionato al centro dell'aula.
Il 21 settembre 2011, in occasione del 121º anniversario della posa della prima pietra, il santuario ha ricevuto la visita del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Il 21 settembre 2013, 123º anniversario della posa della prima pietra, il santuario è stato elevato alla dignità di Basilica minore da Papa Francesco, il quale l'ha visitata il 5 luglio 2014 incontrando i giovani di Abruzzo e Molise.


CASTELPETROSO: CHIESA DELLA MADONNA DELLA LIBERTA’

L’originaria cappella, ubicata in località Indiprete, fu ampliata, divenendo un frequentatissimo Santuario, con edificio a tre navate, aperto al culto nel 1834, ricco di decorazioni, esempio di pietà popolare. Come attesta una lapide, conserva il quadro miracoloso della Madonna della Libera, con le mani aperte su cui è incisa la Croce (accanto l’agostiniano S. Nicola da Tolentino e l’eremita S. Antonio Abate, patrono dei campi e degli animali), donato dai fratelli Giovanni, Agostino e Pietro Arcaro.
La pietà popolare mariana qui e' ben anteriore al miracolo dell’apparizione di Guasto. Molto viva è la tradizione della Via animata dai fedeli, con rappresentazione dei Sette Dolori.



CASTELPIZZUTO: CHIESA DI SANT’AGATA

Di origine medievale, fu costruita nei pressi del castello, seguendo lo schema emblematico di quel periodo. Più volte restaurata, colpisce il visitatore per l'estrema semplicità. Sorge,all'entrata dei paese nella parte bassa, separata da una stretta via dal palazzo baronale che conserva ancora una torre angolare cilindrica. Sull'architrave della porta, che consente l'accesso alla Chiesa, è incisa la data del 1594, l'anno di costruzione.
L'uscio della porta ricorda che un Libetti lo lavorò e mise a posto nel 1752: non è chiara, invece, una breve iscrizione murata nel campanile contiguo, che pare assai meno anziano dell'edificio: edificio il cui interno, per la superlativa semplicità, sembra simboleggiare l'umiltà cristiana, e la povertà esaltata dal Poverello di Assisi.


CASTELVERRINO: CHIESA DEI SS. SIMONE E GIUDA

La Chiesa è molto particolare, a pianta centrale ma a tre navate. Chi impiantò la costruzione sembra che abbia ragionato in funzione delle statue dei santi, seguendo la rigida logica bizantina secondo cui più volte è rappresentato il simulacro del sacro, più volte il sacro è presente attraverso il suo simulacro. Sull’altare centrale le nicchie di S. Rocco e di Maria Vergine. Ulteriore statua di S. Rocco è visibile su un altro altare. Nella navata di destra e anche in quella di sinistra la statua di S. Lucia. E poi S. Vincenzo Ferreri con il capo fiammeggiante e la sua regola nella mano sinistra. In una nicchia S. Michele Arcangelo calpesta il diavolo, quasi di fronte la Madonna Addolorata sta nel suo abito nero con il cuore trafitto. Dall’altra parte la Madonna della Libera è ferma nel suo abito bianco mentre mostra ai fedeli le mani aperte segnate da una croce. Non manca l’antico organo che si intravede sulla cantoria sorretta da due bellissime colonne di legno a torciglione, decorate da viticci e convolvoli. La Chiesa Madre è stata chiusa per 43 anni. La riapertura il 18 agosto 2013, considerata una vera e propria festa, ha coinvolto tutta la comunità Castelverrinese e numerosi amici di paesi limitrofi. Bello e commovente è stato il prologo della processione che dalla Chiesetta della Madonna della Libera ha raggiunto il caratteristico centro storico del Paese, sede della restaurata Chiesa dei SS. Simone e Giuda. Dopo il rito d’ingresso, il Vescovo della Diocesi di Trivento S. E. Mons. Domenico Angelo Scotti, ha riconsegnato simbolicamente le chiavi della Chiesa al Parroco Don Paolo Del Papa, che da qualche anno coordina le attività dell'antica parrocchia; ha benedetto l’acqua per aspergere l’assemblea, le pareti e l’altare in segno di purificazione.
Nella chiesa Madre è presente un dipinto di Federico Pelorosso, eseguito nel 1934 e raffigurante Sant’Emidio vescovo di Ascoli Piceno, protettore del paese dai terremoti. Si racconta che fu la popolazione a volerlo dopo averne scampato il pericolo. L’artista nacque a Castelverrino e sordomuto dalla nascita, trascorse parta della sua vita in Argentina; dotato di straordinarie capacità, in paese si  ricorda la sua magia, quando stendeva un telo contro il muro proiettandovi immagini che all’istante ritraeva fra lo stupore generale.


CASTELVERRINO: CHIESA DELLA MADONNA DELLA LIBERA

In questa chiesetta ogni anno, l'8 settembre, si celebrano i festeggiamenti in onore della Madonna della Libera.
L’origine della Chiesa è riconducibile all’epoca pre-cristiana;  nel 1915 la struttura risultava abbandonata e già da lungo tempo chiusa al culto. Testimonianze di anziani mostrano che gli ultimi resti della stessa furono abbattuti dai tedeschi, i quali si impadronirono anche delle campane. Della struttura originaria resta una pietra incastonata nella cappella di recente costruzione che oggi sorge sul suolo di quella antica. La ricostruzione fu promossa dall’Avv. Marinelli Alfonso, in devozione e ricordo del padre; è stata riaperta al culto nel 2002.


CASTROPIGNANO: CHIESA DI MARIA SS. DELLE GRAZIE

La Chiesa di Santa Maria delle Grazie è ubicata al di fuori del borgo medioevale e fu costruita nel 1560 per volere del barone Vincenzo d’Evoli. Questa fu costruita nello stesso luogo dove prima sorgeva una cappella rustica in onore alla Madonna.
Nel 1707 l’edificio religioso fu lasciato in custodia ai padri francescani che con le loro spese si presero cura dell’amministrazione della Chiesa e anche della edificazione di un convento.
Purtroppo il convento fu chiuso nel 1809 e passò nelle mani del comune; al momento è la sede della scuola media statale.
Per quanto riguarda la struttura, esternamente è totalmente intonacata. La facciata è costituita da un portale in stile neo-rinascimentale decorato con due colonne dai capitelli in stile ionico, i cui basamenti riportano il simbolo della croce. Il portale in legno e’ sovrastato da una volta con un arco in pietra locale; sulla facciata è presente anche una finestra quadrata. Internamente è possibile visitare i bassorilievi in stucco ricoperti in oro.
La Chiesa è ad una sola navata e con pianta rettangolare. Le due pareti laterali ospitano due nicchie ognuna per un totale di quattro, all’interno delle quali vi sono state riposte delle statue di santi francescani: San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio di Padova, San Pasquale di Bailon e San Francesco di Sales. L’altare maggiore si trova nella zona presbiteriale ed e’ in marmo e pietra sovrastato a sua volta dalla statua della Madonna contornata dalle raffigurazioni degli angeli oranti e dei Dodici Apostoli.
Nella parte alta vi e’ anche un monogramma francescano all’interno del quale vi e’ raffigurato il braccio di Cristo che si incrocia con quello di San Michele. Non solo la navata ma anche la zona presbiteriale presentano volte a botte.
Per ricordare il contributo del popolo e dei pastori nella costruzione della chiesa, nella parte sottostante il cornicione di volta vi sono raffigurati delle forme di cacio alternate a dei teschi.
Un episodio particolare avvolge la storia di questa Chiesa: si narra che dopo la costruzione di questo edificio religioso, un carro, che trasportava una statua lignea della Madonna da Lucera a Carovilli, si arrestò proprio in prossimità della chiesa della Madonna delle Grazie e i muli che lo trainavano non vollero più proseguire il viaggio.
Si decise allora di collocare la statua della Madonna nella Chiesa ma dopo alcuni giorni gli abitanti di Carovilli giunsero a Castropignano con l’intento di riprendersi la scultura ma ogni qual volta si iniziava il viaggio il cielo faceva temere l’arrivo di un temporale. si prese allora la decisione di far rimanere la statua nella chiesa di Castropignano, che da allora è meta di pellegrinaggi.


CASTROPIGNANO: EX CHIESA DI SAN NICOLA

Questa Chiesa fu edificata nel 1323 a spese di una famiglia nobile, discendente dei Bulgari.
In stile gotico, a tre navate con archi a sesto acuto, asimmetrica, con quattro arcate a destra e tre a sinistra. Il portale è stato venduto ad un antiquario.


CASTROPIGNANO: CHIESA DEL SS. SALVATORE

Le tre antiche parrocchie (S. Maria Assunta, col titolo arcipretale; col titolo di Rettorie: SS. Salvatore e S. Nicola), crollate per il sisma del 1805, nel 1812 si fusero in una sola, col titolo del SS. Salvatore.
A tre navi, a croce latina, rasa al suolo dal sisma del 1805, fu ricostruita e riaperta al culto nel 1827. Il portale romanico è arricchito da una cornice sui lati e sull’arcata, teste di putti e motivi vegetali. II giro del portale per metà è a spirale e l’altra metà a spina di pesce. Quattro archi gotici separano tra loro le due navate. Due acquasantiere trecentesche,  ex Chiesa parrocchiale S. Maria Assunta (1100): fu la prima chiesa di Castropignano e fu rasa al suolo dal sisma del 1805.

CASTROPIGNANO: SANTUARIO ALL’APERTO MADONNA DEL PESCHIO

Bellissima chiesa in plen air, la cui cupola è il cielo e le mura le querce del bosco. Alla sommità del Peschio (roccia) don Alessandro Porfirio con pazienza certosina ha creato quest’impalpabile cattedrale, unita e svettante al cielo.


CERCEMAGGIORE: CONVENTO DI SANTA MARIA DELLA LIBERA

Il convento Santa Maria della Libera di Cercemaggiore fu edificato a partire dal 1489 grazie alle donazioni elargite dai feudatari Alberico Carafa e Giovannella di Molise. La sua storia inizia però idealmente nel 1412, anno in cui la tradizione orale e scritta colloca il rinvenimento della statua lignea della Madonna orante di Cercemaggiore. In seguito a tale avvenimento, intorno al 1414 è attestata la costruzione di una primitiva cappella, poi distrutta dal terremoto del 1456, e sul finire del secolo la realizzazione ex novo del convento domenicano.
Il convento fu dotato fin dalla sua fondazione di importanti privilegi e ricchi possedimenti terrieri, che andarono crescendo nel corso dei secoli seguenti e che procurarono ai frati non poche liti, sia con i privati cittadini sia con l’Università di Cercemaggiore.
Nella prima metà del XVII secolo la comunità domenicana cercese entrò nella Congregazione di San Marco dei Cavoti ed il convento guadagnò grande prestigio come casa di noviziato e di studentato. La fase positiva durò per quasi due secoli, per essere poi interrotta dalle difficoltà portate dall’aprirsi del XIX secolo.
Nel corso dell’Ottocento il convento di Cercemaggiore riuscì a sopravvivere a ben due provvedimenti soppressivi. La prima soppressione fu compiuta dal governo francese con atto emanato da Gioacchino Murat il 7 agosto 1809 ed indirizzata ai cosiddetti Ordini possidenti del Regno di Napoli. I beni del convento di Cercemaggiore furono dispersi e incamerati per buona parte da Augusto Turgis, che si trovò presto in controversia giudiziaria con il Comune di Cercemaggiore e l’arciprete Vincenzo Rocca, i quali chiedevano che i beni fossero restituiti al convento e che questo, diventato proprietà comunale, fosse trasformato in un convitto pubblico gestito dai frati domenicani. Ciò effettivamente avvenne con atto notarile del 1821, mentre al contrario rimase inascoltata la petizione per la riaperta della farmacia che aveva sede nel medesimo convento. La seconda soppressione, quella post-unitaria del 17 febbraio 1861, rischiò di compromettere il tutto, ma l’allora superiore del convento, P. Gaetano Capasso, riuscì saggiamente a far ritenere nullo il decreto per la particolare situazione giuridica in cui versava il convento, essendo questo di proprietà comunale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il convento della Libera ebbe un momento di nuova vitalità, divenendo un importante luogo di rifugio. Un ulteriore evento distruttivo si verificò, invece, con l’incendio scoppiato nella notte tra il 16 ed il 17 agosto 1947, i cui danni furono limitati grazie al tempestivo intervento dei frati e dei fedeli del luogo.
Il complesso attuale è il risultato di trasformazioni ed ampliamenti susseguitisi fino ai nostri giorni. Un prezioso documento visivo, testimoniante l’aspetto assunto dal convento domenicano alla fine del XVII secolo, è offerto dalla veduta di Cercemaggiore che il pittore Benedetto Brunetti di Oratino inserì nella tela della Madonna di Loreto, conservata nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Croce che sorge nel centro storico del paese.
Il convento si organizza attorno a due chiostri, sui quali affacciano edifici impostati su due livelli di altezza. Dal chiostro più interno, dedicato a San Domenico e costituito da un cortile circondato da sedici campate coperte da volte a crociera, si accede a locali vari quali la Chiesa, la biblioteca, i refettori, le cucine e il dormitorio del piano superiore, le cui stanze abbracciano, nel loro prolungamento, anche il secondo chiostro detto di San Vincenzo.
Il convento possiede anche due refettori, quello minore conservante alcuni quadri e soprattutto un affresco tardo manierista databile agli inizi del Seicento e raffigurante San Domenico che moltiplica il pane per i suoi confratelli. Il refettorio maggiore, dovuto ad un ampliamento eseguito verso la metà del XVII secolo, si costituisce di un ambiente allungato coperto da una volta a botte e con parete di fondo occupata da un imponente affresco dell’Ultima Cena, opera di Nicola Fenico di Campobasso del 1686, mentre sulla parete opposta campeggia la tela seicentesca della Madonna di Costantinopoli del pittore Giovanni Tommaso Guarini da Solofra, precedentemente collocata nella prima cappella di destra della chiesa conventuale.
Negli ultimi decenni la comunità domenicana di Cercemaggiore si è purtroppo drasticamente ridotta di numero. Nonostante le difficoltà, però, il convento cercese di Santa Maria della Libera continua ad essere uno dei non molti poli domenicani ancora attivi in Italia.


CERCEMAGGIORE: CHIESA DI SANTA MARIA DELLA CROCE

Di antica origine, si erge in punto ove, secondo la tradizione, situava un tempio dedicato a Marte. Presenta il portale in perfetto stile romanico.
Le tre navate interne, con transetto, sono arricchite dall'altare marmoreo, dalla Cappella dell'Addolorata, con affreschi del tardo cinquecento ed un bel retablo in legno dorato e intagliato, da numerose statue lignee, da dipinti su tela, alcuni attribuiti a Benedetto Brunetti, dall'organo datato 1735.


CERCEMAGGIORE: CHIESA DI SANTA MARIA A MONTE

Una fra le Chiese più antiche del paese, posta sulla cima dell'omonimo monte, la cui festa del 15 di agosto richiama un gran numero di fedeli, anche dai paesi vicini. Edificata fra l'XI ed il XII secolo e più volte ricostruita (recenti scavi hanno messo in luce le diverse fasi e ampliamenti), presenta un bel portale gotico che cela un precedente romanico ed ascrivibile alla prima metà del XIII secolo.
Il Muccilli ipotizza la presenza, in tale periodo, di un'unica scuola molisana di Maestri scalpellini attivi anche in Bojano a S. Maria del Parco e nella Cattedrale, ove un portale simile venne realizzato nel 1239. Ricordata come Chiesa Rettorale nel 1573 e danneggiata dal terremoto del 1688, fu restaurata e restituita al culto nel 1705 e nel 1820. A seguito del crollo della facciata nel febbraio del 1985, fu avviato un ampio recupero statico e di restauro del complesso (1987), che l'ha riportato nella forma originaria.


CERCEMAGGIORE: CHIESA DI SAN ROCCO

Un tempo posta fuori dell'abitato e fondata nella prima metà del XVI secolo presso i resti della Chiesa campestre di S. Pietro nel cui luogo venne erette un cimitero di cui resta l'antica COLONNA DELLA CROCE (1569), prese tale denominazione solo a seguito della peste che  nel 1656 seminò vittime anche in Cercemaggiore.
Precedentemente era dedicata a San Sebastiano  ed agli apostoli Filippo e Giacomo, di cui si conservava ancora la tela sull'altare maggiore intorno  al 1930. La statua dell'attuale patrono S. Rocco sostituisce una più antica e risale al 1874.
La Chiesa sede dell'omonima Confraternita (l'unica delle antiche ancora esistente) fu oggetto di numerosi restauri ed ampliamenti a partire dal 1584, mentre nel 1705 fu riconsacrata dal Card. Orsini essendosi perduti i documenti più antichi di fondazione. Altri lavori si ebbero poi nel 1834 con la costruzione dell'odierne volte e l'ampliamento della facciata e del lato settentrionale, nonché del prolungamento dell'antico presbiterio e la realizzazione di nuovi altari. L'antico  orologio ottocentesco un tempo sulla sommità della facciata venne invece "regalato"  perché sostituito dal vicino orologio comunale alla metà degli anni '70 al Vescovo Michele D'Aversa per la Comunita di Humaità in Brasile, ove per un certo tempo continuò a funzionare, prima di crollare insieme al  nuovo campanile.


CERCEMAGGIORE: CHIESA DI SAN RAFFAELE

Realizzato negli anni 1839/40 per sopperire alla chiusura delle sepolture, interdette nella Chiesa parrocchiale, quale nuovo cimitero, venne benedetto dall'Arciprete Cav. Vitone nel gennaio 1841 per delegazione del Cardinale Bussi.
Abbandonato dopo il 1889 per la realizzazione dell'odierno camposanto e successivamente caduto in rovina, è stato recentemente restaurato dal Comune che lo utilizza occasionalmente per eventi culturali.
Si compone di una grande aula interna, un tempo provvista di altare e con funzione di cappella, mentre il piano sottostante, o ossario, a cui si accede da sei botole praticate nel pavimento, è attualmente celato.


CERCEPICCOLA: CHIESA DEL SS. SALVATORE

Questa Chiesa edificata intorno al 1200 ha subito nel corso del tempo vicende edilizie di ogni genere. Ebbe un radicale restauro, tant’e che venne riconsacrata il 6 maggio 1742 dal vescovo Manfredi. Danneggiata dal sisma del 1805, fu restaurata e una sopraelevazione dei muri fu eseguita nel 1847, allorché fu staccato il soffitto ligneo di Giovanpietro Ferraro. Di nuovo ricostruita nel 1950, unitamente al campanile (1200).
Dimensioni; due navate, mt. 19x10, 50, altezza 8, mt. 1600. All’interno si custodisce una (Trasfigurazione) di Matteo Prato detto il Calabrese (1613-99) ed una statua della SS. Concezione di Paolantonio Di Zinno. A destra di chi entra vi è una bella acquasantiera in pietra rosa (1200), che risale all’epoca della primitiva chiesa medievale. Quasi tutte le feste si concentrano nel periodo estivo, dato l’alto indice di emigrazione.



CERRO AL VOLTURNO: CHIESA DI S. PIETRO APOSTOLO

La Chiesa dei SS. Pietro e Paolo è nella parte bassa dell'abitato. Secondo l'iscrizione sul portale, fu eretta nel 1318 ed ha subito diversi restauri a causa dei danni provocati dai molti terremoti. Al suo interno ospita un magnifico altare in marmo policromo, è inoltre dotata di un poderoso campanile ad angolo la cui campana è datata 1300.


CERRO AL VOLTURNO: CHIESA DI S. MARIA ASSUNTA

La Chiesa di Santa Maria Assunta si trova nella parte alta dell'abitato, vicino al castello, ed è per questo che è chiamata anche Chiesa di Santa Maria al castello. Fu costruita intorno al 1000 dai primi abitanti del paese e fu promossa parrocchia intorno al 1500. Conserva, al suo interno, tre pale del XVII secolo e due cippi funerari di epoca romana (III-IV sec. d.C.). Molto interessante è il campanile a vela del XVII secolo.


CHIAUCI: CHIESA DI S. ONOFRIO

Si trova sul tratturo, a sud del paese, all’interno del bosco omonimo, a metà strada tra Chiauci e Pescolanciano. Ha subito nel tempo numerosi rifacimenti, per rimediare all’usura del tempo e ai danni dei vari terremoti fu importante il rifacimento nel XV secolo.


CHIAUCI: CHIESA DI S. SEBASTIANO

Sull’area di un’antica cappella, fu attuato un ampliamento a spese della congrega del SS.Rosario, che ne curò anche la decorazione con stucchi pregiati. Si trova accanto al municipio, nella piazza su cui convergono quattro strade, nuovo centro urbano.


CHIAUCI: CHIESA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

La primitiva cappella sorse con l’abitato. Successivamente fu ampliata ad una nave (1450). Nel 1724 fu ulteriormente ampliata a tre navi, diventando imponente. La data è incisa su un’epigrafe murata nel fronte. Sorta a ridosso della principale porta urbica, ne recupera una torre adattandola a campanile, realizzando una sopraelevazione nella quale si aprono i quattro archi delle campane. All’interno è custodito l’altare maggiore settecentesco in marmi policromi. Si trova nel centro storico (normanno - angioino).


CIVITACAMPOMARANO: CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE

Vicino al castello si trova la Parrocchia di Santa Maria Maggiore la cui Chiesa parrocchiale, nel 1903, a causa dello sfaldamento di un costone tufaceo, crollò. Il suo fonte battesimale e la relativa porta di accesso, di notevole valore artistico, sono stati recuperati e riutilizzati nella chiesa di Santa Maria delle Grazie lungo Via Vincenzo Cuoco.
Inizialmente per adempiere alle nuove funzioni di parrocchia, dovette subire immediati interventi di restauro e consolidamento, perché priva della parte della copertura e con gravi lesioni alle murature verticali. Attualmente l'edificio è il risultato di diversi interventi che ne hanno mutato la struttura originaria. Si presenta adesso a due navate divise da tre arcate a tutto sesto. La principale navata è a forma rettangolare porta a l'area presbiteriale e all'apertura su Via Cuoco con la presenza di una zona atta ad ospitare il coro.
Il portale incornicia il vano con la vasca battesimale, un manufatto in pietra dalla forma stilizzata e privo di decorazioni che fino al 1624 ha rappresentato l'unico fonte battesimale del paese. Oltre al portale di origine tardo gotica, gli elementi più interessanti sono presenti nel presbiterio: l'altare in marmi policromi e il sovrastante dossale in legno, scolpito e dorato.
L'altare risale al 1779 e proviene da Santa Maria Maggiore e la sua parte anteriore è decorata, al centro, con una cornice che ingloba un bassorilievo raffigurante "La Vergine con il Bambino". L'altro manufatto è il dossale in legno diviso in tre parti da colonne ornate da capitelli corinzi. Al centro è presente una raffigurazione de "La Madonna con Bambino e Santi" olio su tela del '700.
Il campanile a tre piani, che termina a punta con quattro facce, conserva una lapide lacunosa, incastonata nel lato nord, di non facile interpretazione, dalla quale sembra tuttavia di poter dedurre che fu applicata nel 1620 in ricordo di un altare, dedicato, nella Chiesa stessa,  a San Giacomo con le reliquie del santo.


CIVITACAMPOMARANO: CHIESA DI SAN GIORGIO MARTIRE

In cima all'altissimo dirupo della "Cavatella" si trova la parrocchia di San Giorgio Martire. La facciata e' di forma rettangolare ma termina a triangolo nella parte alta, nella quale e' fissato un bassorilievo in pietra raffigurante San Giorgio a cavallo. L'interno è a due navate, con soffitto a cassettoni e con un coro e un organo in legno ben conservati. La Chiesa, nella quale sono custodite le reliquie di San Donato Martire e una statua equestre di San Giorgio, possiede tre altari di pietra finemente lavorati e alcune lapidi funerarie della famiglia Pepe.


CIVITANOVA DEL SANNIO: CHIESA DI SAN SILVESTRO PAPA

Ampliata nel 1911, su fondamenta antiche è a tre navate — in origine aveva solo l’aula ed era priva dell’abside corale — con un accesso di rampe a vista, come il campanile, protette da balaustrate robuste. Si nota già all’esterno il contrasto di forza, legata all’ambiente montano, e di leggiadria, in un elaborato lavoro di ornati che dovrebbero impreziosire, al pari dei prati fioriti picchi rocciosi, questo carattere rupestre del sacro edificio.
La giustificazione è facile a trovare: isolati, nel desiderio di far sempre più bello, committenti e artieri s’indugiarono a sognare e a lavorare, di tempo in tempo. ad ogni particolare, cesellando e coprendo di fregi e ornati, con finti marmi, quasi sentissero. come nell’epoche antiche, l’orrore del vuoto. Oggi diciamolo subito, oltre alla necessità di tener fede alle esigenze liturgiche che il Concilio Vaticano II ha promulgato. si sarebbe visto volentieri una maggiore semplicità. come più consona all’ambiente stesso.
La Chiesa è dedicata a S. Silvestro Papa: un romano vissuto tra il 314 e il 335 sulla cattedra di Pietro. al tempo di Costantino. E’ il costruttore della prima basilica petrina. La sua festa cade il 31 dicembre. Quale compatrono gli si è affiancato S. Bernardino da Siena (1380 + 1444). In facciata, nella strombatura, al di sopra del portale, vi è una pittura su lamiera, opera del nostro secolo, recentemente ritoccata, con i due protettori ai lati di un’Immacolata di reminiscenze murillesche.
Chi entra, subito dal vestibolo, formato dalla balconata della cantoria, nota la vastità dell’ambiente, alquanto appesantita dai troppi fregi e pitture. Ai lati della Cantoria. sotto le nicchie di S. Lucia e S. Vincenzo Ferreri, due lapidi ricordono l’Arc. Emilio Battista che tanto si adoperò per la popolazione e le sue Chiese e l’Arc. Vincenzo Saulino solerte continuatore del Venerato predecessore. Doverosa menzione è al pittore Vincenzo Colecchia che tando splendore diede al Tempio.
Il ricordo, invece, di quanto è stato fatto nell’Anno Santo 1975, con l’attuale parroco concittadino D. Antonio Battista, lo si ricorda con una modesta scritta posta dietro l’antico altar maggiore.
Il soffitto piatto, ligneo a lacunari, in origine, con tutta probabilità, in colori naturali, è stato tutto dipinto di bianco, con qualche accenno di oro falso. Lungo le pareti dell’aula, sotto un finto cornicione e a una didascalia a grosse Lettere, sfilano delle scene bibliche evangeliche, riprese dall’illustrazione sacra dell’epoca: Dorè e pittori, specie tedeschi popolari, con qualche variante personale. La pittura è ad olio sul muro, trattato con un’imprimitura di pittura magra. Tutto questo ciclo, al pari delle scene collegate sulle volte delle navatelle aggiunte, sono opera del pittore concittadino Vincenzo Colecchia, il quale ideò e realizzò la vasta opera con particolare passione e generosità, legato com’era al vecchio Arciprete Emilio Battista da profonda venerazione e fraterno affetto. La lapide commemorativa giustamente lo associa al committente restaurato in alcune parti, più tardi, dall’altro concittadino Cipriano Antonio, avrebbe indubbiamente una maggior valorizzazione, qualora si volesse ripulirlo dei troppi fiuti marmi e fregi che lo appesantiscono, inserendo, piuttosto, ad utilità pastorale, eventuali nomi dei personaggi (specie nei peducci delle volte) e didascalie nelle scene, come si è fatto di recente, dovendo sostituire una composizione di fianco al presbiterio, andata distrutta dalle infiltrazioni d’acqua, scorrenti dal campanile addossato.
Nell’abside,  aggiunta all’inizio del secolo, con l’ampliamento, in una nicchia, circondata da un polittico ligneo artigianale, quanto mai elaborato, vi è una statua dell’Assunta, coloratissima in gesso, opera di Silverio Giovannitti da Oratino (1758) e ridipinta da Emilio Labbate da Carovilli (1863).


COLLE D’ANCHISE: CHIESA DI SAN NICOLA

Sorge in mezzo ad una piccola radura a circa due chilometri ad Ovest dell'abitato di Colle d'Anchise ed è collegata con il paese da una strada rotabile che è la continuazione di via Campo di Maggio e che porta fino a Spincte. Sulla facciata anteriore c'è la porta d'ingresso, in alto, ad un metro circa dalla porta, c'è una piccola nicchia contenente la statua di San Nicola alta circa mezzo metro. Sovrasta la facciata il Campanile a piramide con in cima una croce di ferro, sotto di essa c'è la campana, che nel giorno in cui si festeggia S. Nicola, l'ultima domenica di maggio, inonda del suono le valli circostanti. All'interno vi ò la nicchia con la statua di San Nicola. Come immensi occhi, due fari elettrici dalla sommità degli spigoli laterali superiori della facciata, illuminano il sagrato della chiesetta durante la notte.
Intorno alla Chiesa dalla parte della strada e stato realizzato un muro di sostegno in pietra e la Chiesa, per tutto il perimetro è circondata da una staccionata di legno. Spazzata dai venti invernali, frustata dalla grandine e dalla pioggia, riarsa dal sole estivo, solitaria, circondata da boschi di querce, la chiesetta domina la valle. Sulla parte sinistra del sagrato c'e una colonnina con in cima una croce di marmo. Sul frontespizio della colonnina sono incise le parole: “A.D.V. di Angelo Di Pezza fa Michele dal Canada, 1967". Le Chiese che vi erano un tempo da documenti, carte demaniali risulta che Colle d'Anchise, nel passato, aveva oltre quelle citate, altre Chiese. La Chiesa di S. Crescenzo risaliva al 1360 e Yagrimensore Nicolò Pascale la riportò sulla cartina del 1737. Vi era una strada che dal castello (palazzo) la raggiungeva, era in località dove attualmente c'è la V18. S. Crescenzo. Oltre queste testimonianze di essa non c‘è rimasto nulla, la Chiesa di San. Giovanni  si trovava in località Colle San Giovanni al confine con Spinete. Crollata nel corso del tempo, nel secolo scorso vi rimanevano solo alcuni ruderi. La Chiesa di San Rocco era in una zona rurale ed alla fine del 1600 fu ristrutturata. Di essa non è rimasta traccia,  la Chiesa di San Nicola, si trovava dentro le mura in prossimità del castello (palazzo). Di essa si trova il portale ed una pietra che, all’epoca, fu venduta, e che attualmente è incastonata in una casa in contrada Macchia.



COLLE D’ANCHISE: CHIESA DI SANTA MARGHERITA

La Chiesa parrocchiale o “chiesa madre”, come viene chiamata comunemente dalla gente, ha origini remote e questo è testimoniato anche dalla presenza di un battistero in pietra a forma ottagonale nella parte superiore e con otto stemmi in rilievo per ogni spigolo di epoca medioevale. Studi di araldica in futuro decifreranno meglio gli stemmi che risalgono alla fine del 1200 inizio del 1300. Le bolle episcopali del 1500 ne danno menzione chiamandola “chiesa arcipretale S. Maria degli Angeli”.  I registri parrocchiali dei battezzati, cresimati, dei morti ne parlano a partire dal 1603. La Chiesa, da quello che si apprende dai registri parrocchiali dei morti del 1700, oltre a servire per le celebrazioni liturgiche, accoglieva nella cripta e nel suo interno le sepolture dei morti. Altre testimonianze si hanno prima del terremoto del 1805, sono date dagli altari collocati in fondo alle due navate laterali. A quello di destra vi è inciso nel marmo ad entrambi i lati lo stemma della famiglia principesca Di Costanzo, segno che quella cappella era di diritto patronale. A quello di sinistra vi è il bellissimo altare in marmo con il bassorilievo della Madonna del S. Rosario con incisa la data A.D. 1752. Lo stato della Chiesa era buono fino al 1805 quando, con il terremoto, fu abbattuta totalmente al punto che fu necessario fare un nuovo progetto e iniziare una impresa non facile per la ricostruzione.
Il progetto, superbo per la maestosità e l'imponenza, fu affidato all'architetto Presutti Vincenzo. La facciata esterna fu progettata in ordine ionico, la disposizione interna in ordine corinzio, nell'insieme la Chiesa ebbe un buon assetto architettonico a tre navate: la navata centrale alta 20 metri e lunga 27, le navate laterali lunghe 20 metri ciascuna; l'area totale interna risultava di 540 metri quadrati. Il tempo per riedificare e ampliare la chiesa durò alcuni anni e le spese furono enormi. Da un documento di archivio datato 26 marzo 1814 risulta che, Gioacchino Napoleone re delle due Sicilie, autorizzò il Comune di Colle d'Anchise a vendere all'asta un fondaco e una casa appartenente al comune e a dare il ricavato per il restauro della chiesa.
Il parroco preventivò una spesa che ammontava a dieci, dodicimila ducati. Per reperire le somme da utilizzare a tale scopo rinunciò all'onorario di maestro di scuola e allo stipendio annesso al budget del predicatore per la quaresima che lui sostituì. La somma che versò ammontava a SO ducati. Furono scavate la maggior parte delle tombe che vi erano e le ossa furono portate in una fossa comune non distante dalla chiesa. Nel 1829 la Chiesa non era ancora completata. I lavori di rifinitura degli stucchi furono affidati alla ditta Vincenzo Costanzo di Frosolone. Il tempo occorso per il restauro era inciso su una lapide che era dove ora c’è l'affresco dell'ascensione. Vi era il nome del parroco del tempo, don Giovanni Spina, e sottolineata la grande partecipazione dei fedeli per le offerte date.

COLLE D’ANCHISE: CHIESA DI SAN SISTO

Dalla piazza Europa è raggiungibile percorrendo via S. Sisto, la sua esistenza è documentata da bolle episcopali del 1500. Nel 1628 fu visitata dal vescovo e nell’ annotazione della visita si legge che: dove attualmente c'è la Chiesa vi era il monastero dei religiosi donzenicani. Con l'andare del tempo i religiosi abbandonarono il monastero di cui nel 1628 non restavano che alcuni ruderi. La Chiesa aveva tre altari sotto il titolo di San Sisto, Madonna del Santissimo Rosario e del Santissimo nome di Dio. Era posta extra moenia, cioè fuori le mura del castello. Dalla visita pastorale del 1697 si apprende che oltre all'altare maggiore aveva l'altare di San Gaetano che fu fatto erigere dall’illustrissimo principe Alessandro Di Costanzo e l'altare di San Nicola che fu eretto da don Francesco Costanzo. Del 1701 è l’acquasantiera in pietra nella cui parte concava vi è scolpito un pesce. È sorretta da una colonna con base su cui e incisa la data “1701" e la scritta “Domenico Furiano in devotionem fecit". Dalla cartina dell'Agrimensore Nicolò Palmieri di Casalciprano del 1737 risulta che vi era la Chiesa e intorno un gruppo di case con la scritta “borgo S. Sisto”. La Chiesa fu nel passato proprietà dei diversi duchi, della famiglia Tomacello e poi del duca del luogo Della Torre Nicolò Filomarino. Dopo il terremoto del 1805, avendo subito la chiesa parrocchiale enormi danni da non poter essere utilizzata, fu usata per tenervi il Santissimo Sacramento e per le celebrazioni. Nel 1859 divenne sede della locale confraternita del Purgatorio che ne curava la manutenzione e in seguito, nel 1943, della confraternita della Madonna del Carmine, accoglie le reliquie di San Sisto II papa e filosofo ateniese, ed una statua del medesimo scolpita dal Colombo nel XVIII secolo, artista che scolpì la statua di S. Bartolomeo patrono della diocesi che si trova nella cattedrale di Bojano. Nel 1942 aveva il soffitto in legno ed era carente nelle strutture, le truppe alleate (canadesi, scozzesi, irlandesi, inglesi e polacche) durante il passaggio e la sosta in Colle d'Anchise dal 23-10-1943 al 30-5-1944 asportarono dalla chiesa di San Sisto oggetti sacri per un valore di lire 1.973.700. Il 28 dicembre del 1950 il parroco don Gaetano Di Rienzo chiedeva un indennizzo della somma sopracitata,  nel 1956, con il concorso della generosità del popolo, fece restaurare il soffitto, il pavimento e l'altare. Un altro restauro fu fatto nel 1986 con tinteggiatura interna ed esterna, la Chiesa consta di una sola navata in fondo alla quale vi è l'altare in marmo offerto dai fedeli nel 1889 dietro al quale in tre nicchie, in alto, sono disposte le statue del santo protettore, San Sisto, della Vergine del Carmine, dell'Addolorata, di San Giovanni Battista ed il quadro della Madonna di Pompei. La Chiesa e lunga 15 metri e larga 6,70 m., è alta 8 m., sul campanile vi sono tre campane, essa è stata restaurata negli ultimi anni per interessamento del parroco don Alessandro De Spagnolis e con le offerte del popolo raccolte da un comitato, il restante debito è stato pagato da un devoto. Con l'ultimo restauro e stato fatto il pavimento in cotto con artistico mosaico, la pittura interna, la scala in ferro per accedere dove c'era Forgano, l'altare in solido vetro rivolto verso il popolo, acquistato un nuovo organo elettronico, sulle pareti laterali sono state collocate due preziose ed artistiche tele mt. 1x2 realizzate da Amedeo Trivisonno nel 1991. Sulla tela di destra vi è raffigurata l'Immacolata Concezione con il pianeta terra sotto i piedi e in atteggiamento di schiacciare la testa al serpente contornata da puttini e da due angeli posti uno a destra con il giglio e l'altro a sinistra con la rosa. Sul capo la Madonna ha la corona di dodici stelle e su tutto vi è la colomba simbolo dello Spirito Santo. I colori sono forti e marcati, sulla tela di sinistra è raffigurata la manifestazione di Dio ad Abramo al querceto di Mamre. Abramo è all’ingresso della tenda in ginocchio con la faccia rivolta a terra di fronte a tre figure di uomini (la Trinità). I colori sono forti, caldi e pieni di luce, la Chiesa è arredata con banchi e ben illuminata dopo il restauro. Il 21 agosto 1991 fu grande festa in occasione della riapertura dopo i lavori di restauro, sulla facciata raffigurata la Madonna del Carmelo su maioliche colpisce anche le persone che passano distratte.

COLLETORTO: CHIESA DELLA ANIME SANTE DEL PURGATORIO

All'interno della Chiesa di San Giovanni Battista nel 1607 fu fondata la congregazione laicale denominata SS. Sacramento, l’approvazione fu data da Papa X.
La prima struttura della Chiesa del Purgatorio era rudimentale ed era collocata fuori dal centro abitato, circondata da muri con vari ingressi chiusi da pesanti portoni in legno.
Con il passare del tempo all’interno della congrega il numero dei membri aumentò così si sentì l’esigenza di costruire una nuova Chiesa nel 1726 e fu dedicata alle Anime Sante del Purgatorio, e all’interno di questa vi si spostò anche la confraternita.
Dietro richiesta  di alcuni confratelli, il 17 gennaio del 1777, la confraternita fu riconosciuta giuridicamente dal Re Ferdinando IV delle Due Sicilie. I confratelli erano soliti indossare un particolare abito composto da una camicia bianca con mozzetta rossa e tracolla celeste, sulle quale vi era impresso, in seta giallo, il SS. Sacramento che veniva usato in occasione della processione della Madonna e degli altri Santi. Nelle cerimonie funebri, al contrario, indossavano una camicia bianca con mozzetta nera. La Chiesa presenta una forma rettangolare con un portone centrale e due laterali, aperti quando c’era la folla, e al suo interno vi erano tre altari dei quali quello maggiore al centro e i due minori ai lati. La Chiesa veniva aperta solo quando si avevano gli uffizi divini, gli altari non avevano alcun ornamento artistico ed erano sprovviste di reliquie. Sull’altare vi era solo la statua della Madonna Addolorata in legno, dietro invece vi era collocata la statua in legno di San Michele Arcangelo.
Le pareti erano effigiate con immagini dell’ Immacolata Concezione, del Purgatorio, di Sant’Andrea Apostolo. La congrega possedeva circa 150 kg di grano donati dai fedeli che vennero assegnate di anno in anno ai coloni bisognosi e a coloro che avevano intenzione di seminarlo. I membri della confraternita non avevano il diritto di bere del vino, di giocare a carte, di suonare ma dovevano dedicarsi esclusivamente alla confraternita.
Quest’ultima era composta da: un padre spirituale, un priore, due maestri di novizi, un segretario, un esattore, un infermiere e in conclusione due portinai che chiedevano la carità nel paese. Gli ufficiali venivano eletti a maggioranza di voti dai confratelli e dalle consorelle riuniti in assemblea.




COLLETORTO: CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Di epoca angioina, come dimostrerebbe il bassorilievo del giglio angioino situato sul lato est della facciata, sembra costruita con elementi di riutilizzo provenienti dal vicino villaggio di Laureto distrutto da eventi tellurici.
All'interno della Chiesa sono degni di nota un dipinto su legno raffigurante la Madonna della Purità, collocabile intorno al '600, restaurato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed ambientali del Molise, una pala di Paolo Gamba del 1751 che rappresenta la Sacra Famiglia, oltre a due pregiate statue lignee raffiguranti San Giovanni Battista e San Giuseppe, opere di Giacomo Colombo, artista della scuola napoletana della fine del 1600.


COLLETORTO: CHIESA DI SAN ALFONSO DEI LIGUORI

Oltre alla Chiesa di S. Giovanni Battista, situata al centro del paese e che conserva un prezioso dipinto su tavola probabilmente del XVII secolo, raffigurante la Madonna nella Purità, la Chiesa di S. Alfonso dei Liguori si trova nella parte alta del centro ed è annessa ad un monastero riedificato nel 1729 al posto della Chiesa di S. Maria del Carmine.
L'interno ha una sola navata con cappelle laterali scandite da paraste di ordine composito. Conserva pregevoli opere d'arte del XVIII secolo, soprattutto lignee: un grande coro in legno intarsiato con riquadri raffiguranti scene del Vecchio Testamento, attribuito a maestro francescano, e un pregevole organo, ricco di ornamenti, di puttini e stemmi, che presenta nel mezzo un ovale con l'effige di Sant'Alfonso dei Liguori.
Le stazioni della Via Crucis realizzate da Paolo Gamba, sono interpretate con forte carica drammatica. Nella Chiesa sono inoltre conservate due statue lignee dell'artista campobassano Paolo Saverio Di Zinno, l'Immacolata Concezione e la Madonna del Carmelo, e quattro tele del pittore molisano Paolo Gamba, con episodi della vita di Gesù. Lo stesso artista eseguì per Colletorto altre tele; una Madonna del Purgatorio, conservata nella chiesa di S. Giovanni Battista, e quattro tele di argomento profano (Le Quattro Stagioni) che si trovano nel municipio.



COLLI AL VOLTURNO: CHIESA DELL’ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE

La Chiesa di Santa Maria Assunta o Chiesa Madre, è la struttura più alta di tutto il paese ed è anche la più antica, perché risalente a circa l'inizio dell' XI secolo, sorge nel centro storico.


COLLI AL VOLTURNO: CHIESA DI SAN LEONARDO DI LIMONGES

La Chiesa di San Leonardo, è la Chiesa principale del paese, con il ciclo di affreschi dedicati alla "Gloria di Dio nel Paradiso" realizzati da Pietro Brunetto e risalenti al XIII secolo e con la rappresentazione su pietra del "Labirinto di Gerusalemme" incastonata sulla facciata.


CONCA CASALE: CHIESA DI SANT’ANTONIO DI PADOVA

La Chiesa di Sant' Antonio da Padova è dedicata al santo patrono, al suo interno sono apprezzabili alcuni affreschi e l'altare in marmo.

CONCA CASALE: CHIESA DEI SS. COSMA E DAMIANO
Da poco tempo  restaurata la chiesetta dei SS. Cosma e Damiano, sull’altura  a poche centinaia di metri dall’abitato da cui si ha una buona visione della vallata.

DURONIA: CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

Questa cappella risalente al 1679 è ubicata nella borgata di S. Maria di Vasto ed è stata edificata per le necessità spirituali degli abitanti della frazione, a cui spese fu ampliata e rimodernata nel 1887.

DURONIA: CHIESA DI SAN NICOLA DI BARI

Questa vetusta Chiesa, coeva all’abitato fu edificata nell’anno Mille. Danneggiata dai terremoti, è stata più volte restaurata,  ha subito interventi edilizi nel 1731 e nel 1854, il piccolo edificio è ad una sola navata, di  dimensioni mq. 160, mt. 1500. Danneggiata da un incendio nel 1886, non è più risorta,  dopo il 1950 venne chiusa definitivamente al culto, al suo posto, opera come Chiesa parrocchiale un edificio moderno, costruito in zona spaziosa.


DURONIA: CAPPELLA DEL PURGATORIO

L’oratorio originario della cappella fu ampliato per accogliere l’ossario,  nel 1859 è stato ricostruito divenendo sede della congrega delle Sante Anime dei Defunti.


FERRAZZANO: CHIESA DI S. CROCE

Questa Chiesa risalente al 1535 era in passato un’antica rettoria.


FERRAZZANO: CHIESA ROMANICA DELL’ASSUNTA

La Chiesa essendo ubicata su di una collina a pochi kilometri da Campobasso, offre uno scenario spettacolare soprattutto in tarda serata quando il Castello Monforte illuminato a giorno spicca tra le tante abitazioni.
La Chiesa di Ferrazzano fu edificata nel 1005, purtroppo della fase originaria nulla ci rimane, dato che già nel XIII secolo l’edificio subì delle fasi di ricostruzione. In passato la struttura era divisa in tre navate, ora invece è ad una sola navata.
Questa trasformazione fu definita nel XVIII secolo e al termine di questi, vale a dire il 1° novembre del 1730, ci fu la riconsacrazione da parte di Monsignore Francesco Baccari, Vescovo di Telese. L’anno seguente iniziarono i lavori di rifacimento del campanile dopo aver subito ingenti danni a causa della caduta di un fulmine.
L’ esterno della chiesa è interamente intonacato per nascondere gli interventi di ricostruzione ed evitare di rendere visibili le stonature nello spessore delle mura. I frammenti più antichi della Chiesa risalgono al XIII secolo.
Le parti laterali del portale sono decorati da colonnine con capitelli in stile composito su i quali poggia la parte superiore del portale compresa in un arco a tutto sesto all’interno del quale si trova la lunetta. Tra la lunetta e l’arco superiore il motivo ornamentale che ricorre è eguale a quello delle Chiese di San Giorgio e San Leonardo site a Campobasso e quella di San Giorgio Martire a Petrella Tifernina. Il motivo presenta l’effige di un animale, in questa circostanza un uccello che reca nel becco una foglia circondato da motivi vegetali. Il soffitto in passato era ricoperto con la tecnica delle capriate oggi invece e’ stato sostituito da una volta a botte in cemento armato per assicurare stabilità all’edificio.
Le colonne all’interno della Chiesa sono di diversa tipologia e poggiano su basi diseguali: una  è a tortiglione, una è ottagonale, due invece sono cilindriche. Le colonne sono scalpellate in pietra bruno-rosata, le raffigurazioni sui capitelli si ispirano a motivi vegetali e astratti.
L’elemento artistico più particolare della Chiesa è il pulpito che fu scolpito nel XIII secolo in marmo color terra di Siena; poggia su quattro colonne con capitelli da cui si aprono archi trilobati. Questa parte del pulpito ha la funzione di sostegno al balcone e si conclude in una cornice marcapiano ornata da un fregio con foglie schematizzate. A destra dell’altare è possibile osservare un pergamo a cassa, caratterizzato da fregi orientali, pugliesi e campane.
L'elemento più antico è la lunetta della fonte battesimale il cui tema astratto è eguale a quello presente nella lunetta del portale della chiesa di San Giorgio a Campobasso vale a dire l’agnello crocifisso delimitato da elementi vegetali come foglie a tre punte.
Molte furono le famiglie che nel periodo feudale si impossessarono di Ferrazzano come i Di Sangro, i Caldora, i Molisio, i Carafa e la famiglia Almirante.
Quest’ultima a seguito della sommossa del popolo in opposizione alla duchessa Eleonora e il figlio Ottavio fu obbligata a lasciare il feudo e mettersi al sicuro a Napoli.
Gli artigiani del feudo avevano una tecnica molto singolare durante la lavorazione della pietra che non a caso è presente anche nella facciata della chiesa dell'Assunta.
Grazie ad uno strumento molto antico ossia la martellina gli artigiani hanno lasciato una sottile rigatura nella pietra che rifiniva il materiale creando un motivo decorativo.
Questi attrezzi sono stati dissotterrati nei pressi del colle risalgono al periodo neolitico e all’età del ferro. Attualmente la Chiesa si trova in un ottimo stato anche perché  di recente sono stati effettuati lavori di restauro al fine di eliminare il problema dell’umidità.


FERRAZZANO: CAPPELLA DI S. ONOFRIO

Questa cappella ubicata fuori dell’abitato è stata edificata nel 1300, è menzionata nell’inventario dei beni del feudatario del 1373, poi replicato nel 1448. Ha subito diversi restauri, tra cui uno nel 1656 e nel 1701.


FILIGNANO: CHIESA DI SAN PASQUALE BAYLON

La Chiesa parrocchiale di Cerasuolo intitolata a san Pasquale Baylon (protettore delle donne), imponente nelle dimensioni, fu voluta dall'ultimo feudatario di Cerasuolo, il duca Pasquale Marotta, deceduto nel 1884. La costruzione dell'edificio fu iniziata alla fine del XIX secolo, ma ultimata solo trent'anni dopo. Parzialmente distrutta dal secondo conflitto mondiale, fu completamente restaurata grazie alla sollecitudine dell'allora abate di Montecassino, Gregorio Diamare.



FILIGNANO: CHIESA DEL SS. CROCIFISSO

La Chiesa SS. Crocifisso in Selvone (dal lat. Magna Silva, grande selva) è visibile dalla strada p. Atinense. Si erge nel punto più alto del centro storico, e la sua costruzione risale allo stesso periodo nel quale fu edificata la chiesa di Filignano (XVIII sec.).


FILIGNANO: CAPPELLA DELLA MADONNA DEL MORZONE

La Chiesa madre di Filignano, intitolata all'Immacolata concezione, fu edificata per volontà della Duchessa di Miranda, con atto notarile del 1757.

FORLI’ DEL SANNIO: CHIESA DELLA BEATA VERGINE DELLA PIETA’

Collocata nel punto più alto del Paese su un piccolo pianoro di un erto pendio, viene raggiunta dai fedeli in processione a celebrare la Passione di Cristo. La Chiesa, in pietra, era ad un unico vano a pianta quadrata con affreschi sulle pareti: purtroppo demolita di recente è tuttora costituita da uno scheletro di colonne in cemento armato nel vano tentativo di ricostruzione.


FORLI’ DEL SANNIO: CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

La Chiesa forma tutto un corpo con l'omonimo Convento che oggi ospita il Municipio e le Scuole Elementari. Di origine Settecentesca, è ad una sola navata con cinque altari e soffitto in cassonetti di legno.  Il portale risale al XVIII secolo ma la facciata è in classico stile romanico.
Il Santuario Santa Maria delle Grazie è dedicato alla Vergine, la cui statua, risalente al secolo XVIII, è posta in una nicchia al di sopra dell’altare maggiore ornata, alla base, da angioletti (testimonianze locali) purtroppo trafugati.
Nel XVI secolo venne costruito l’attiguo convento dei Frati Osservanti Minori che forma un unico corpo con il Santuario.


FORLI’ DEL SANNIO: CHIESA DI SAN BIAGIO

Costruita nel ‘600 è la Chiesa Madre la cui facciata volge a ponente ed è vicino la Piazza principale del paese, il sacrato propone un unico gradino di ingresso. Fino al 1931 sul sacrato vi erano tre o quattro gradini per l'accesso in Chiesa che con l'abbassamento della navata centrale operata nel restauro di quella data si sono ridotti ad uno; questo ha determinato l'abbassamento della navata centrale rispetto all'altare e rispetto alle due navate laterali. Il Portone Maggiore con cornice in pietra è sormontato dall'effige di San Biagio in calco su gesso con cornice su cui sono incisi 10 angeli. Subito al di sotto vi è la dedica in ricordo dell'arciprete Giuseppe Lombardi che né compì il restauro nel 1931. Ornano la facciata quattro nicchie nelle quali sono collocate altrettante statue, prima del sisma del 1984al 1984 ve ne erano altre tre collocate sul tetto della facciata agli angoli e al centro.
Grande e spaziosa, è a tre navate e possiede sette altari di cui quello Maggiore e quello Liturgico sopraelevati rispetto alla pianta della navata centrale. Sull'ingresso vi è impiantato l'organo, a canne fino al 1984. Di particolare interesse l'Acquasantiera, del 600, recante l'effige della Famiglia Ducale Carafa, di recente costruzione, ad iniziativa della locale Proloco, l'altare Liturgico in pietra, interamente rivestito in marmo.
Attiguo alla Chiesa il Campanile in pietra sulla cui estremità volteggiano tre campane. Di interesse l'orologio solare scolpito su una delle sue facciate.
Numerosi i restauri che la Chiesa ha subito nel tempo che ne hanno trasformato completamente l'immagine, purtroppo in un crescendo di opere inopportune e talora ingiustificate, non ultimo il restauro post-terremoto del 1984.

FORNELLI: CHIESA DI SAN PIETRO MARTIRE

La Chiesa di San Pietro Martire, è stata fortemente danneggiata dagli eventi sismici degli anni ottanta del Novecento.


FORNELLI: CHIESA MADRE DI SAN MICHELE ARCANGELO

La Chiesa Madre è intitolata al Santo titolare della parrocchia, San Michele Arcangelo. E' la più antica dell'abitato  e situata al culmine di esso, vi si accede mediante due scalee: la principale, che immette all'ingresso del prospetto, la secondaria che si svolge lateralmente a questo. E' divisa in tre navi, a tre archi ciascuna, complessivamente larghe 13 metri, lunghe 21 metri e alte 9 metri.
Di pregevole  annovera l'altare maggiore in marmo, l'edificio ebbe notevoli restauri compiuti nel 1763, e il 21 agosto dello stesso anno fu consacrata dal vescovo di Gaeta mons. Carmignano, che si trovava in villeggiatura presso il germano, titolare feudale del luogo.
Negli anni ottanta la Chiesa è stata restaurata di bel nuovo, mercé il contributo dei fedeli e del Comune, ora è sede della Confraternita laicale dell'Assunta.

FOSSALTO: CHIESA DI SANT’ANTONIO DI PADOVA

Come risulta da una scritta incisa su una pietra delle fondamenta, l’edificazione della Chiesa di Sant’Antonio di Padova iniziò nel 1675.  Ciò avvenne per iniziativa e merito dell’Abate Donato Antonio Folchi di Fossalto e della sua famiglia che donò alla curia parrocchiale gli immobili e le risorse finanziarie necessarie alla sua realizzazione.
Questa Chiesa, come buona parte delle antiche Chiese italiane, è intrisa di storie umane piene di fede, sia personali che comunitarie. Anch’essa contiene antiche opere d’arte di un certo prestigio, come il prezioso e stupendo altare Barocco del ‘600, come afferma Don Antonio Pizzi nel suo libro su Fossalto, questo altare: «E' la meraviglia di quanti l'hanno visto e lo sarà per tanti che non lo conoscono ancora». (Mi chiedo se noi fossaltesi né conosciamo il valore artistico e né apprezziamo la bellezza). Don Antonio lo descrive così: «E' un fronte altare gigante che ricopre e crea sfondo nella intera abside. È costituito da quatto colonne, tipo quelle di S. Pietro, che abbracciano tre statue, con a centro quella della Madonna. E' largo m. 8 e alto m. 14,50: tocca proprio la volta, con la croce terminale. Lavoro del Trentino, tardo '600, tutto legno e oro foglia. E' datato e firmato: Franciscus Serignanus Tridentinus sculpsit 1680 (sulla base, a destra); Antonius de Amato neapolitanus pinxit, socio Bartolomeo de Core deauratore 1692 (a sinistra)»
Oggi è chiusa al pubblico perché è in fase di completamento di restauro e ridefinizione della sua sistemazione.


FOSSALTO: CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

La chiesa, a tre navate, è stata più volte restaurata, la facciata presenta un bel portale settecentesco con accesso da due rampe di scalinata e termina con una cornice orizzontale nella parte centrale e con spioventi nelle parti laterali.
Nel presbiterio vi sono quattro dipinti del Gamba inquadrati in cornici di stucco dagli ornati molto fastosi. Nel soffitto sono rappresentati Caino e Abele, nella parete di sinistra il Sacrificio di Isacco, a destra il Trasporto dell'Arca e nella parete frontale il Sacrificio di Melchisedec.
Pregevole è l'altare maggiore in marmi policromi intarsiati e a rilievo, opera di scuola napoletana del XVI secolo; si estende lateralmente così da formare l'apertura di due porte, decorato con fregio, ampie volute, stemmi e puttini.
Nella navata destra vi è l'altare ligneo della Madonna del Rosario, rivestito in oro zecchino, formato da una nicchia centrale con la Vergine e il Bambino, da quindici ovali in una cornice che corre intorno, e da una ricca decorazione floreale nelle pareti laterali ed in alto. Negli ovali sono rappresentati i Misteri del SS. Rosario, dipinti da Paolo Gamba.
Nella Chiesa sono conservate due statue lignee del Di Zinno: l'Immacolata e San Rocco.
Dal basso pavimento è riapparso, dopo i restauri, parte dell'antico battistero che favoriva il rito antico, per immersione. La torre campanaria è soprastante ad un arco ogivale, spunto di richiamo al tempo medioevale.


FROSOLONE: CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO

La Chiesa, ubicata a nord del paese, fu costruita in epoca longobarda, ma non conserva niente dell'impianto originario, essendo stata restaurata più volte. Nel 1805 l'Oratorio ed il Convento furono distrutti dal terremoto. Il restauro più significativo risale al 1840, quando la chiesa fu ampliata e andò a sostituire l'antico oratorio omonimo che faceva un solo corpo con il Convento nel quale dal 1743 al 1805 dimorarono i Padri del Sacramento. L'edificio è a pianta basilicale a semplice nave, con volte a botte e due profonde cappelle in prossimità dell'ingresso.
La struttura è in pietra intonacata con facciate a capanna e campanile addossato al lato sinistro della Chiesa. Il portale, a cui si accede mediante una scalinata in pietra è riquadrato da elementi lapidei. All'interno si conserva una tela di Benedetto Brunetti raffigurante la "Madonna delle Grazie" del 1696. Diversi gli oggetti ecclesiastici ed i paramenti ecclesiastici, custoditi nella sacrestia, stilisticamente riconducibili al sec. XIX.


FROSOLONE: CHIESA DI SANT’EGIDIO

Dedicata a Sant’Egidio è la chiesetta, situata in piena montagna in località che ha preso il nome dal Santo stesso. Questa chiesetta antichissima anche se non se ne conosce la data di edificazione, nel medioevo era una cappella con un romitorio e dipendeva dal convento di Sant’Onofrio, che sorgeva più in alto. Era sotto la tutela degli Antoniani che curavano i malati infatti Sant’Egidio divenne famosa per le miracolose guarigioni dei monaci.
All’inizio del 1300 la cappella fu distrutta insieme al convento di Sant’Onofrio quando quella congregazione fu riconosciuta eretica dalla Chiesa di Roma. La cappella fu poi ricostruita forse dagli eremiti e dai venditori di bestiame, poiché a Sant’Egidio si svolgeva la fiera di fine estate.
Nel 1704 grazie a Michele Vago e Antonio Zaccagnino la cappella fu abbattuta ed al suo posto fu costruita una vera e propria Chiesa con romitorio e pozzo. Il terremoto del  1805, il cui epicentro fu proprio la montagna di Frosolone, distrusse il romitorio e il campanile, poi ricostruiti, l’ultimo restauro risale agli anni ottanta.
La Chiesa è stata ed è ancora un luogo di culto molto caro ai frosolonesi, anche perché vi si trova la statua della Vergine Incoronata che pare sia apparsa per ben due volte, nei secoli scorsi, presso la Chiesa stessa. In questa Chiesa si trova esposto un vecchio manoscritto che elenca una serie di miracoli che il Santo avrebbe compiuto nel settecento.


FROSOLONE: CONVENTO DEI CAPPUCCINI

Accanto alla Chiesa di S. Maria delle Grazie sorge il complesso del Convento dei Cappuccini, costruito nel 1580 ed oggi alquanto modificato. Accolse i Padri Cappuccini fino al 1799, quando furono estromessi con l'instaurarsi della Repubblica partenopea.
Il convento fu soppresso e confiscato con gli ordinamenti murattiani del 1809, fu successivamente riattivato nel 1821, vi si insediarono i Padri Manarini, rimasti senza dimora dopo il catastrofico terremoto del 1805.


FROSOLONE: CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

Tra gli edifici dedicati al culto, particolare rilievo assume la Chiesa di S. Maria Assunta, risalente al secolo XIII e più volte restaurata a seguito dei terremoti del 1456 e del 1805. L'interno è a croce latina, a tre navate separate da pilastri, di cui la centrale coperta a volta, con cupola ribassata sulla crociera. Notevoli le tele a olio (prima metà del sec. XVIII ) di Giacinto Diana, della scuola del De Mura, che decorano i due altari laterali. La facciata barocca e l'imponente campanile sovrastano la piazza che costituiva il fulcro dell'antico borgo tardo-medioevale, di facile accesso ad ogni direzione, era il luogo di ritrovo dove incontrarsi, conversare, concludere affari. Le bianche selci della pavimentazione riecheggiano ancora dei mille e mille passi che le hanno calpestate.


FROSOLONE: CHIESA DI SAN PIETRO APOSTOLO

La Chiesa di S. Pietro custodisce pregevoli opere (Sacro Cuore e Sacra Famiglia di Amalia Duprè), a fianco l'antico complesso di S. Chiara, fondato nel 1367 dal barone Giovanni D'Evoli e che ha assunto nel corso della storia diverse funzioni: convento prima e carcere mandamentale dopo, è, dal maggio del 1995, sede municipale, tornato al suo antico decoro dopo un recente e accurato restauro.


FROSOLONE: CHIESA DI SAN NICOLA DI BARI

Sorta agli inizi del sec. XVIII sui ruderi delle antiche cappelle benedettine della SS. Annunziata e di S. Filippo Neri, la Chiesa ospitò la confraternita laicale della Immacolata Concezione. La Chiesa è a pianta basilicale a semplice nave: nella parete di fondo del presbiterio presenta una nicchia a motivi decorativi a volute, con cherubini e ghirlande e monogramma mariano; la volta di navata e la cupola del presbiterio presentano motivi decorativi floreali, medaglioni e cornici; le cappelle ai lati del presbiterio sono caratterizzate da motivi decorativi a cassettoni e rosette, vegetali e floreali. Il presbiterio è separato dalla navata e dalle cappelle laterali da una balaustra in marmo a motivi decorativi floreali, databile al sec. XIX, come le decorazioni plastiche con cancelletti in ferro battuto. Al suo interno si conserva un pregevole dipinto dell'Immacolata di Benedetto Brunetti da Oratino, datato 1660; interessante anche un coro ligneo ad intarsi di essenze di noce e acero, opera di Enrico Marchetti di Trivento, datato 1866.


GAMBATESA: CHIESA DI SAN BARTOLOMEO APOSTOLO

La Chiesa parrocchiale, intitolata a S. Bartolomeo Apostolo, è situata al centro della zona storica e nelle immediate vicinanze del castello medioevale. Fu consacrata il 16 luglio 1696 dall'Arcivescovo di Benevento Cardinale Orsini che poi fu eletto papa (Benedetto XIII).
Tutto il complesso è a tre navate, divise in 12 pilastri congiunti con archi a tutto sesto e misura in lunghezza 34 metri, 16 in larghezza e 11 in altezza.
Avendo subito continue modificazioni nel corso dei secoli è inutile cercare un preciso stile architettonico. Nel complesso risulta uno stile rinascimentale, nel 1880 l'edificio era in condizioni miserevoli per cui il Card. Di Rende, essendo venuto in Santa Visita Pastorale ne ordinò il restauro e contribuì con una offerta personale di lire 1.275. Nel 1887, con l'impegno dell'Arciprete don Francesco Di Renzo, il popolo ed il Comune di Gambatesa si eseguirono i lavori per 6 anni e il 6 maggio lo stesso Card. Di Rende riconsacrò la Chiesa.
Il portale della Chiesa è in pietra ed è sormontato da un timpano triangolare sorretto da mensole, una possibile datazione è XVI secolo, quindi riconducibile al fonte battesimale del 1523.
Sulla facciata del campanile si può ammirare un trittico costituito da tre pannelli che raffigurano la Vergine (al centro), S. Bartolomeo Apostolo ( a sinistra) e l'Agnello crocifero (a destra). E' un'opera di bella fattura reimpiegata nel campanile durante un restauro ma già facente parte dell'edificio, si tratta di una scultura pregevole che rivela nell'andamento delle vesti delle figure una certa reminiscenza tardo-gotica.


GAMBATESA: CHIESA DELLE ANIME DEL PURGATORIO

La Chiesa del Purgatorio, restaurata interamente nel 1905, è senz'altro l'edificio di culto più antico che sorge nell'abitato. Prima del 1751 era intitolata al Salvatore e posta a guardia della Porta della Torre. Fu chiesa abbaziale e come tale, aveva la sepoltura per i suoi beneficianti; sepoltura che fu fatta chiudere nel 1690 dal cardinale Orsini.
Nel 1751 dato il suo stato di rovina, la Chiesa venne riedificata e intitolata alle Anime del Purgatorio. L'Arciprete Rotondo pose la prima pietra della Fabbrica. Pasquale Captano fece a sue spese nel 1757 gran parte della Chiesa e nel 1761 l'arricchì di stucchi.
La Chiesa lesionata dal terremoto, fu abbandonata e messa in vendita nel 1739, ma non ci furono compratori, venne rimessa in sesto nel 1892 con l'aiuto del comune e dei privati ad iniziativa del Sacerdote Donato Venditti,  fu riaperta al culto nel 1907, oggi la Chiesa è chiusa al culto dei fedeli.


GILDONE: CHIESA DI SANTA MARIA A QUADRANO

La prima pietra benedetta fu posta il 3 giugno 1721 dal Vicario Foraneo arciprete Silvestri di Jelsi su commissione dell’Arcivescovo di Benevento Cardinale Vincenzo Maria Orsini, mentre la Statua è del 1720 e il suo costo fu di 40 ducati. Terminata alla perfezione, la fabbrica fu consegnata il 20 luglio 1729,  la Somma spesa fu di ducati 869 e grani 22. A questa concorsero il benefattore Matteo del Vasto: ducati 267, l’abbate di santa Sofia di Benevento, Gizzi: ducati 18, i devoti del luogo: ducati 134, i luoghi Pii (reverendo Clero ricettizio della chiesa arcipretale; Cappella e confraternita del SS Corpo di Cristo; Cappella e Confraternita del Santissimo Rosario; Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli; Cappella della Madonna del Carmine; Chiesa di Santa Maria della Pietà dei PP Agostiniani): ducati 200; Sua Santità Benedetto XIII (già cardinale V.M. Orsini): ducati 250.
Il devoto Matteo del Vasto, inoltre, col fratello Antonio costituì per detta Chiesa una dote con un capitale di Ducati 222 che venne impegnata per l’acquisto della suppellettile.
Il complesso attualmente è formato dalla Chiesa con pianta a croce latina, da un romitorio composto da nove ambienti di cui cinque molto ampi al piano superiore, e da una sagrestia. Quattro grossi basamenti in pietra grigia ne sostengono il pesante tamburo di forma cilindrica su cui fino a qualche tempo fa erano ben visibili le pitture di Leo Paglione raffiguranti i quattro profeti maggiori, ora completamente perduti e, appena al di sotto, nelle vele fra le volte degli archi, i quattro Evangelisti saggiamente ripresi e salvati dall’esperta mano di Maria Rosaria Del Balso
La statua dell’Assunta, in alto, nell’abside, in una volta celeste di meravigliosi stucchi policromi; gli affreschi dello stesso artista, anno 1952, sulle volte del transetto e dell’unica navata; l’Ara maxima e i due altarini laterali di Santa Lucia e Sant’Antonio; lo stemma di Benedetto XIII, ne costituiscono le decorazioni e il sacro arredo che il popolo di Quadrano, i Presbiteri e i Comitati hanno saputo conservare e, ancora oggi, dopo alcuni anni di buio, con le iniziative e l’impegno profusi da membri di famiglie della contrada, tradizionalmente devote, si vogliono preservare dall’incuria e dall’indifferenza di molti e trasmettere nel tempo ai posteri.


GILDONE: CHIESA DI SAN ROCCO

La Chiesa, costruita nei pressi di un lazzaretto, era extra moenia, fuori le mura, come quella di Sant’Antonio Abate, e risale al 1500. E’ titolata a San Sebastiano e a San Rocco, protettori dalle malattie della pelle e della peste (San Rocco). L’architrave del portale di sinistra porta una data 1528 (probabile erezione della chiesa) e una iscrizione in latino, la quale ci dice che “ques...to benedetto sacello fu voluto e costruito dal popolo Gildonese. (....populo Guidonense erexit), (Guidone, tale era il nome volgare di Gildone ). Sull’architrave di destra è ripetuta la data, ma lo scritto è indecifrabile. La facciata riporta in affresco tre grandi pitture raffiguranti San Pietro (sinistra), San Cristoforo (al centro), San Paolo ( a destra). La parte centrale porta la firma di Nicolangelo Speranza, fine 1800, costui fu l’autore o il restauratore dell’opera pittorica?
Il cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento, che aveva molto a cuore lo stato dei luoghi pii, nel verbale di visita del 1707 fece rilevare che bisognava riparare l’angolo esterno sotto la figura di San Paolo. Da ciò si deve dedurre che la facciata, così come si presenta oggi, a tale data era già affrescata. Il sagrato fungeva da tribuna per le autorità e le immagini, metafora del potere e della carità raccontavano ai convenuti che il governare è servire.
La Piazzetta era un po’ il salotto del Paese ed era il luogo dove, previa autorizzazione dell’autorità ecclesiastica, si svolgevano Pubblici Parlamenti. Tra le immagini, danze di Gigli, sui due portali, accolgono, sulla sinistra, un antico stemma con giglio - serpente - pesci; sulla destra uno stemma, altrettanto antico, che è anche quello del comune, Giglio e Serpente.
Il Giglio fu emblema di Carlo D’Angiò, ma lo è stato anche dei Borboni di cui Gildone fu feudo; il serpente simbolo dei Longobardi, popolo che prima dell’anno mille abitò queste contrade. Nella lunetta del portale di sinistra è raffigurato San Sebastiano, in quella di destra San Rocco. l’interno è a due navate con quattro volte. Sulla facciata delle volte c’erano meravigliosi dipinti, ora andati perduti a causa dell’umidità.
L’Interno ospita un'artistica e storicamente interessante acquasantiera, due toselli con le statue di San Rocco e della Madonna del Carmine. Fino a qualche tempo ospitava anche la statua di San Sebastiano, ora nella Chiesa madre, e un tosello molto bello con Santa Filomena dormiente, attualmente nella Chiesa di Santa Maria a Quadrano.

GILDONE: CHIESA DI SAN SABINO

Costruita mille anni fa in arte romanica, la Chiesa di San Sabino ha una posizione dominante sull’abitato medievale. Antiche fonti fanno risalire la sua costruzione tra il 1090 e il 1100 per interessamento del feudatario Ruggero da Ponte. Inizialmente essa era ad un’unica navata, molto più bassa, con tre ingressi e soffitto a capriata. La pianta dell’edificio è a croce latina, l’asse longitudinale è rappresentato dalla navata centrale su cui si sviluppano l’abside, il presbiterio all’incrocio con il transetto, lo spazio per i fedeli, l’ingresso centrale al di sotto di un maestoso campanile che funge anche da facciata principale della Chiesa, la cantoria e l’organo a canne situati su un soppalco subito dopo l’ingresso; l’asse orizzontale è rappresentato dal transetto, ortogonale all’asse longitudinale, che si sviluppa a destra e a sinistra del presbiterio tramite due ampi cappelloni.
Altre tre date significative per la nostra Chiesa madre sono il 1459, anno in cui fu terminata la sua ricostruzione dopo il terremoto del 1456; il 1690, anno in cui fu riconsacrata dal cardinale Orsini, il 1925, anno della sua ultima ristrutturazione.
L’antica Chiesa conteneva nove sepolture, grandi fosse dove venivano inumati i cadaveri, divisi per sesso e censo. Dopo la prima guerra mondiale fu istituita una commissione per raccogliere il denaro e, sotto la guida di Don Giovanni Vitale, la popolazione si prodigò per innalzare un nuovo tempio al Signore nel luogo della cadente Chiesa Madre. Per pagare le maestranze, molti cittadini si offrirono gratuitamente a cavare e trasportare pietre (una delle cave era in contrada Capo Ferrigno, Ca' Ferrìgn), a offrire denaro per ogni morte o nascita e per ogni capo di bestiame venduto o acquistato nelle fiere. L’antico edificio fu innalzato nella parte centrale e, con l’aggiunta di colonne, strutturato a tre navate: in tale data fu costruita la nuova sagrestia e, probabilmente, utilizzando lo spazio sulle case sottostanti, fu data al transetto l’attuale configurazione. Le decorazioni in oro zecchino e gli stucchi sono stati eseguiti dalla scuola d’arte di Pescopennataro.
L’antica Chiesa, quella del 1690, conteneva sei altari:
-De altari maiori, -De altari S. Mariae de Monte Carmelo, -De altari SS Rosarij, -De altari S.M Costantinopolitana, -De altari S.M. Annunciationis, -De altari S M Gratiarum..
Nelle mura esterne sono conservate tracce dell’antica chiesa romanica: una monofora sul lato di vico Santoro. Su vico Isaia è ben evidenziato uno dei tre antichi ingressi, un portale, ora murato, formato da due coppie di lesene binate con capitelli decorati con foglie d’acanto che ne sorreggono l’architrave modanato. Sempre su vico Isaia sono murate due antiche mostre di tabernacoli che fungono da lucernai alla scala di accesso al campanile. Molto artistiche: l’una fa bella mostra di due lesene con decorazioni floreali e capitelli che racchiudono una cornice di nicchia arcuata su cui sono scolpite cinque teste di Cherubini; l’altra propone una cornice, sempre con cinque teste di Cherubini, racchiusa tra decorazioni di motivi floreali e tralci d’uva.


GILDONE: CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

In occasione della festa della Madonna delle Grazie i fedeli si recano a prendere la statua della Madonna, protettrice di Gildone, collocata nella cappella in contrada Pescacchia, per poi portarla nella chiesa Madre di San Sabino. La prima domenica di ottobre la statua viene ricondotta nella sua cappella.

GUARDIALFIERA: CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

La Chiesa di Santa Maria dell'Assunta, ex cattedrale, è la sede parrocchiale; è edificata su una roccia in posizione dominante sull'abitato. La sua costruzione in origine comprendeva tre navate ornate di pitture riproducenti i simboli dei Vescovi, a causa della sua vetustà e anche per la forza demolitrice dei movimenti sismici verificatisi nel tempo fu necessario ristrutturare l'edificio. I lavori furono eseguiti nel 1858 con la radicale trasformazione della volta, ricostruita ad una sola navata, la facciata principale presenta un portale di stile barocco, mentre sulla facciata orientale si apre, molto sollevato da terra un portale detto Porta Santa, che viene aperto annualmente per le indulgenze (2 giugno), tranne negli anni giubilari.
La cripta è a pianta rettangolare con zona absidale e colonne che reggono volte a crociera. Presenta sculture d'epoca gotica. Vengono conservate le reliquie di S. Gaudenzio, il patrono, la cui festa è celebrata il 1° giugno, queste  furono traslate nel 1751 dalle Catacombe di S.Priscilla a Roma.
A metà degli anni Venti fu portata a termine la grande opera del Campanile realizzato con pietre lavorate delle cave di Valle Cupa.


GUARDIAREGIA: CHIESA DI SAN NICOLA

Fra gli edifici religiosi quello più importante è certamente la Chiesa dedicata a San Nicola di Bari, costruita dopo il terremoto del 1805. Essa si pone come quinta scenica della piazza omonima. Non presenta caratteri distintivi di particolare pregio, tuttavia riveste aspetti architettonici qualitativamente decorosi nel loro insieme. Il suo interno è caratterizzato da una ripartizione a tre navate con altari laterali, di fianco alla Chiesa è ubicata una piccola cappella sede di Confraternita.
Arrivando al Rifugio del Massaro è ben visibile una statua di San Nicola di Bari (situata in una nicchia di pietra): la famiglia Palladino è particolarmente devota al Santo Patrono di Guardiaregia.
Al Santo Vescovo, nato a Mira intorno al 300, è dedicata la chiesa madre e una cappella costruita da immemorabile tempo in località Tre Monti di Guardiaregia. Nella Chiesta madre è conservato un frammento delle reliquie del Santo, esposte ai fedeli il 9 maggio in occasione della festa Patronale. Il Santo viene festeggiato il 9 maggio, giornata dedicata al Santo nella chiesa cristiana orientale (Grecia, Romania e Russia), il 31 maggio, in occasione del rientro dei pastori transumanti nelle puglie, 6 dicembre in ricordo dell'arrivo delle reliquie del santo nella Bari del 1087.

GUARDIAREGIA: CAPPELLA DI SAN NICOLA AI TREMONTI

Sita in località Tremonti fu realizzata al tempo della crociate e ampliata nel secolo scorso.

GUGLIONESI: CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE

La Chiesa di Santa Maria Maggiore, romanica, fu edificata nel 1000 dai Normanni, di essa si conserva la cripta divisa in più navate, con corte colonne e archi a tutto sesto, in essa sono contenuti alcuni affreschi. La Chiesa fu edificata nel 1746 in stile barocco e fu modificato l’orientamento della vecchia Chiesa medioevale, l’interno è ricco di stucchi e le campate sono scandite da archi e paraste con capitelli di ordine diverso. All’esterno la facciata è tripartita da paraste ed è scandita da tre portali: il portale centrale è più ampio di quelli laterali e presenta decorazioni barocche.

GUGLIONESI: CHIESA DI SAN NICOLA

La Chiesa di San Nicola risale al 1049,la pianta è a tre navate che terminano con tre absidi. Il presbiterio è rialzato, le navate sono separate da pilastri cruciformi che sostengono archi a sesto acuto, dalle navate laterali si accede alla cripta posta sotto l’altare.
La facciata, in stile romanico, si articola in cinque arcate rette da paraste, nella centrale si apre il portale con lunetta, i muri laterali della Chiesa sono scanditi da doppie arcate con parasta ogni due arcate. 



GUGLIONESI: CHIESA DI SANT’ANTONIO DI PADOVA

La Chiesa fu edificata nel 1410 e faceva parte integrante del Convento di San Francesco, all’interno si trova un “coro” di ottima fattura, e in facciata un portale ottocentesco e un rosone di notevole interesse artistico.


GUGLIONESI: CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

Questa chiesa, attigua all’omonimo convento cappuccino (soppresso nel 1867 e adibito a carcere), conserva una tela Immacolata di Luca Giordano (1705).


GUGLIONESI: CHIESA DELLA SS. ANNUNZIATA

Questa Chiesa, attigua all’omonimo convento dei PP. Celestini, soppresso nel 1809 e ridotto a abitazioni, era la sede di un importante Priorato, da cui dipendevano i conventi di Petrella, Morrone, Montorio, Termoli, Limosano. La Chiesa è stata più volte restaurata, di cui il più ampio nel 1726.


ISERNIA: EX CHIESA DI SANTA MARIA DELLE MONACHE

L'ex monastero di Santa Maria delle Monache, situato nel cuore del centro storico di Isernia, è uno dei più antichi monumenti della città. Di origine altomedioevale, fu costruito intorno all'anno 1000, mentre l'annessa Chiesa dell'Assunta con il poderoso campanile risale al VII secolo, ai tempi cioè del principe longobardo Arechi. Ha ospitato le monache dell'ordine benedettino fino al 1868, anno in cui venne soppresso ed incamerato dal demanio dello Stato.
Il complesso monumentale di Santa Maria delle Monache, fu adibito, dall'unità d'Italia in poi, a svariati usi (caserma, carcere etc), ed è attualmente sede distaccata della Sovraintendenza archeologica e per i beni culturali del Molise; ospita inoltre la mostra dei reperti paleologici di Isernia La Pineta, il museo archeologico e la biblioteca civica. Conserva testimonianze archeologiche della città, è stato anche arricchito da collezioni lapidarie provenienti dal territorio limitrofo e materiale didattico sui Sanniti, preparato in occasione di una mostra sull'argomento. Sono presenti reperti dalle necropoli di Termoli, Larino, Montorio dei Frentani, Alfedena, Carovilli, Campochiaro, Pozzilli ecc.


ISERNIA: CHIESA DI SAN FRANCESCO DI ASSISI

La Chiesa di San Francesco, con annesso il Monastero dei Padri Conventuali, fu fatta costruire nel 1222 da Francesco d'Assisi, di passaggio ad Isernia. In seguito, fu dedicata a S. Stefano; l'ingresso, inoltre, venne spostato dalla parte opposta all'attuale, su via Roma. Dopo la morte del Santo d'Assisi, furono cambiati l'orientamento ed il nome della Chiesa, conservando tuttavia molti elementi medievali. Sulla sinistra vi è una vera e propria Chiesa nella Chiesa, il cosiddetto cappellone di S. Antonio, edificato nel 1450. Numerose le opere d'arte presenti, tra cui due Crocifissi del XVI secolo, una statua lignea della Madonna della Provvidenza del XIV secolo ed una campana fusa nel 1259.


ISERNIA: CATTEDRALE DI S. PIETRO  CELESTINO

La chiesa di San Pietro Celestino fu fondata, insieme al monastero omonimo, nel 1623. Il monastero è stato distrutto nel 1943 dai soldati tedeschi, che lo minarono prima della ritirata, la Chiesa, invece, è stata risparmiata dagli eventi bellici,  attualmente, è anche sede della Congrega di San Pietro Celestino.

ISERNIA: CHIESA DI SS. COSMA E DAMIANO

Su una collina poco distante dall'abitato, sorge l'Eremo dei Santi Cosma e Damiano, i due fratelli medici che subirono il martirio sotto Diocleziano. La Chiesa fu costruita sui ruderi di un tempio pagano molto antico, ma si hanno notizie della costruzione soltanto dal 1130. Questo tempio era dedicato al culto di Priapo, dio protettore della virilità. Con l'avvento del Cristianesimo, tale culto è continuato e non a caso furono scelti i due santi medici come titolari della nuova Chiesa.
Durante il diciottesimo secolo, un diplomatico inglese, William Hamilton, descrisse con una lettera la permanenza del culto di Priapo nel contado del Molise. Egli sosteneva che Priapo era stato sostituito con San Cosma, e che la sua celebrazione avveniva come si faceva per il dio pagano. In realtà l'autenticità della lettera è messa in dubbio per una serie di motivi tra cui l'anticlericità dello scrittore.
Fino a qualche secolo fa, facevano bella mostra o addirittura venivano portati in processione molti simboli fallici; la lanterna, di forma molto allungata, posta al di sopra del torrione, non è altro che un simbolo fallico. L'attuale struttura architettonica, con l'ampia scalinata d'accesso ed il porticato, risale al Cinquecento, il tempio ha il soffitto a cassettoni, molti affreschi che illustrano la vita ed i miracoli dei due santi medici ed una raccolta di ex voto. Ci sono infine delle leggende sul culto dei due santi tramandati oralmente nella cultura isernina.


ISERNIA: CHIESA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

La Chiesa dell'Immacolata Concezione fu rasa al suolo dal terremoto del 1805 e ricostruita nel 1852,  la facciata, inoltre, subì ulteriori interventi nel 1952. L'interno è caratterizzato da una navata unica, con un soffitto ligneo degno di nota, in stile tipicamente trecentesco. Attualmente, è sede della Confraternita "La Fraterna", istituita dal Vescovo Ettore nel 1986, in memoria della omonima e più celebre confraternita del XIII secolo.



ISERNIA: CHIESA DI SANTA CHIARA

La Chiesa di Santa Chiara, insieme al monastero omonimo, è stata fondata nel 1275, allo stato attuale, però, non esistono più tracce dell'edificio originario. Nel 1809 il monastero fu soppresso, mentre verso la fine del secolo un terremoto danneggiò seriamente la Chiesa, che per questo fu chiusa al culto, la riapertura avvenne il 10 ottobre 1910. Durante la Prima guerra mondiale, l'ex edificio monasteriale servì da alloggio ai prigionieri politici austriaci ed ungheresi. La Chiesa custodisce la statua dell'Addolorata che, durante la processione del Venerdì Santo, viene trasportata dai portantini subito dietro a quella del Cristo morto.


ISERNIA: CATTEDRALE DI S. PIETRO APOSTOLO

La cattedrale di San Pietro Apostolo è l'edificio di culto cattolico più importante della città di Isernia, Chiesa madre della diocesi di Isernia-Venafro e sede dell'omonima parrocchia. Si trova in piazza Andrea d'Isernia, nel centro storico della città e sorge su un antico tempio pagano italico del III secolo a.C.; il suo aspetto odierno è il risultato di numerosi interventi, effettuati sia dopo i numerosi terremoti, sia in seguito a progetti di rinnovamento dell'edificio.
La facciata principale della cattedrale dà su piazza Andrea d'Isernia ed è affiancata da quella più bassa e semplice dell'episcopio. Il suo aspetto attuale è dovuto ai restauri neoclassici ordinati dal vescovo Gennaro Saladino nella seconda metà del XIX secolo. L'ingresso alla Chiesa, che è possibile tramite tre grandi portali bronzei di gusto moderno, è preceduto dall'ampio pronao Ottocentesco; la struttura, con il grande timpano triangolare in travertino, è sorretta da due coppie di pilastri agli angoli e da quattro alte colonne ioniche sulla fronte. Nel 1954, furono aperte le due fiancate laterali del pronao e furono eliminate le cancellate in ferro battuto, lungo la fiancata sinistra della cattedrale, che costeggia Corso Marcelli, rimasta con i mattoni a vista, si può notare la stratificazione storica e la presenza di un portale in stile barocco con cornice in marmo, attualmente murato e posto più in alto rispetto al piano stradale. Sempre su Corso Marcelli è possibile vedere il podio costituito da doppia gola rovescia dalle forme rigonfie.
L'attuale aspetto interno della cattedrale risale anch'esso ai restauri ordinati dal vescovo Gennaro Saladino e dai suoi successori in seguito al terremoto del 26 luglio 1805 a partire dall'anno 1851. Lo spazio interno, quindi, appare suddiviso in tre navate con quattro campate ciascuna da pilastri decorati da lesene corinzie in marmi policromi. La navata centrale, sulla cui controfacciata si trova la cantoria lignea contenente le canne dell'organo Ruffati, la cui consolle è nel transetto, prima del sisma del 1984 aveva la volta a botte affrescata con figure di Santi. La cupola, invece, mantiene ancora la sua originaria decorazione ad affresco, che ne copre interamente la calotta interna, realizzata nel 1927-1928 da Amedeo Trivisonno. Essa, incentrata sul Dogma dell'Assunzione, si ispira agli affreschi barocchi e non ha subito gravi danni durante il bombardamento del 1943 ed il terremoto del 1984. Il pavimento per la maggior parte in vetro risale al 2002 e mette in evidenza gli scavi ritrovati sotto l'edificio.
L'abside, a pianta quadrangolare, accoglie due importanti opere barocche: addossato alla parete fondale, infatti, vi è l'altar maggiore pre-conciliare, commissionato dall'allora vescovo di Isernia Michelangelo de Peruta e risalente alla fine del XVIII secolo, sormontato dalla pala Consegna delle Chiavi a San Pietro, di Raffaele Gioia. L'altar maggiore post-conciliare, la cattedra episcopale, l'ambone e il fonte battesimale marmorei, collocati sotto l'arco di separazione fra la crociera e l'abside, sono risalenti all'adeguamento liturgico degli anni ottanta del Novecento.
La cappella del Santissimo Sacramento, alla sinistra dell'abside, accoglie un pregevole altare barocco in marmi policromi con ciborio sormontato da due cherubini e dalla colomba dello Spirito Santo. Nell'ancona, vi è l'antica tavola bizantina raffigurante la Virgo Lucis (la Madonna della Luce)di Marco Basilio. Risalente al XV secolo, fu portata ad Isernia nel 1567 dal Vescovo Lomellina. Per gli isernini essa rappresenta il simbolo di una "Guidatrice" attraverso la luce. Essi si rivolgono all'icona, infatti, dicendo «Santa Maria, spiccia la via» (Santa Maria, libera la strada).
Nella cappella alla destra del presbiterio, invece, vi è la statua della Madonna de ru père (Madonna del Piede), realizzata con ogni probabilità nel XIII secolo e dapprima collocata nel Santuario di Santa Maria d'Altopiede, nei pressi della città, poi nell'Eremo dei Santi Cosma e Damiano ed infine collocata nella cattedrale nel XX secolo. Fanno parte del Tesoro della Cattedrale varie opere, fra cui la Gabbia di rame dorato di S. Nicandro, del XIV secolo, la Croce d'argento donata da Celestino V alla sua città, alcuni calici ed una preziosa croce da altare di scuola Angioina.


JELSI: CONVENTO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

La storia della Chiesa e del Convento di S.Maria delle Grazie affonda le sue radici, probabilmente già nell'anno 1102. Si ritiene che a quel tempo fosse legata al nome di S.Sofia, poiché essa con tale nome è riportata in un documento. Inizialmente sussisteva la sola Chiesa, infatti in una bolla del 19 Dicembre 1525 l'arcivescovo di Benevento Alessandro Farnese, diventato poi Papa Paolo III, investiva della carica di responsabile arciprete Camillo Pinabello.
La linea stilistica del portale e il fatto che dopo tale Anno il feudo di Jelsi passò nelle mani di Pavesio dei Carafa, il cui stemma spicca al centro dell'architrave fanno risalire la sua costruzione a qualche secolo prima.
Mentre la costruzione del Convento è di data posteriore, della comparsa dei Frati si fa riferimento solo nel 1642 quando con l'apprezzo: Tabulario Hanaclerio, gli inventari di Orsini e gli Stati di Anime ci parlano del convento e dei suoi FF.MM. di S.Francesco, i quali elemosinavano per vivere, mentre tutte le rendite non disprezzabili dei popoli venivano concesse a graditi prelati.
Il comprensorio dei possedimenti redatto da Filippo Coscia luogotenente del Papa nella diocesi beneventana, andava dalla strada Piano Potente (Piana S.Paolo), al colle S.Pietro, al vallone delle Cannucce e al Cutino degli Zingari quindi costituito da boschi e terreni coltivabili.
Prima ancora i possedimenti dovevano essere molto più estesi cioè fino al feudo di Civitella e comprendevano: Fontana dei Frati, Fontana della Cella, S.Scolastica e S.Colomba.
44 erano le vigne e 17 i campi coltivabili che davano la rendita di 42,12 Ducati che era lo stipendio annuo di un cancelliere.
A causa dei terremoti la Chiesa e il convento furono danneggiati e l'Orsini con una disposizione del 1713 incaricò il guardiano P.Leonardo da Gildone di provvedere ai restauri.
Nel XVIII secolo due religiosi resero venerato il convento: Padre Ilario da S.Lucia che vi morì nel 1715 con fama di Santità in quante molte folle di Jelsi e dintorni attratte dai molti prodigi; Padre Ludovico Riccelli, nato a Gildone il 10 Dicembre 1712 che per alcuni anni visse in convento acquistando chiara fama di oratore sacro. Per condizioni di salute dopo il 1758 passò all'Orsogna ove morì in odore di santità. Il terremoto del 1805 fece crollare per tre quarti la casa religiosa e le volte della Chiesa. Avvenuta la soppressione degli Ordini Religiosi da parte del governo Murat, con verbale del 9 Luglio 1811 redatto dal consigliere provinciale Antonio Maria Del Lupo, tutta la struttura con i possedimenti terrieri furono acquistati dal Generale Andrea Valiante.
Quest'ultimo prima di morire nell'esilio dell'Isola di Pantelleria nel 1829 diede autorizzazione per la vendita, che furono subito riacquistate (passato il periodo Murat) dai Frati Minori che per merito di un laico Fra Michele di Cercemaggiore iniziarono la costruzione di una nuova ala per un eventuale noviziato. Dal 1866 quando iniziò la nuova legge di soppressione degli Ordini tutto l'edificio passò nelle mani del Comune di Jelsi. I Consiglieri Comunali decisero l'espulsione dei frati che vi tornarono verso la fine del 1890.
Nel 1927 un padre Benedettino toscano, dirigente dell'Opera Figli D'Italia, capitato nel comune col drappello dei suoi orfani ebbe desiderio di fare del convento una sezione del suo istituto, ma poi cambiò pensiero. Soltanto il 30 Luglio 1942 il nuovo provinciale Padre Agostino Castillo visitò il convento e lo ritenne adatto ad ospitare di nuovo la sacra famiglia.
Vi destinò Padre Ciro Soccio il quale con dinamismo peculiare iniziava il suo compito il 1 Dicembre 1943 tra il tram tram della guerra e l'estenuante deficienza dei mezzi.
Il 20 Settembre 1944 compiute le necessarie riparazioni veniva solennemente innaugurata la risorta Casa con il concorso di tutta la cittadinanza di Jelsi. Grande importanza assunse per Jelsi la Figura di Padre Ciro Soccio poiché negli anni 50 fece partire i lavori per la costruzione di una nuova ala del convento che avrebbe dato Ricovero e ospitalità ai tanti fanciulli abbandonati di tutto il Molise. In questo che era un incantevole posto, prima di essere deturpato da teorici progetti di viabilità alternativa, si svolgevano importantissime feste e fiere: 17 Gennaio S.Antonio Abate, 7 Agosto S.Donato, 28 Settembre S.Matteo. Restano a tutt'oggi: ultimo sabato di Aprile (istituita con del. Comunale del 31 Marzo 1887), 17 Maggio S.Pasquale e fine Maggio S.Maria delle Grazie.


JELSI: CHIESA DI SANT’ANDREA APOSTOLO

La chiesa di S. Andrea Apostolo, stretta dalle abitazioni e dalle stradine anguste, si erge in Largo Chiesa Madre, nel cuore del centro storico. Si tratta di una costruzione risalente ad un periodo intorno al X-XI secolo, che ha subito numerose trasformazioni ed imponenti restauri.
All'esterno sono visibili due portali: uno sul prospetto, datato 1705, l'atro su una fiancata. Il portale originario, con caratteristiche romaniche (motivo tortile sugli stipiti e sull'arco a tutto sesto, capitelli ornati con palmette stilizzate), si trova murato poco lontano in una casa rurale.
L'edificio è stato realizzato con blocchi di pietra di dimensioni uniformi, con la sola eccezione del campanile, posto di fianco all'ingresso principale, che presenta invece una struttura muraria più irregolare. La torre campanaria, anch'essa in pietra, mostra nel suo alzato i segni di un intervento di ricostruzione, effettuato con materiale di recupero.
Alla Chiesa si accede per mezzo di una piccola scalinata, che un tempo culminava con un portale duecentesco, incorniciato da un arco a tutto sesto, decorato a motivi geometrici.
L'interno è a tre navate, delimitate da imponenti archi a tutto sesto; ha una cupola piuttosto agile; misura 30mt di lunghezza, 13mt di larghezza e 9mt di altezza.
Quasi completamente distrutta dal terremoto del 1805, ebbe un primo restauro nel 1817 con fondi provenienti dalle rendite ecclesiastiche. Dal 1864 il sacerdote Luigi Capozio curò un restauro completo riguardante anche i decori a stucco. Nei primi anni del 1900 il parroco Michele D'Amico completò i lavori e rifece tutta la pavimentazione. I lavori di restauro più recenti, relativi alla posa in opera di una vetrata policroma raffigurante il Buon Pastore, alla sistemazione di 10 lampadari a goccia, alla lucidatura del pavimento nonché alla pitturazione di tutto l'interno, sono stati curati da Padre Francesco Frattini con la collaborazione artistica di Padre Paolo Manocchio ed il contributo concreto dei mastri imbianchini di Jelsi.
In occasione del Bicentenario 2005, nell'ambito dei festeggiamenti per la Festa del Grano in onore di S. Anna, la chiesa è stata sottoposta a ulteriori lavori di abbellimento, sotto la preziosa guida del parroco di Jelsi, all'epoca Padre Liberato di Iorio. La Chiesa è tornata in tutto il suo splendore di stucchi, ornamenti e radiosa sobrietà, per ospitare, nella giornata del 24 luglio 2005, la diretta televisiva su RAI 1 della SS. Messa, celebrata da S. Eccellenza Reverendissima Mons. Armando Dini, Arcivescovo di Campobasso - Bojano e dal nostro Parroco, Padre Liberato Di Iorio. L'evento ha stretto maggiormente intorno a sé tutta la comunità Jelsese sparsa nei continenti.
Sulla destra dell'ingresso è possibile ammirare un'acquasantiera in pietra locale decorata con altorilievi e sulla quale sono incise due date: 1563, sulla parte inferiore, e 1660, sulla vasca.
Una colonnina ornata di foglie sorregge la coppa che all'interno porta scolpiti tre pesci stilizzati e disposti a triangolo equilatero.
Tra gli arredi sacri della Chiesa Parrocchiale si conservano ancora:
a. una Pisside (la pisside è un vaso eucaristico destinato a custodire l'ostia per la comunione) databile nel periodo 1839-1872.
b. una Pace con la raffigurazione di S. Andrea apostolo del 1777.
c. una Croce astile purtroppo spezzata del XVIII (la croce astile è una croce munita di un'asta di sostegno che nell'alto Medioevo veniva tenuta a lato dell'altare e che si usava anche nelle processioni)
d. alcuni Calici, di cui uno, in rame e argento, è della fine del secolo XVII.
Lungo le navate laterali si susseguono vari altari e nicchie che contengono le statue dei santi.
La copertura è a botte ed è decorata con molti stucchi.
La Parrocchia di Jelsi, insieme a quelle di altri Comuni molisani (Sant'Angelo Limosano, Limosano, Matrice, Campolieto, Monacilioni, S.Giovanni in Galdo, Toro, Campodipietra, Gildone, Cercemaggiore, Riccia, Gambatesa, Tufara, Pietracatella, Macchia Valfortore e S.Elia a Pianisi) ha fatto sempre parte dell'Archidiocesi di Benevento. Solo con decreto della Sacra Congregazione per i Vescovi del 21 gennaio 1983 nr.122 e, con riconoscimento civile del 2 ottobre 1983, è avvenuta l'annessione all'Archidiocesi di Campobasso - Bojano.

JELSI: CAPPELLA DELLA SS. ANNUNZIATA

La cappella della SS. Annunziata sorge a ridosso del palazzo ducale dei Carafa. Si distingue per il portale gotico, attraverso il quale si accede all’interno dell’edificio, oggi sconsacrato. L’intera facciata della cappella, così come il palazzo feudale che la affianca, è realizzata con pietre di piccole dimensioni.
Il portale si compone di due pilastri con capitelli decorati a motivi floreali e antropomorfi, ed è sormontato da un architrave lineare, che sorregge un arco. Questo riporta un’iscrizione a caratteri gotici, che ricorda la data di costruzione della cappella, il 1363.
Oltrepassato il portale si accede all’unica navata della cappella. Il presbiterio è sopraelevato rispetto al piano della Chiesa e conserva un portale, che immette nella sacrestia. Il portale conserva un iscrizione, che data la consacrazione, ad opera del cardinale Orsini, al 1696.
L’interno è completamente spoglio, anche se un inventario del 1797 riporta la presenza di un dipinto dell’Annunciazione, di numerosi arredi sacri e di un ricco altare per la celebrazione dell’Eucarestia.
Alla cripta, che rappresenta la parte più interessante della costruzione, si accede attraverso una scala posta alla destra dell’ingresso, un arco a tutto sesto divide l’ambiente in due vani.
Una tomba decorata a motivi gotici occupa parte della parete di una campata: sul sepolcro, attribuito alla famiglia Beaumont, è scolpito uno scudo che ricorda la nobile famiglia. A sinistra dello stemma è dipinto il volto di Bertranda Beaumont; a destra doveva essere raffigurato il consorte, Barrasio Barras, che poi probabilmente fu seppellito altrove.
La cripta presenta un ciclo di affreschi, che rappresentano le storie di Gesù dall’infanzia alla passione. La datazione degli affreschi è controversa: alcuni sostengono che gli affreschi siano databili tra 1320 e 1332, anno della morte di Bertranda, altri, invece, fanno risalire i dipinti al XIV secolo.




1 commento:

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